Genova: Aggiornamento riguardo ad una nuova richiesta di Sorveglianza Speciale

Riceviamo e pubblichiamo:

Due anni fa, nel novembre 2020, veniva fatta a mio carico la richiesta di sorveglianza speciale; questa è stata la prima di una serie che, al momento, non accenna ad interrompersi, in una dinamica che, al di là delle situazioni particolari, rivela quale sia la linea che la procura genovese, sulla falsariga dettata dalla Direzione Nazionale Antimafia, divenuta anche Antiterrorismo, ha intenzione di seguire; la strategia delle misure preventive, già sperimentata in altri ambiti del conflitto sociale, entra in modo sistematico a colpire alcune individualità anarchiche che si sono distinte nel tempo per la loro tensione antiautoritaria lontana dalle rappresentazioni della politica antagonista.

Non è una novità il fatto che il potere sperimenti tattiche repressive volte a disinnescare le potenzialità dei suoi nemici; se non trova una resistenza che sia sostanziale e non solo nominale, è molto facile che queste si affermino in breve tempo come prassi ai danni di tutti coloro che non si conformano.

Le attenzioni morbose ed ossessive che il pubblico ministero Federico Manotti mi rivolgeva da anni, non riuscivano a trovare soddisfazione; dopo vari tentativi di accusarmi e condannarmi per qualcosa, qualsiasi cosa trovasse scandagliando anche la mia vita privata, non gli è riuscito neanche tentativo di chiedere misure preventive per un’imputazione per associazione sovversiva, confezionata in modo approssimativo sulla base di una serie di elementi assolutamente astratti (nessun reato specifico ascritto), cioè il fatto che sia anarchica, che manifesti la mia ostilità nei confronti di questo sistema di sfruttamento che sperimentiamo quotidianamente con tutti i suoi odiosi apparati, il carcere innanzi tutto, e che abbia espresso solidarietà agli anarchici e anarchiche imprigionati e, nello specifico degli atti, da un decennio circa, ad Alfredo Cospito che rivendicò con Nicola Gai l’attentato all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi avvenuto a Genova nel 2012.

Il pubblico ministero, attenendosi a quel che si dice comunemente, cioè che a Genova la gente sia particolarmente parsimoniosa, non si arrende all’idea che il lavoro d’investigazione fatto dai ROS, con gran dispendio di carta e denaro pubblico, sia diventato carta straccia e si dà da fare per riciclarlo chiedendo per me, con le stesse motivazioni già ampiamente respinte dal tribunale, la sorveglianza speciale per 5 anni con tutte le restrizioni. E alla fine, malgrado la sentenza chiarisse che ”l’esprimere approvazione per le azioni rivendicate da una sigla, esprimere solidarietà, contribuire con attività di sostegno agli anarchici incriminati e prigionieri, mantenere contatti epistolari o frequentare compagni accusati a loro volta di reati di terrorismo o riconducibili ad alcune sigle specifiche non costituiscono requisiti per poter dimostrare in sede penale l’affiliazione ad un sodalizio”, un po’ di soddisfazione bisognava pur darla a questo indefesso servitore dello stato; ecco quindi iniziare per me a febbraio 2021, un periodo di due anni di sorveglianza con tutte le restrizioni, contraddistinto da un esplicito accanimento per la pervasività e la modalità del controllo da parte delle forze dell’ordine.

Nel corso del 2021, sulla stessa linea repressiva che mirava ad usare la suggestione di inchieste dalle definizioni roboanti ma decadute perché prive di reale consistenza giuridica, sono state attribuite altre due sorveglianze ad anarchiche ed anarchici, seppur una di queste, avendo avuto esiti meno penalizzanti, in qualche modo ha suggellato la fine del ricorso allo stratagemma, trito e ritrito, del riciclo di accuse ormai archiviate per giustificare l’attribuzione di ulteriori nuove misure di prevenzione.

Dopo un periodo di quasi un anno, è iniziata da poco un’altra ondata di richieste di sorveglianza generica, basate sull’ipotesi della pericolosità sociale desunta dall’interpretazione dei precedenti penali, una già concessa dal tribunale e un’altra in attesa di giudizio; risulta evidente l’intento di ulteriore accanimento ai danni di compagni già ampiamente colpiti da altre tipologie di misure di limitazione delle libertà.

Questa flessione della strategia repressiva mostra come il dispositivo sia stato eletto come privilegiato per tentare di contenere l’attività di questi anarchici in città; sia ormai totalmente entrato nella prassi giuridica, tanto da non sollevare ormai più nessun dubbio dal punto di vista della sua applicabilità, discutibile anche dal punto di vista del diritto; sia caratterizzato da una discrezionalità tale da potersi adattare a qualunque situazione specifica.

Nel mio caso, invece, ben prima che la misura attribuitami si avvicini al termine, viene richiesto un aggravamento; la procura suggerisce ai giudici un profilo poco incline ad assoggettarsi docilmente agli obblighi prescritti e propone quindi di allungare la sorveglianza di altri sedici mesi. Il prossimo 14 dicembre si terrà l’udienza nella quale sono imputata.

Quando la repressione, seppur ad una intensità più bassa rispetto a quella che subiscono le compagne e i compagni imprigionati, condiziona la vita anche negli aspetti più intimi attraverso un controllo così pervasivo, è difficile difendere i propri spazi di libertà e azione per chi non abbia intenzione di cederli a buon mercato.

Malgrado l’orizzonte non proprio sereno, continuo fermamente a credere che, al di là delle sentenze che possono emettere i tribunali, la solidarietà, se è realmente attiva, può trasformare la realtà più cupa e aprire varchi insospettabili nei muri dell’isolamento.

Perché, come si dice, chi lotta può perdere, ma chi non lotta ha già perso.

Col pensiero accanto ad Alfredo e Anna in sciopero della fame, il loro coraggio e la loro determinazione sono l’ispirazione migliore che si possa trovare.

Con Juan, Ivan, Davide, Toby, Dayvid e tutti gli altri prigionieri che si sono uniti alla loro lotta.

Un’anarchica

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