“Sto uscendo” – Un’analisi critica della rivolta del 2020 contro la dittatura in Bielorussia (Seconda parte)

Anarchici nel movimento

Il movimento anarchico ha affrontato la campagna elettorale senza entusiasmo. I tentativi di creare una piattaforma comune, che mobilitasse diversi gruppi, sono falliti nel maggio 2020. Alcuni anarchici non credevano che le elezioni avrebbero aperto alla possibilità di rovesciare il dittatore. Altri non hanno potuto unirsi ad uno sforzo comune per mancanza di tempo, problemi con il coronavirus o altre ragioni personali. In generale, la grande maggioranza del movimento anarchico non aveva idea di cosa sarebbe successo in agosto.

Nonostante il fallimento di questo tentativo di posizione comune, gli anarchici hanno partecipato al processo politico intorno alle elezioni. Il collettivo Pramen e il blogger Nikolai Dedok erano attivi sui social network. A luglio, Dedok ha chiesto il boicottaggio dello spettacolo elettorale e una manifestazione il 9 agosto. Dedok è stato molto attivo durante tutta la campagna, comunicando i progressi del movimento e i programmi dei candidati. I gruppi di affinità sono scesi in strada: a Minsk e in altre città hanno distribuito volantini e adesivi per chiedere il boicottaggio.

Un gruppo di Baranavichy, che era attivamente coinvolto nell’organizzazione di raduni nella loro città, merita un’attenzione speciale. Questo gruppo ha fornito il materiale per i raduni e si è assicurato che il microfono fosse aperto a tutti i manifestanti. Uno degli anarchici più noti in città, parlava regolarmente per promuovere le idee anarchiche e incoraggiava la gente a parlare non solo contro Lukashenko, ma contro l’autoritarismo in generale.

Prima delle elezioni, i media anarchici avevano poca visibilità, con l’eccezione del blog di Nikolai Dedok. Dopo le elezioni, la situazione è cambiata radicalmente. La partecipazione degli anarchici alla protesta ha portato molti bielorussi a interessarsi alle loro idee. Un piccolo media ha potuto superare molte grandi piattaforme mediatiche in termini di influenza quando si è trattato di riferire sul movimento e sulle proteste. Ma nonostante l’espansione dell’influenza dei loro media, gli anarchici non sono riusciti a delineare la forma delle loro azioni future. Sono stati esclusi dai gruppi di pianificazione dell’azione liberale della domenica, nonostante i numerosi tentativi di entrare in questo club molto esclusivo. La maggior parte degli anarchici erano anche consapevoli che se si fossero avventurati a lanciare delle loro iniziative, avrebbero affrontato una repressione molto più dura di quella che affrontavano le manifestazioni pacifiche della domenica.

Dopo le elezioni, gli anarchici sono riusciti a resistere non solo a Minsk, ma anche in altre città del paese. Hanno partecipato agli scontri con la polizia e le truppe interne, e alla costruzione di barricate in varie strade di Minsk. Ma quando la strategia del movimento ha iniziato a cambiare, e il numero dei partecipanti ad aumentare, gli anarchici sono annegati nella massa dei manifestanti pacifici.

Nei primi giorni dopo gli scontri, e poi durante la prima manifestazione della domenica, alcuni degli anarchici hanno avuto più paura di una reazione negativa nei loro confronti, da parte degli altri manifestanti, che della violenza della polizia. Gruppi pacifici organizzati hanno fatto circolare video e immagini di presunti “agenti provocatori”, e questo ha tenuto molti di loro lontani dalle manifestazioni.

Ci sono volute diverse settimane per superare la paura del conflitto all’interno del movimento, un ritardo che può essere visto come un’occasione persa per proporre idee e pratiche anarchiche. Alcuni affiliati hanno svolto azioni di agitazione la domenica e hanno partecipato a piccoli raduni durante la settimana. E quando la repressione ha ripreso ad aumentare, gli anarchici sono stati di nuovo i benvenuti nei raduni, la loro cultura di antirepressione è diventata di moda. Ma a questo punto della storia, la repressione era già caduta su molti attivisti.

Nel complesso, il movimento anarchico non è riuscito a consolidarsi in una forza efficace all’interno del movimento. Per molti mesi, singoli gruppi di anarchici hanno continuato a partecipare alle manifestazioni, ma il cosiddetto black bloc non ha raccolto mai più di trenta persone. Ci sono diverse ragioni:

Le misure repressive dello stato nel 2017, contro il movimento anarchico, hanno avuto un impatto sulla volontà di partecipare a manifestazioni liberali. Durante il movimento contro la legge sul “parassitismo”, circa 50 anarchici sono stati imprigionati. Alcuni dei nostri compagni non si sono mai ripresi da questa ondata di repressione.

La mancanza di cooperazione a lungo termine: alcuni gruppi di affinità non hanno mai lavorato insieme. Alcuni di questi gruppi non avevano mai partecipato ad azioni comuni. Questo tipo di gruppo va bene per un breve periodo di tempo, ma può essere difficile rimanere insieme per un periodo di tempo più lungo, sotto costante pressione dall’esterno. Molti degli anarchici che hanno preso parte alle proteste del 9-11 agosto non facevano parte di alcun collettivo organizzato, e non hanno partecipato a quasi nessuna strategia coordinata.

La repressione contro le manifestazioni: molte persone non volevano essere accusate o messe in prigione, per aver partecipato a manifestazioni pacifiche. La strategia del KGB e del GUBOPIK [12] (la sezione di polizia contro il crimine organizzato) era incomprensibile per molti, poiché la repressione degli attivisti avveniva con un ritardo di diverse settimane.

Il movimento anarchico era profondamente diviso a causa di conflitti irrisolti. Questo ha ostacolato la potenziale cooperazione tra alcuni collettivi.

Quelli coinvolti nella cultura punk per lo più si astennero dal partecipare a manifestazioni a fianco degli anarchici, di nuovo per paura della repressione.

Molti anarchici più anziani sono rimasti lontani dalle nostre iniziative senza dare spiegazioni. Alcuni hanno partecipato alle manifestazioni pacifiche individualmente, o in piccoli gruppi di amici.

Questi sono solo alcuni dei fattori che possiamo pensare abbiano contribuito al basso livello di mobilitazione nel blocco anarchico.

I tifosi delle squadre di calcio antirazziste, si sono rifiutati di collaborare con gli anarchici a causa delle continue minacce di rappresaglie del GUBOPIK e del KGB contro di loro. Di conseguenza, anche loro hanno partecipato alle manifestazioni separatamente e in piccoli gruppi.

Tra gli anarchici emerse un gruppo di attivisti esperti. Alinevich e Dubovsky attraversarono illegalmente il confine con l’Ucraina, trovarono Romanov e Rezanovich e continuarono la lotta contro il regime per diverse settimane, rivendicando la responsabilità di diversi attacchi incendiari. Questo gruppo fu arrestato quando tentò di fuggire in Ucraina, ma la loro sola esistenza fu importante per mantenere l’immagine della determinazione degli anarchici contro il regime. Anche per molti liberali, i sostenitori anarchici erano un esempio importante di resistenza organizzata.

La repressione contro gli anarchici era iniziata anche prima delle elezioni. Molti noti anarchici furono spinti alla clandestinità. Per esempio, Nikolai Dedok è stato clandestino da luglio a novembre, e poi è stato arrestato in un’operazione speciale del GUBOPIK.

Bisogna anche notare che il ritorno alla vita normale è stato abbastanza rapido all’interno del movimento anarchico. Una settimana dopo le elezioni, più del 40% delle persone del movimento erano tornate al loro lavoro e alla loro vita quotidiana. Il loro coinvolgimento politico è diminuito significativamente quando il conflitto si è attenuato. Molti anarchici hanno creduto alla favola liberale della vittoria sul regime. In questa ottica, la mancanza di entusiasmo nel costruire barricate è comprensibile: molti credevano che anche senza la partecipazione anarchica, Lukashenko sarebbe caduto.

Di nuovo, questo è stato un errore che è costato agli anarchici quasi tutto il loro movimento: oggi, almeno dieci anarchici e cinque antifascisti sono dietro le sbarre. Molti sono andati in esilio, cercando un posto più sicuro per continuare l’attività politica. I compagni sono stati torturati e picchiati. In generale, il movimento anarchico bielorusso è stato distrutto dalla repressione. Alcuni gruppi sopravvivono nel paese e continuano a organizzarsi di fronte alla dittatura, ma il livello di pressione applicata dallo stato contro di loro non permette loro alcuna iniziativa. I nomi degli anarchici sono noti, e nel caso di azioni, gli arresti vengono effetuati molto rapidamente.

Le strutture di solidarietà anarchica continuano a funzionare: l’ABC bielorusso sostiene i prigionieri, gli attivisti vittime della repressionei e le loro famiglie.

Oggi, gli anarchici rimasti, lottano per la loro sopravvivenza di fronte alla repressione piuttosto che contro il regime. Le prospettive non sono chiare; è difficile immaginare che il movimento anarchico continui le sue attività nell’ambiente attuale. L’estesa sorveglianza da parte del GUBOPIK e del KGB rende difficile avere contatti con persone esterne al movimento, che a loro volta temono la repressione a causa dei loro legami con gli anarchici. E anche se siti di notizie come Pramen continuano a suscitare l’interesse di una parte della società bielorussa, questo interesse sta diminuendo.

Lukashenko, Putin e l’Unione europea

Le relazioni tra i due dittatori sono sempre state complicate. Non appena le sanzioni sono state revocate nel 2015 [13], Lukashenko ha gradualmente preso le distanze da Putin. I suoi discorsi facevano sempre più riferimento a una Bielorussia indipendente. Infatti, Putin odia Lukashenko e sa che ha a che fare con un esperto del gioco politico bielorusso. Il sostegno politico e l’integrazione economica dei bielorussi dalla Russia hanno un costo. Lukashenko sta cercando di resistere a questa dinamica, perché sa che l’integrazione comporterà prima o poi una perdita del suo potere.

Il riscaldamento delle relazioni con l’Unione europea ha dato a Lukashenko l’opportunità di porre dei limiti all’influenza politica di Putin. L’assunzione di prestiti da parte dei “partner” occidentali, e altri contratti con le grandi imprese, ridurrebbero la dipendenza del regime dalla Russia. Sarebbe anche vantaggioso per l’UE smettere di fare pressione sulla politica bielorussa. Per molti politici europei, la stabilità dell’autoritarismo di Lukashenko è più attraente dei rischi di uno scenario in stile ucraino, con un movimento antistatale e una successiva invasione di Putin.

Fino all’agosto 2020, Lukashenko ha usato una retorica di tipo aggressivo contro la Russia. Lo scandalo del gruppo russo Wagner [14], che ha “tentato” di organizzare un colpo di stato militare in Bielorussia, mostra il desiderio di Lukashenko di spostare qualsiasi instabilità politica interna sulle spalle di Putin, un ruolo precedentemente assegnato all’UE e agli USA. Con l’avvicinarsi delle elezioni, il dittatore infatti sperava che la rivolta sarebbe stata breve, e che avrebbe potuto tornare rapidamente ai negoziati con i politici europei.

L’esplosione della rivolta dal 9 all’11 agosto, e la resistenza attiva della popolazione, ha alterato drammaticamente gli equilibri di potere. L’Occidente liberale non poteva tollerare una tale impunità da parte del regime, poiché avrebbe avuto un effetto negativo sulla sua reputazione presso il suo stesso popolo. Ma nonostante le uccisioni di manifestanti nelle prime settimane, le reazioni occidentali sono rimaste misurate. C’è voluto del tempo perché le notizie di torture, stupri e omicidi spingessero le élite politiche a prendere posizione a sostegno dei manifestanti e contro Lukashenko. Per i politici europei, questo significava la fine della cooperazione tra l’UE e Lukashenko, e il rischio di un nuovo avvicinamento di quest’ultimo alla Russia. Putin ha anche reagito freddamente alle prime settimane della rivolta. Nessuno sapeva chi ne sarebbe uscito vincitore, e se la dittatura fosse caduta, il precedente sostegno a Lukashenko avrebbe portato a un’ondata di sentimenti anti-russi nella società bielorussa.

Anche se Putin ha ottenuto una temporanea spinta di popolarità dalla guerra nel Donbass [15], a lungo termine è stata un’operazione fallimentare che gli è costata cara politicamente. Allo stesso modo, mentre le operazioni russe in Siria sono geopoliticamente importanti, Assad rimane un partner estremamente instabile. In questo contesto, un attacco russo alla Bielorussia sarebbe stata un’ulteriore enorme perdita di capitale politico.

Quando era più o meno chiaro agli analisti russi che Lukashenko stava riprendendo il controllo della situazione, i due dittatori si sono dati appuntamento, e il denaro ha iniziato a fluire, principalmente per pagare i debiti del regime.

Ora l’equilibrio di potere è cambiato drammaticamente, per Lukashenko. Se nel 2019 aveva i mezzi per navigare tra la Russia e l’Occidente, ora gli resta solo Putin. L’atteggiamento sprezzante dell’imperatore russo nei confronti del re bielorusso delle patate [16] rimane superficiale. Molti analisti sottolineano che l’obiettivo della Russia è di continuare i suoi sforzi per reintegrare la Bielorussia [17]. La nuova costituzione potrebbe diventare la base di questo processo.

È difficile prevedere come si svilupperanno le relazioni tra Putin e Lukashenko, poiché la maggior parte degli accordi sono fatti in segreto. Mentre Lukashenko non ha ancora detto qual è il prezzo del sostegno di Vladimir Vladimirovich, tutti sanno che le angurie e le patate del suo giardino non saranno sufficienti a pagarlo.

Il regime tecnocratico di Lukashenko

Molti credono che il regime bielorusso, guidato da un ex leader del kolkhoz, sia composto da funzionari ex-sovietici, la cui principale abilità è quella di inviare la loro polizia armata di bastoni per ridurre al silenzio e far sparire gli oppositori.

Questa immagine è errata: oggi la Bielorussia è un paese con una tecnologia relativamente avanzata. Molte aziende private bielorusse di IT forniscono servizi a grandi aziende occidentali, tra cui Microsoft, Google ed altre. All’interno dell’apparato statale, le persone che lavorano al Centro di Operazioni e Analisi ottengono sicuramente di più lavorando ai computer che da Lukashenko.

La polizia bielorussa si reca regolarmente alle fiere delle forze dell’ordine, organizzate da aziende private, per acquistare attrezzature per la sorveglianza e la repressione della popolazione. Per esempio, l’Hacking Team [18] ha riscontrato, nei documenti del 2015, che i “clienti” bielorussi erano molto interessati ai servizi di hacking che offrono agli stati. Questo dimostra che quando lo stato bielorusso non ha tecnologia sufficiente per reprimere i suoi cittadini, gli investitori privati possono mettere a disposizione il loro aiuto.

Il regime di Lukashenko si è preparato per la rivolta del 2020 acquistando cannoni ad acqua canadesi, gas lacrimogeni cechi, scudi antisommossa elettroshock, e molte altre tecnologie avanzate per il controllo della popolazione.

Il regime ha collaborato per anni con la società privata bielorussa Synesis, che sviluppa tecnologia di riconoscimento facciale; a pochi giorni dall’inizio della rivolta, si sapeva che la polizia stava usando sistemi automatici di riconoscimento facciale per identificare e localizzare i manifestanti. I documenti di Synesis sono stati usati come prova in alcuni processi contro i manifestanti. Le loro foto e i loro profili, presi direttamente dal programma, sono stati inclusi nei dossier.

L’attrezzatura della ditta statunitense Sandvine Inc. è stata usata per limitare l’accesso a internet. L’attrezzatura israeliana Celebrite è stata usata per estrarre informazioni dai telefoni cellulari. Esperti cinesi hanno il regime bielorusso a monitorare e censurare le attività online. Il regime ha regolarmente clonato le carte SIM per violare gli account di Telegram. Il bug di de-anonimizzazione di Telegram ha permesso di creare liste di persone che partecipavano attivamente alle discussioni, e di collegare messaggi specifici ai singoli individui. Gli analisti del GUBOPIK e del KGB sono stati in grado di collegare i video online ai singoli indirizzi IP, che alla fine hanno permesso di rintracciare gli attivisti.

Per la prima volta, la società bielorussa ha dovuto affrontare un nemico furbo e intelligente – non stiamo parlando di Lukashenko e dei suoi figli. Molte persone hanno scelto di servire il regime in cambio della loro comodità personale. Non è il loro amore ideologico per Lukashenko che motiva queste persone, ma il denaro. Per questo prezzo, sono pronti a svolgere qualsiasi compito tecnico, indipendentemente dalle implicazioni morali.

Sappiamo che molte tecnologie occidentali sono estremamente disponibili per i dittatori. Tecnologie come il riconoscimento facciale hanno giocato un ruolo enorme nelle recenti repressioni dei movimenti democratici da parte delle dittature. La crescita del mercato della sorveglianza e del controllo sociale renderà solo più difficile raggiungere la liberazione.

Non violenza e inazione

Prima del giugno 2020, i movimenti di protesta in Bielorussia erano prevalentemente non violenti. Con l’eccezione degli anarchici, nessuno chiamava alla resistenza violenta contro la repressione. Questa situazione è cambiata rapidamente durante l’estate. I primi tafferugli con la polizia hanno avuto luogo in piccole città, dove la folla ha resistito ai tentativi di arresto. Queste azioni spontanee sono state molto efficaci: il regime non è abituato a vedere il suo popolo attivo. Nelle prime settimane, gli atti di resistenza hanno lasciato la polizia perplessa.

L’attacco di luglio alla polizia antisommossa a Minsk, è stato un punto di svolta per molti manifestanti: le presunte unità di polizia invincibili non potevano resistere a una situazione di conflitto reale. Per generazioni, la polizia antisommossa bielorussa si era presentata come un’unità guerriera capace di affrontare qualsiasi situazione. Ma il regolare addestramento dei giovani lukashisti, non è stato sufficiente a controllare la rivolta popolare. La fuga della polizia antisommossa ha spostato l’equilibrio di potere nelle strade, questo perchè i bielorussi hanno capito che potevano combattere con successo contro la macchina repressiva.

Dopo questi scontri, ci sono stati molti piccoli raduni e manifestazioni. Molti gruppi e semplici cittadini si sono preparati per il grande evento, previsto per il giorno delle elezioni. Mentre alcuni speravano in una risoluzione pacifica del conflitto, quel giorno, per la maggior parte, i manifestanti hanno combattuto contro la polizia nelle strade di tutto il paese. In alcune città, la gente è riuscita a liberarsi dalla dittatura per un’intera notte. A Minsk e in altre grandi città, i poliziotti sono riusciti a liberare le strade prima dell’alba, ma non hanno potuto fermare il movimento, e le manifestazioni della notte seguente hanno dimostrato l’efficacia della resistenza attiva e decentralizzata.

In un tentativo disperato di impedire che le manifestazioni avessero luogo, la polizia ha cominciato ad arrestare chiunque avesse l’aspetto di un manifestante. Di giorno, i poliziotti in furgoni, autobus e ambulanze effettuavano arresti casuali, aumentando il numero di persone colpite dalla repressione. Questa tattica ha portato alla detenzione di molti lavoratori notturni sulla strada di casa. A sua volta, la protesta è aumentata nelle fabbriche. Questo è stato il catalizzatore del movimento di sciopero.

Per alcuni manifestanti liberali, il livello di scontro era troppo alto. La violenza delle autorità ha portato alla morte di diverse persone, ne ha ferite centinaia, e in pochi giorni migliaia sono state torturate nelle celle della polizia e nella detenzione preventiva. Per una popolazione relativamente pacifica, questi metodi sono stati una sorpresa.

In risposta alla violenza, manifestazioni pacifiche sono iniziate il quarto giorno dopo le elezioni. Centinaia di persone, per lo più donne vestite di bianco con fiori rossi, si sono riunite nel centro di Minsk per chiedere la fine della brutalità della polizia, il rilascio di tutti i prigionieri e il diritto di riunirsi. Le autorità, inizialmente non ha represso queste manifestazioni.

Molti media liberali hanno promosso il pacifismo. La richiesta principale delle manifestazioni era di porre fine alla violenza. La prima domenica dopo le elezioni, centinaia di migliaia di persone sono scese in strada nelle città di tutto il paese. Questo era un evento senza precedenti in Bielorussia. Quel giorno, la dittatura sembrava essere sconfitta. Pensavamo di poter finalmente respirare.

La frangia liberale del movimento ha inteso questo giorno come l’inizio della fine per Lukashenko. Dopo una serie di manifestazioni di tale portata, il dittatore non poteva fare altro che andarsene. Ma la mancanza di obiettivi era un problema. In alcuni casi è stato possibile forzare il rilascio dei prigionieri marciando sui luoghi di detenzione. A Minsk, un simile tentativo che ha coinvolto diverse migliaia di persone ed è finito in un conflitto con i membri dei comitati di sostegno ai prigionieri [19], che hanno formato un cordone aggiuntivo ai poliziotti di fronte ai manifestanti. Il motivo era un accordo esistente tra queste persone e l’amministrazione della prigione, che, si diceva, avrebbe potuto essere annullato in caso di un tentativo di pressione per la liberazione dei prigionieri. Anche le manifestazioni hanno spesso smesso di prendere la forma di azioni di protesta e sono diventate raduni di massa senza scopo.

I tentativi attraverso i canali Telegram di fissare obiettivi, per giorni specifici di azione, sono in gran parte falliti: pochi manifestanti erano pronti all’azione. Non si trattava nemmeno di lottare contro la polizia antisommossa, ma semplici forme non violente di resistenza.

La non violenza divenne presto un dogma, e azioni proattive di qualsiasi tipo furono viste come provocazioni. In poco tempo, il movimento è passato dalla lotta contro la polizia alla totale passività. Molti hanno persino percepito i blocchi stradali con catene umane come provocazioni. E le scene di migliaia di manifestanti in attesa che la luce diventasse verde, per attraversare una strada, sono state interpretate come un alto livello della cultura della protesta e dell’ordine della società bielorussa.

Questa de-escalation senza pressione contro il regime gli ha dato l’opportunità di sviluppare una nuova strategia repressiva. Mentre i canali mediatici erano dominati dallo slogan “rovesciare la dittatura: non uno sprint, ma una maratona”, la relativa calma nelle strade della capitale ha permesso alla polizia di applicare la repressione graduale che abbiamo già descritto.

I manifestanti pacifici hanno aperto gli occhi troppo tardi, quando il movimento è stato schiacciato in altre parti del paese. I tardivi tentativi di azione diretta, dopo mesi di marce domenicali, non hanno dato alcun risultato serio. Molti degli attivisti che erano pronti ad inasprire il conflitto erano già in prigione o in esilio. Le strategie di resistenza all’arresto e di attacco alla polizia che osava avvicinarsi alle manifestazioni continuarono per altre settimane, ma erano puramente difensive. Non c’erano obiettivi offensivi concreti.

Bisogna anche ricordare che parallelamente alle grandi manifestazioni, ci sono stati singoli atti di sabotaggio in molte città: blocco di rotaie, distruzione di attrezzature, e molte altre cose. Tuttavia, la massa critica di tali atti, per infliggere gravi danni al regime, non è stata raggiunta.

La priorità data alle manifestazioni pacifiche ha danneggiato molto il movimento. Anche se questa era la condizione perché centinaia di migliaia di persone scendessero in piazza in opposizione a Lukashenko, la divisione tra i radicali e i non violenti ha fatto il gioco della dittatura. La società bielorussa è stata teatro di un conflitto familiare ai manifestanti occidentali, in cui i non-violenti hanno cercato di escludere i diretti interessati dal movimento, aiutando alla fine i manifestanti.

La non violenza come rivendicazione è stata difesa nelle strade e nei media. Molte delle persone che sono uscite dai primi giorni di manifestazioni radicali, con la richiesta di porre fine alla violenza, hanno visto la più piccola azione come una potenziale provocazione al regime, un pretesto per una nuova ondata di repressione. Questo è contrario alla logica: il regime, indebolito nell’agosto 2020, non cercava in alcun modo di provocare la popolazione e intensificare il conflitto. Una tale strategia avrebbe potuto solo destabilizzarlo e complicare la sua ripresa. Gli sono bastati pochi giorni per comprenderlo.

Gli anarchici e gli altri gruppi radicali non dovrebbero temere di destabilizzare il movimento di protesta in caso di lotta con l’OMON e con le altre forze di polizia. Chiaramente, più attiva è la resistenza nelle strade, maggiori sono le possibilità che il regime commetta errori o addirittura crolli. I metodi attivi sono necessari, anche se la maggioranza non violenta vi si oppone. Le frange liberali chiameranno queste azioni provocazioni, ma dobbiamo ricordare che il nostro obiettivo, nella protesta, non è quello di difendere le richieste liberali, ma di far cadere la dittatura, anche se consideriamo importante cooperare con gli alleati liberali.

Conclusioni

Mesi di proteste hanno distrutto l’illusione liberale che una grande manifestazione sia sufficiente a cambiare tutto. Scendere in piazza senza obiettivi non infligge alcun danno al regime. Solo una diversità di tattiche, che vanno dalle marce pacifiche alla lotta aperta contro il regime e la presa di luoghi strategici, può portare alla caduta della dittatura. Per raggiungere questo obiettivo, ogni anello del movimento deve rimanere solidale con gli altri. Gli attacchi delle frange non violente contro i presunti radicali devono cessare, così come quelli dei manifestanti più attivi contro i manifestanti pacifici. Solo insieme possiamo creare una forza che possa distruggere Lukashenko e i suoi alleati. Bisogna riconoscere che le manifestazioni pacifiche possono anche incorporare forme attive di resistenza, come blocchi, picchetti e azioni in punti strategici specifici, scioperi e tante altre cose che minano il regime e fanno pressione su di esso. Le azioni radicali non dovrebbero limitarsi a difendere le manifestazioni e a picchiare i poliziotti. Il potere statale ha una struttura molto più complessa di un cordone di polizia antisommossa. Gli attacchi a questa struttura possono essere fatti in molti modi, non solo nelle grandi manifestazioni.

Non dobbiamo fare affidamento sui media mainstream per coordinare la protesta. All’inizio, le marce delle donne, sono state organizzate senza un grande sostegno, poi il loro modo di agire le ha rese popolari con migliaia di manifestanti. Gli anarchici e gli antifascisti dovrebbero anche organizzarsi al di fuori della loro piccola cerchia militante, uscendo dalla loro zona di comfort mentre attuano strategie di protesta in linea con i nostri principi, ideali ed esperienza di grandi manifestazioni.

La rivolta ha dimostrato l’efficacia di un movimento decentralizzato. È stato grazie agli sforzi organizzativi in varie regioni che siamo arrivati vicini a far cadere la dittatura. È molto più facile isolare ed estinguere le proteste tradizionali, centrate sul capitale, che una costellazione di punti di resistenza in tutto il paese. Dobbiamo continuare a cercare alleati nelle città di provincia, pronti non solo a respingere le forze nemiche, ma anche a prendere il potere nelle città e liberare le regioni dalla morsa del dittatore, attraverso la guerriglia o la disobbedienza civile.

L’efficacia del decentramento, e quindi la sua importanza, ha permesso a molti bielorussi di essere introdotti all’anarchismo come un movimento organizzato con obiettivi politici, che rappresenta una reale alternativa alla centralizzazione statale. Anche se le idee anticapitaliste rimangono estranee alla società bielorussa, la resistenza al centralismo, e i modelli di ridistribuzione orizzontale del potere, hanno suscitato interesse. Se Lukashenko cade, non ci facciamo illusioni sulle possibilità di creare una repubblica o una federazione anarchica in Bielorussia, ma l’influenza degli anarchici nei circoli liberali e nella società potrebbe portare a una rapida e significativa distruzione del centralismo statale.

Per generazioni, molti hanno creduto allo stereotipo del bielorusso pacifico, capace di adattarsi a qualsiasi situazione e di accettare tutte le ingiustizie del mondo. La dittatura ha alimentato questa immagine, così come molti politici dell’opposizione, che hanno cercato di rovesciare “pacificamente” la dittatura. Le battute sulla tolleranza dei bielorussi erano comuni in tutta l’Europa orientale.

Ma insieme abbiamo abbattuto questo stereotipo. Abbiamo dimostrato al mondo che il popolo bielorusso vuole la libertà come chiunque altro, e che siamo pronti a conquistarla. La rivolta del 2020 ha distrutto la nostra immagine di lacchè sottomessi disposti a sopportare le peggiori derisioni e umiliazioni. L’empowerment sociale è un fattore importante sulla strada della nostra liberazione. No, non siamo riusciti a rovesciare Lukashenko nell’estate del 2020, ma la nostra guerra contro la dittatura non è persa. Ci aspettano lunghi mesi, durante i quali dobbiamo fare un bilancio delle nostre forze e continuare a ribellarci per una Bielorussia libera.

Lasciamo il pessimismo per giorni migliori, organizziamoci e prepariamoci al prossimo tentativo di rovesciare Lukashenko. La dittatura cadrà, alla fine gli spezzeremo le gambe e ci libereremo!

Note:

[12] Dopo le elezioni, il GUBOPIK (“Dipartimento principale per la lotta al crimine organizzato e alla corruzione”) ha concentrato i suoi sforzi sulla repressione politica. Questa agenzia comprende una sezione specializzata nella lotta contro l'”estremismo”.

[13] Nel 2015, l’Unione europea ha accettato un riavvicinamento con il regime bielorusso, che ha ottenuto la revoca delle sanzioni UE imposte per la violazione dei diritti del popolo bielorusso.

[14] Wagner è un gruppo mercenario russo senza esistenza legale, usato ufficiosamente dalla Russia per operazioni in cui non vuole essere coinvolta ufficialmente. Decine di mercenari di Wagner sono stati arrestati nel luglio 2020 in un hotel bielorusso, e accusati di preparare atti di sabotaggio con lo scopo di rovesciare Lukashenko. Sono stati poi rilasciati senza alcun seguito giudiziario. Molti credono che Lukashenko stesse cercando di usare Wagner come diversivo durante il movimento di protesta e per ottenere aiuto dall’Unione Europea, cosa che non è riuscita.

[15] Nell’aprile 2015, le forze filorusse nella regione del Donbass, sostenute dall’esercito russo, si sono ribellate contro il governo ucraino. All’inizio, i separatisti volevano l’integrazione con la Russia, ma questo non è successo. Invece, c’erano un milione di rifugiati di guerra. Oggi, la Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Luhansk sono ancora sotto il controllo dell’esercito russo.

[16] Lukashenko è molto orgoglioso del suo orto, e spesso invita i dignitari in visita ad assaggiare la sua frutta e la sua verdura.

[17] Alla fine degli anni 1990, Lukashenko e Eltsin, il presidente russo, hanno firmato un trattato di unione tra i due paesi. L’idea era che la Russia annettesse gradualmente la Bielorussia. Questa unione non ha avuto molto successo, ma alla fine del 2019, Putin ha iniziato a proporre una tabella di marcia verso “l’integrazione”, cercando di ottenere più influenza politica possibile.

[18] Un’azienda italiana che fornisce servizi di hacking a grandi aziende e governi, apertamente dittatoriali o meno.

[19] Dopo la prima notte della rivolta, più di 1000 persone sono state imprigionate in vari luoghi di detenzione preventiva in tutto il paese. A Minsk si è formato un gruppo per sostenere i prigionieri e i loro parenti. Sono anche riusciti a pubblicare liste di nomi di coloro che sono stati imprigionati, dato che la polizia si è rifiutata di rilasciare qualsiasi informazione al pubblico o ai loro parenti.

Fonte: attaque.noblogs.org

Traduzione: infernourbano