Francia: Lettera di Damien rilasciato dalla prigione di Draguignan – Come indagano i poliziotti

Lettera ricevuta il 16/09/2022

Ciao a tutti,

Sono stato rilasciato dalla prigione di Draguignan il 31 agosto scorso, e penso che ci siano un paio di cose che voi tutti dovreste sapere.

Per spiegare rapidamente il pastiche giudiziario in cui sono rimasto coinvolto, nell’ottobre 2021, sono stato condannato a 6 mesi di reclusione per un presunto caso di violenza che non avevo commesso. Il processo è stato veramente brutto, perché non sono stato io a decidere la linea difensiva, e di conseguenza l’atteggiamento da tenere in tribunale. Sono stato condannato a sei mesi e sono uscito nel febbraio 2022. Una volta uscito dal carcere l’unica cosa che mi importava era quella di allontanarmi da quel posto il prima possibile. Purtroppo le cose sono andate diversamente. Nel marzo 2022 la polizia mi ha arrestato un’altra volta, con delle accuse deliranti riguardo a delle presunte minacce di morte. Una detenzione che è durata altri 6 mesi…

A marzo, mentre mi trovavo in carcere, i poliziotti mi hanno parlato del sito anarchico Attaque.

Durante l’interrogatorio con un poliziotto uno scambio di frasi mi ha colpito particolarmente:

– “Mi può spiegare perché sono in custodia?

– “Sappiamo che in questa storia lei è una vittima, ma non è del tutto innocente” (beh, in altre occasioni avrei risposto che non sono né vittima, né innocente, né colpevole ma vista la situazione assurda in cui mi trovavo, volevo comunque sapere il vero motivo per cui ero trattenuto dalla polizia).

– “Ma lei cosa pensa io abbia fatto esattamente?

– “Il sito Attaque parla di lei”.

Ci si potrebbe chiedere cosa c’entri tutto questo con la mia detenzione. Niente. Ma ne ho dedotto che ero stato arrestato innanzitutto senza un valido motivo, e poi perché sono anarchico. Sono riuscito anche a contattare un amico, per avvertirlo che i poliziotti mi stavano parlando in modo a dir poco “ambiguo”.

Un poliziotto mi ha anche chiesto cosa ci facessi in Val di Susa. In realtà non ci sono mai stato, avevo solo l’itinerario del GPS sul mio telefono. Mi ha detto che sanno che a volte sparisco e vado in Italia e io l’ho mandato a quel paese, dopo avergli fatto notare che non ci trovavo nulla di strano e che comunque è più facile passare la frontiera piuttosto che teletrasportarsi in Giappone, quindi gli ho detto che volevo essere riportato in cella perché mi stava facendo incazzare.

A maggio incontro un tizio che conosco, lo avevano arrestato qualche giorno prima di me, per una stronzata, qualcosa che risale a diversi anni fa, niente che giustifichi il fatto di arrestare qualcuno a mezzanotte con un posto di blocco. Quella notte aveva con sé il mio vecchio PC. Il PC è criptato con una chiave GPG. Durante la detenzione i poliziotti gli hanno chiesto di me. Un poliziotto gli ha detto: “È un terrorista, abbiamo paura per le nostre famiglie”. Erano più interessati al mio PC che al suo caso, palesemente inventato, per il quale non è stato nemmeno interrogato.

Tutte le mie vecchie caselle di posta elettronica sono compromesse dall’agosto 2021, e dal febbraio 2022 non ho più accesso ad esse, anche se almeno una è rimasta attiva per tutto il tempo.

A metà giugno, tra il 12 e il 15, non ricordo la data esatta, ho subito una perquisizione e mi i hanno sequestrato un cellulare che avevo con me. Senza la sim, quella l’ho ingoiata. Poi mi hanno interrogato per sapere che uso facessi di quel telefono e chi stessi chiamando. Ovviamente li ho mandati a quel paese. Subito dopo una guardia mi ha detto di non utilizzarlo per chiamare i terroristi (sic).

Ho avuto sempre la sensazione di essere interrogato per tutta la durata della mia detenzione. Beh, non interrogatori veri e propri, ma spesso i poliziotti, o qualche interlocutore esterno, mi parlavano di azioni risalenti a diversi anni fa, recitando parola per parola alcune affermazioni che io ovviamente conosco, ma chi altro, a parte un poliziotto del SAT o della DGSI, sa, ad esempio, che nella rivendicazione di Meylan si parla di attacchi individuali. Oppure mi hanno chiesto cosa fosse la FAI. Non scherziamo, nessuno parla apertamente di queste cose se non i poliziotti dell’antiterrorismo o i servizi segreti.

Raccontare tutto quello che è stato detto, o che mi è stato chiesto, durante questi 6 mesi è complicato. Un interrogatorio classico va bene, ci siamo abituati, dura 4 giorni, ti fanno delle domande dirette e tu non rispondi, ti sbattono in cella e finisce lì. In questo caso però le cose sono andate diversamente in quanto non mi è stato possibile capire cosa stessero cercando esattamente. Si è trattato di una vera e propria tortura psicologica. Questo ultimo anno passato in carcere è stato di gran lunga il più duro di sempre! A volte ho dato di matto, ma non ho mai dato loro alcuna informazione. Non è sempre facile avere una chiara percezione di quello che sta succedendo quando si viene interrogati in queste condizioni e quando si è completamente isolati dal mondo esterno. Spesso mi sono chiesto se stessi perdendo la testa o se fossi diventando paranoico…

Quindi, visto che non avevo dubbi sul motivo delle allusioni che mi venivano rivolte, ho tirato dritto, anche a costo di mettermi in pericolo o di aggravare la mia situazione, per capire dove volessero arrivare. Quello di cui sono certo è che stanno cercando di trovare dei collegamenti fra diverse persone, soprattutto fra Parigi e Grenoble. Forse anche altrove, non è un’ipotesi che mi sento di escludere. Non credo volessero accusarmi di qualcosa in particolare, altrimenti lo avrebbero fatto senza tanti giri di parole. Quel che è certo è che stanno impiegando una marea di risorse per le loro indagini di merda.

Quando stavo per essere rilasciato ho avuto conferma, da una persona di cui non faccio il nome per evitare di comprometterla, che i poliziotti stavano indagando su di me già da febbraio, prima ancora che venissi rilasciato e che sapevano benissimo che da li a poco mi avrebbero arrestato nuovamente. Mi ha anche detto chiaramente, riferendosi a Ivan, che “lo stanno indagando per lo stesso caso”.

Queste sono le informazioni che volevo darvi.

Vorrei fare un’analisi dei meccanismi di repressione che vengono utilizzati in un paese in cui vige una cosiddetta democrazia di tipo liberale, ma ne parleremo successivamente.

Per Ivan, e per tutti i compagni incarcerati o in fuga.

Solidarietà significa attacco!

D.

Fonte: anarchistburecross.noblogs.org via actforfree.noblogs.org

Traduzione: Inferno Urbano