SETE DI VITA
Perché distruggere il carcere? Per lo stesso motivo per cui distruggere questa società. Perché ci intrappola e ci sottomette, ricordandoci chiaramente chi è che comanda e chi detiene le chiavi del mondo o della cella (che, d’altronde, è il mondo di chi è rinchiuso). E se le rivolte nelle e contro le carceri e gli altri luoghi di prigionia sono quotidiane, forse è perché ci sono degli individui sensibili che sono toccati dalla questione.
Sicuramente c’è da dire che il carcere è una delle risposte di questo mondo al proprio bisogno di continuare a funzionare. Viviamo infatti in una civiltà in cui le persone per poter sopravvivere sono sempre più interdipendenti ma al contempo private di ogni autonomia, monadi nella megalopoli e nel metaverso, e devono accettare continuamente di delegare ciò che gli è proprio. Per questo tutto deve essere affidato allo Stato, senza eccezioni. Altrimenti ci sarebbe il caos. Non si possono trattenere a sé i propri conflitti. Un genitore, una maestra, un prete, un poliziotto, un giudice. Ci hanno sempre e solo chiesto di essere investiti d’autorità sulla nostra vita. Da piccoli, ci è stato detto che è sbagliato reagire da sé ad un sopruso e che sarà la grandezza del maestro a riportare equilibrio nelle nostre relazioni. Da grandi, è lo Stato che si occupa di amministrare la giustizia e la punizione grazie anche alla nostra servitù volontaria ed alla nostra obbedienza.
Voler distruggere il carcere significa quindi dare sfogo ad una sete di vita senza deleghe e senza autorità, dove i conflitti e la loro eventuale risoluzione possano essere sentiti come propri dagli individui coinvolti. È vero, non ci sono ricette per questo. Ma per potersi avventurare nell’ignoto dei tentativi sul come reinventarsi la vita dobbiamo prima darci alla distruzione di ciò che è qui ed opprime oggi la possibilità di vita. Tra cui il carcere e ciò che lo fa funzionare. E di certo negli ultimi tempi non sono mancati i suggerimenti stupendi a tal proposito. Se verso novembre a Cremona durante un blackout si è spento tutto, carcere compreso, quest’estate in una situazione simile a Cuneo è scoppiata una rivolta nella prigione. E se un fabbricante nutre il carcere o un altro lo equipaggia, beh, che dire, anche quello è un meccanismo del sistema penitenziario che può essere inceppato. Insomma, che ognuno trovi il proprio modo per dissetarsi di vita.
Fonte: abirato.net
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