Lettera del compagno Errol dal centro di detenzione di Petrou Ralli

Nell’ultimo periodo, lo Stato sta mostrando il suo volto sempre più aggressivo e autoritario: con la creazione di nuove unità di polizia (Drasi/Delta, Pantere Nere) e l’intensificazione della repressione con operazioni antiterrorismo, sgombero di spazi occupati, divieto di manifestare, leggi che facilitano gli arresti attraverso giudizi sempre più rapidi oppure aumentando il periodo legale di detenzione dei migranti fino a 18 mesi.

Oggi, nell’ambito dello “stato di emergenza”, e con il pretesto della salute pubblica, lo Stato si avvale di strumenti repressivi sempre più efficaci, e legalizza diversi tipi di misure e divieti (coprifuoco, lockdown, divieto di raduno) che fino ad ora erano riservati alle situazioni di guerra. Si avvale inoltre di un nuovo capo di accusa: quello di “diffondere il virus”, permettendo quindi l’arresto arbitrario di chiunque possa rappresentare un pericolo.

Ebbene sì, è in corso una guerra. Una guerra contro tutti coloro che si rifiutano di piegare la testa. Una guerra contro tutti coloro che non chiedono il permesso di scendere in strada per combattere.

La paura viene diffusa senza sosta dai canali televisivi e dai giornali, che continuano a fare appello alla “responsabilità individuale”. Ma i responsabili, quelli che si rifiutano di diventare i carcerieri di se stessi, cadono immediatamente nelle fitte maglie della repressione ordite dallo Stato, attraverso pestaggi come si è visto a Galatsi, e arresti. Nelle ultime settimane, gli esempi sono stati molti (Patra, Syntagma, Ambelokipi, Politechneio, Exarchia, Ioannina, ecc.)

Lo Stato non nasconde più il contenuto politico di queste misure, vieta i raduni di più di quattro persone su tutto il territorio per i tre giorni di festa del Politecnico, e per il 6 dicembre. Non per motivi di salute pubblica, ma per l’ordine pubblico, o meglio per la “salute sociale”. Contro il virus della resistenza e dell’ insubordinazione.

Il 6 dicembre 2020, in occasione del 12° anniversario dell’assassinio di Alexis Grigoropoulous per mano dei poliziotti e dell’insurrezione che ne è seguita, sono stati diffusi, nonostante il divieto, due appelli anarchici per un raduno al memoriale, all’angolo delle vie Tzavela e Messologiou. Centinaia di compagni hanno tentato di unirsi alla chiamata, ma la polizia ha occupato tutto il quartiere e ha proceduto all’arresto di tutti quelli che gli capitavano a tiro, dando luogo a una caccia all’uomo nei vicoli di Exarchia e in altri quartieri dove si organizzano manifestazioni, come a Kipseli o a Virona.

Decine e decine di manifestanti sono stati arrestati e accusati di “diffondere il virus”. Il dipartimento centrale di polizia (il GADA) non aveva nemmeno spazio per tenerli tutti, quindi alcuni sono stati rinchiusi a Petrou Ralli, in condizioni igeniche a dir poco drammatiche.

Mi sono ritrovato, come decine di altri compagni, ma anche in compagnia di semplici passanti che erano appena usciti di casa, detenuto a Gada. Non si terranno processi in questi giorni, e io sarei teoricamente libero agli occhi della giustizia. Ma i poliziotti hanno deciso diversamente, e mi hanno trattenuto per deportarmi e proibirmi l’ingresso nel territorio greco fino al 27/12/2027 perché sono considerato un “pericolo per l’ordine pubblico”.

Mi tengono in isolamento a causa del Coronavirus e non mi sono permesse visite. Sono determinato a rifiutare e a resistere con tutti i mezzi a qualsiasi tentativo di deportazione. Non permetterò a nessuno Stato o a nessun poliziotto di portarmi via dai miei compagni o dal mio campo di battaglia. Il raduno di questa mattina mi ha scaldato il cuore. Mi hanno fatto uscire per un breve periodo, a causa dell’arrivo di uno squadrone di agenti per un’ispezione, ma poi sono stato rinchiuso nuovamente in cella. Un ufficiale è venuto a trovarmi e mi ha detto che era a mia disposizione per qualsiasi cosa mi servisse. Mi hanno portato un caffè e mi hanno anche messo una radio che mi piace fuori dalla sezione, per poterla ascoltare. Grazie compagni.

Vorrei spendere alcune parole per tutti coloro che, molto prima dell’isolamento e delle misure di emergenza, si sono visti privati della libertà che tanto sognavano. I miei co-detenuti, tutti gli immigrati, tutte le persone fermate per strada e arrestate per il solo motivo di non avere i documenti in regola. Tutti sono rinchiusi qui da moltissimo tempo (alcuni addirittura da 17 mesi) senza sapere per quanto tempo ancora saranno trattenuti. Altri hanno scontato la loro pena in carcere, sono liberi agli occhi del sistema giudiziario, eppure ora si trovano qui, a Petrou Ralli, semplicemente per una vendetta da parte dello Stato.

FUOCO ALLE PRIGIONI E A TUTTE LE GABBIE

ABBASSO LO STATO E LUNGA VITA ALL’ANARCHIA

Errol

Fonte: actforfree.nostate.net

Traduzione a cura di: Inferno Urbano