Bologna: Occupata una gru in solidarietà con Alfredo Cospito e con lx prigionierx in sciopero della fame

All’alba del sessantesimo giorno di sciopero della fame dell’anarchico Alfredo Cospito contro 41 bis ed ergastolo ostativo, due compagnx hanno occupato una gru nel centro di Bologna e calato uno striscione con la scritta “Il 41 bis uccide. Alfredo libero. Tuttx liberx. Morte allo stato”. Altrx compagnx sono in presidio sotto la gru.

Da sessanta giorni, in ogni parte del globo, si susseguono iniziative e azioni in solidarietà con Alfredo e con lx prigionierx che con lui hanno intrapreso questo sciopero della fame. Da diciotto giorni il tribunale di sorveglianza di Roma -chiamato ad esprimersi sulla reclusione di Alfredo in regime di 41 bis- si è barricato in un assordante silenzio. Ogni giorno che passa la vita del nostro compagno è sempre più in pericolo. Alfredo è determinato nel voler proseguire ad oltranza questa battaglia.

Sta a tuttx noi continuare a lottare al suo fianco e dar voce ai nemici dello stato che si vorrebbero mettere a tacere nelle patrie galere.

Stato stragista e assassino.

41 bis ed ergastolo ostativo sono tortura.

Raggiungeteci sotto le due torri!

Aggiornamento* Ore 17.00 ca, lx compagnx sono scesi dalla gru. Ad aspettarli tra cori ed interventi c’era il presidio che poco dopo si è trasformato in un piccolo corteo che ha attraversato le vie del centro.

MORTE ALLO STATO, SOLIDARIETA’ CON ALFREDO COSPITO

Dal 20 ottobre, Alfredo Cospito, compagno anarchico prigioniero nelle carceri italiane dal 2012, si trova in sciopero della fame contro il regime 41 bis a cui è sottoposto.

Lo Stato italiano lo ha li seppellito dal maggio di quest’anno a firma dell’allora ministro della giustizia Cartabia. Il carcere duro è comunemente associato alla mafia, in realtà c’è di più per chiunque voglia andare oltre la soglia della retorica “lotta alla mafia”. Il 41 bis nominalmente istituito per impedire la comunicazione dei vertici di organizzazioni criminali incarcerati con gli associati all’esterno, di fatto è una forma di tortura. Le 23 ore di totale isolamento in una cella di 2x3m, l’ora d’aria in fosse di cemento, fatta di piccolissimi gruppi di detenuti cambiabili a discrezione dell’amministrazione penitenziaria, la censura e il blocco della posta, i vetri divisori ai colloqui, la riduzione di chiamate e incontri coi familiari, l’asfissiante sorveglianza, la deprivazione sensoriale, e tutto il resto che riguarda questo regime sono strumenti di tortura, ovvero una violenza operata per ottenere dall’altro: la dissociazione e, ancora meglio, il pentimento, la collaborazione, il trasformarsi di chi subisce la tortura in uno strumento a completa disposizione degli inquirenti.

Alfredo si trova fra i circa 750 che nelle carceri sono sottoposti a questa tortura. Finisce li perchè negli anni si è speso all’interno del dibattito pubblico dell’area anarchica con parole forti e che lo Stato considera pericolose. Parole che parlano di violenza rivoluzionaria, del farla pagare ai padroni che sfruttano, agli uomini di Stato che giudicano, ai politici che decidono e fomentano odio per accaparrarsi i voti. Parole espresse da chi questa violenza l’ha agita e ne parla con cognizione, avendola scaricata, pistola alla mano, nel 2012 sulle gambe di un dirigente di Ansaldo Nucleare, proprio nell’anno della strage di Fukushima e proprio su chi il nucleare di quella strage lo esportava in tutta Europa e avrebbe voluto farlo tornare in Italia.

Attualmente rischia l’ergastolo, ovvero la prigione a vita, la pena di morte che uno Stato ipocrita ha deciso di mantenere sotto altre forme. Il tutto per due bombe di fronte a una caserma dei carabinieri, a Cuneo, nel 2006. Un fatto senza morti né feriti, ma con la chiara volontà di far capire a chi in questo paese è deputato per legge ad esercitare violenza che questa violenza può non essere necessariamente a senso unico. “Strage (sic!) contro la sicurezza dello Stato”, il reato più grave dell’ordinamento italiano, che Alfredo e Anna, altra compagna anarchica prigioniera, vedranno per questo fatto accollarsi, somma ipocrisia, da chi per sua stessa natura stragista lo è sul serio e che sulle stragi si regge quotidianamente e storicamente: lo Stato. I morti sul lavoro, nelle carceri, alle frontiere, nel Mediterraneo, nelle RSA e negli ospedali, le stragi di Piazza Fontana, alla stazione di Bologna, di piazza della Loggia, le guerre nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen, in Ucraina, chiunque di noi saprebbe allungare la lista. Una lista per chiarire chi in questo paese le stragi le fa e per chiarire anche che gli anarchici e le anarchiche, pure con la violenza, contro i responsabili di tutto ciò si battono, quotidianamente e storicamente, ovvero oggi e sempre.

MORTE ALLO STATO, LIBERTA’ PER ALFREDO!

NO AL 41 BIS

Anarchici e anarchiche