Facciamo come i portuali di Trieste!

Riceviamo e pubblichiamo il volantino distribuito il 9 alla manifestazione No Green Pass di Milano e l’11 ottobre in piazza allo sciopero generale a Milano.

“Facciamo come i portuali di Trieste”

Cosa c’entra il Green Pass con le lotte dei lavoratori? C’entra, eccome!

In questi mesi si è andato delineando un nuovo intreccio fra controllo e profitto che, se non ci affrettiamo a  reciderlo, finirà col soffocare le vite di tutti, in primo luogo dei lavoratori.

L’introduzione del green pass, reso gradualmente obbligatorio per chiunque, dal 15 ottobre prossimo anche su tutti i luoghi di lavoro, si inserisce in un percorso già ben avviato di condizionamento dei comportamenti inteso a garantire obbedienza, divisione e rinuncia.

Cosa di meglio per garantire la stabilità di quella che non è certo esagerato definire come una vera e propria dittatura dei padroni? Dittatura per la quale Draghi è l’“uomo del destino” che ci voleva. E l’unica forma di “partecipazione” contemplata è il sostegno attivo alle necessità e agli imperativi dello Stato e dei padroni, si tratti della campagna vaccinale, della produttività o del controllo-delazione nei confronti di chi non ci sta.

Ormai abituati a obbedire delegando, non è facile ri-trovare la forza e l’autonomia per ri-alzare la testa.Ora qualcosa sta succedendo, le piazze si riempiono e contestano non solo l’obbligatorietà della certificazione lasciapassare, ma anche la divisione tra chi, per varie ragioni, ha deciso di vaccinarsi e chi no. Il divide et impera, così funzionale ai governi degli Stati, è svelato e respinto camminando dai cortei che, ogni sabato, da ormai undici settimane, sfilano nelle strade.

Gli interessi giganteschi delle multinazionali del farmaco, che stanno per compiere una ulteriore e dilagante avanzata con la terza dose, sono talmente chiari, nella loro insaziabilità, da non necessitare di lunghe spiegazioni. Come ben riassume un cartello portato da un manifestante, “I bonifici superano il rischio”.

L’incursione sui corpi e quindi nelle vite agìta con un subdolo obbligo vaccinale, senza che lo Stato si assuma direttamente il costo della cura per gli effetti collaterali, ha provocato una reazione. Finalmente. La mercificazione di ogni momento della vita ha da tempo ridotto l’insieme delle attività umane a occasione di profitto e a suo strumento. Lo spazio per decidere in proprio come vivere, come curarsi, e anche ‒ perché no? ‒ come divertirsi, si riduce sempre più, fino ad annullarsi.

L’Italia è il Paese delle “emergenze infinite”, come ben dimostra la legislazione sull’ordine pubblico varata a metà degli anni Settanta e tuttora in vigore, aggravata da una pioggia di Daspo, misure amministrative e sulla “pericolosità sociale”. Lo stesso accadrà con l’“emergenza sanitaria”, questa foglia di fico della Ragion di Stato, se non ci mettiamo di mezzo.

Tutto ciò mentre ci riempiono le orecchie con una “ripresa economica”, assai fantomatica, di cui invece ben vediamo la sequela di morti sul lavoro che la lastrica.

Di fronte a una situazione tanto difficile e cruciale, che fare?

Facciamo come i portuali di Trieste!

Milano, 11 ottobre 202 1

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Perché una propaganda talmente oscena produce al tempo stesso la sottomissione più abietta e il suo contrario: se non proprio la rivolta, quanto meno il disgusto o la nausea. In quali proporzioni, con quali risultati, e secondo quali scadenze, queste sono domande alle quali nessun “sistema esperto” saprà mai dare una risposta, che può essere fornita solo dall’apparizione del movimento pratico stesso. Nondimeno, quando questo negativo crea le condizioni della sua espressione, contemporaneamente mostra quale irrealtà regnava il giorno prima. Se un simile rovesciamento dei rapporti di forza è sempre sorprendente, i più sorpresi risultano regolarmente essere gli uomini di Stato, abituati come sono all’ordinaria passività dei loro sudditi.