La ferocia degli anarchici

SABATO 12 DICEMBRE 2020 La ferocia degli anarchici – incontro dibattito – ore 17.00

A seguito dell’eccidio di piazza Fontana compiuto il 12 dicembre 1969, per la volontà politica di indicare l’immediata attribuizione dei sospetti di colpa all’area anarchica, Giuseppe Pino Pinelli venne selezionato direttamente dagli archivi identificativi della polizia di Milano per essere pregiudicatamente interrogato, trattenuto in stato di isolamento.

Ferroviere e militante, tra i fondatori del circolo ‘Sacco e Vanzetti’, gravitava nel quartiere operaio di Bovisa, tra il lavoro e il circolo ‘Ponte della Ghisolfa’. Spesso attivo nell’organizzazione di dibattiti politici, aveva messo impegno nell’apertura di una sede USI presso piazzale Lugano nonché di un ulteriore circolo, lo ‘Scaldasole’. Sequestrato dalla questura per ben oltre le 48 ore legalmente consentite per questo tipo di fermo, gli fu discriminatamente impedito di ricevere il supporto di un avvocato come di qualsiasi contatto con l’esterno, finché sul finire del 15 dicembre il suo corpo non fu ritrovato schiantato al suolo. Pino era stato lanciato dal quarto piano della sede stessa dell’arma.

Fu subito palese che la conseguente versione del suicidio, diversivo riportato fedelmente sulle testate ufficiali, fosse stato montato a scopo di depistaggio. Una messinscena facente capo al commissario Calabresi, da tempo incaricato di indagini mirate a sorvegliare l’adesione alle lotte popolari ed a impedirne l’adesione, era già noto ai compagni come “commendator finestra”, a significare come per lui ed i suoi sottoposti l’invito alla defenestrazione costituiva una prassi. Così l’ossequioso servizio offerto da Calabresi, quanto le attività minatorie delle frange neofasciste, ricevettero nei decenni una protezione infame, di rilievo parlamentare. L’episodio che stiamo ricordando costituì un passaggio storico ben chiarificatore delle modalità di intervento e di amministrazione di quella Giustizia (formale) su cui lo Stato democratico-repubblicano  si reggeva  (… e regge tutt’oggi).

I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI E LA CONNIVENZA ISTITUZIONALE NEI CONFRONTI DEL NEOFASCISMO

L’esplosione avvenne nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura durante l’affollamento previsto per il “mercato del venerdì”. Vennero ferite 88 persone, altre 17 persero la vita.

Lo stesso giorno, nell’arco di un’ora, tra Roma e Milano, furono piazzate altre 4 bombe.

Sebbene fosse evidente che diffondere la paura e l’insicurezza su scala nazionale avesse finalità di interferire con le rivendicazioni sociali operaie, femministe, universitarie, la propaganda ufficiale e la repressione giudiziaria si strinsero in processi di delegittimazione delle stesse, che sul finire degli anni ’60 si susseguirono nelle piazze, nelle occupazioni, nella stampa indipendente, contro le politiche capitalistiche di sfruttamento industriale, di privilegio patriarcale e di disuguaglianza nell’accesso all’istruzione. Per disperdere tali spinte emancipative della popolazione, quella che è stata riconosciuta come strategia statale della tensione  poggiò sui medesimi obiettivi punitivi contro cui le frange neofasciste compirono la loro innumerevole serie di attentati e aggressioni. In esplicito favore delle organizzazioni paramilitari di estrema destra, queste nell’arco di pochi anni poterono fornire al governo della DC pretesti che giustificassero una stretta reazionaria contro i movimenti di lotta, criminalizzando nello specifico quello anarchico.

Garantendo l’impunità ad esecutori di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, quale fu il ruolo di Stefano delle Chiaie nei casi di piazza Fontana e della stazione di Bologna, la strumentalizzazione ideologica operata rispetto alla definizione giuridica concernente atti di terrorismo ed eversione, è stata non solo conservata nella prassi interpretativa dell’ordinamento penale in termini di associazione sovversiva – come indicata nel codice Rocco fin dagli anni ’30 -, ma addirittura estesa, anche recentemente, a reati di sabotaggio e saccheggio e ad attività informali di promozione e finanche solidarietà alle più variegate espressioni e pratiche di dissenso politico non concretamente riconducibili all’idea terroristica del rappresentare una minaccia per la popolazione.

Tornando al 1969, furono Pietro Valpreda, altri 4 suoi compagni del Circolo 22 Marzo (Bagnoli, Borghese, Di Cola e Garganella) e Mander, del Circolo Bakunin, tutti attivi entro il movimento studentesco romano, a ricevere le infamie accusatorie sostenute da Mario Merlino e Sergio Ippolito, già sospettati da compagni come infiltrati nei picchetti, durante i cortei e negli stessi circoli citati.

I media nazionali hanno poi contribuito a legittimarle, costruendo sull incoerenti dichiarazioni depositate dalla questura di Milano, false tesi sul suicidio di Pino correlandole alla responsabilità come esecutore materiale della detonazione nonostante vi fossero prove certe che egli non si trovava affatto presente in quel frangente. La prima versione ufficiale sulla morte di Pinelli era stata redatta dal Marcello Guida, altro questore di molta fama e molto odore: durante il regime mussoliniano Guida aveva diretto il carcere per prigionieri politici di Ventotene. L’inchiesta si concluse senza esclusione di infamie nel ’75, con una sentenza del tutto assolutoria per Calabresi e dei suoi sottoposti, definendo paradossalmente l’accaduto come «accidentale», né suicidio né omicidio bensì «improvvisa alterazione del centro di equilibrio». Può essere significativo ricordare anche come il giudice Vittorio Occorsio, che si occupo’ della prima interrogazione contro Valpreda, resosi presto conto di come in realtà gli anarchici non fossero implicati nelle centinaia di attentati susseguitisi in quegli anni, fu il primo magistrato ad indagare sui rapporti del terrorismo neofascista con la massoneria della loggia P2. Finì trivellato da 32 colpi di mitra da esponenti di Ordine Nuovo.

Pietro Valpreda, arrestato poche ore prima della morte di Pinelli, subì ugualmente 3 anni di incarcerazione preventiva,  Venne scagionato dalle accuse di stragismo soltanto 9 anni dopo. Al contrario, perché i PM giungessero all’accertamento processuale delle poche caute imputazioni che ammettessero una pista nera, si dovette attentendere una nutrita raccolta di prove, tra cui il ritrovamento un arsenale di esplosivi a Castelfranco Veneto nel ’71, nonché la testimonianza diretta di vari collaboratori pentiti.

Dopo oltre trentacinque anni di limbo giurisdizionale, la corte di Cassazione locale esprime un tardivo riconoscimento della colpevolezza di Franco Freda e Giovanni Ventura nel ruolo di organizzatori mandanti oltre che dirigenti associativi. Era il 2005: una sentenza sul reato di strage che non ebbe logicamente alcuna rilevanza penale, essendo i due stati assolti ben due decenni prima, e in via definitiva, per insufficienza di prove, così come nell’immediato 1972 fu garantito a Pino Rauti nonostante stesse progettando di ricostituire il Partito Fascista, poi inquisito per le stragi di Brescia (’74), della Stazione di Bologna (’80), del treno Italicus (’84). Vicende giudiziare che furono analogamente lasciate decadere, permettendogli di fare carriera politica nel MSI.

Allo stesso modo, le responsabilità di Calabresi non vennero mai recepite dalle corti, anzi cerimonialmente difeso dal “discredito” che lamentava da parte delle più alte cariche governative. Eliminato da Lotta Continua, finì per essere schifosamente beatificato quale “testimone del Vangelo ed eroico difensore del bene comune”.. al di là di ogni dubbia questione, era per lo meno un fervente, indiscutibile, servitore.

Al di là dei singoli dettagli, si può ben trarre come il trattamento diversificato degli indagati a seconda del ruolo che rivestivano non costituì eccezione, si sa. Attualmente, quello che fu ben riconosciuto come “stragismo di Stato” è semplicemente divenuto superfluo, sostituito da forme più capillari di coercizione e declinando l’allarmismo securitario in pacchetti legislativi di pronta risoluzione, dall’impatto più gradevole agli interessi privati della cittadinanza, senza farsi mancare la costruzione politico-mediatica di un ampio consenso. Ciò nonostante, se da un lato sono innumerevoli gli esempi che possono dare conferma di quali sconti riceva l’abuso di potere, conferendo piuttosto promozioni per lo svolgimento dei propri compiti repressivi, non è cambiata la contraddizione tra questo tipo di Giustizia e quella che potremmo riscontrare in qualsiasi lotta popolare. Come per “l’interruzione di pubblico servizio, radunata sediziosa e travisamento” possono essere il pretesto per colpire semplici presidi, abbiamo da poco assistito a pretesti detentivi deliranti, che farebbero della libera comunicazione di dissenso un intento concretamente terroristico. Non ultima, la conferma dell’accusa di strage per il piazzamento di ordigni sotto stazioni Eni vuote, davanti a caserme o sedi della Lega, quando non Casa pound…

Ci troviamo circondatx da una lunga lista operazioni che non troverebbe concretezza secondo gli stessi termini giurisprudenziali indicati, eppure vorrebbe farsi strumento di dissuasione… Solo negli ultimi 6 mesi si è passati dall’incarcerazione preventiva per compagnx del Tribolo, alla somma di 37 anni di reclusione (solo dopo la riduzione per moltx della pena massima di 2 anni) per 61 dei compagnx che nel 2016 protestarono contro la costruzione di un muro per il blocco di migranti, fino al rinvenimento di un’eversione dell’ordine democratico negli incendi alle stazioni ENI in momenti desertici, come davanti alla caserma per cui a Claudio sono stati prospettati 7 anni in AS.., agli arresti da giugno, in attesa del processo nei prossimi giorni insieme ad altrx quattro compagnx del Bencivenga. Poi la conferma, meno di un mese fa, dei 20 anni in Alta Sicurezza destinati ad Alfredo ed ai 16 e mezzo per Anna, aggiungendo, a differenza del processo Scipta Manent in primo grado, altre nove condanne da un anno e mezzo a due anni e mezzo per “istigazione a delinquere”, associata alla pubblicazione di riviste come “Croce Nera Anarchica”.

Per prima cosa si dovrebbe comprendere il portato di determinate azioni e rivendicazioni, senza mancare di portare la nostra solidarietà di fronte alla ripercussione legale e carceraria. Gli attacchi o più semplicemente la presenza attiva ai quali con rinnovata foga i tribunali possono tracciare reati di associazione sovversiva e terroristica contro la personalità dello Stato, stanno a ricordare quella contraddizione. Ce la riportano alla mente gli eventi storici tanto quanto la prigionia che separandoci fisicamente dax nostrx compagnx ci vorrebbe indurre a disperderci… Peccato che non possiamo e non vogliamo dimenticare.

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https://meet.jit.si/finestrafontana

Fonte: lascintilla.noblogs.org