E’ uscito “Soffi e Graffi” numero 4 – 9 Dicembre 2022

SETE DI VITA

Perché distrugge­re il carcere? Per lo stesso motivo per cui distruggere questa società. Perché ci in­trappola e ci sottomette, ricordandoci chiaramente chi è che comanda e chi detiene le chiavi del mondo o della cella (che, d’altronde, è il mondo di chi è rinchiuso). E se le rivolte nelle e contro le carceri e gli altri luoghi di prigionia sono quotidia­ne, forse è perché ci sono degli individui sensibili che sono toccati dalla questione.

Sicuramente c’è da dire che il carcere è una del­le risposte di questo mondo al proprio bisogno di continuare a funzionare. Viviamo infatti in una civiltà in cui le persone per poter sopravvivere sono sempre più interdipendenti ma al contempo private di ogni autono­mia, monadi nella megalopoli e nel metaverso, e devono accet­tare continuamente di delegare ciò che gli è proprio. Per questo tutto deve essere affidato allo Stato, senza eccezioni. Altrimenti ci sarebbe il caos. Non si possono trattenere a sé i propri conflitti. Un genitore, una maestra, un prete, un poliziotto, un giudice. Ci hanno sempre e solo chiesto di essere investiti d’autorità sulla nostra vita. Da piccoli, ci è stato detto che è sbagliato reagire da sé ad un sopruso e che sarà la grandezza del maestro a riportare equilibrio nelle nostre relazioni. Da grandi, è lo Stato che si oc­cupa di amministrare la giustizia e la punizione grazie anche alla nostra servitù volontaria ed alla nostra obbedienza.

Voler distruggere il carcere significa quindi dare sfogo ad una sete di vita senza deleghe e senza autorità, dove i conflitti e la loro eventuale risoluzione possano essere sentiti come propri dagli individui coinvolti. È vero, non ci sono ricette per questo. Ma per potersi avventurare nell’ignoto dei tentativi sul come reinventarsi la vita dobbiamo prima darci alla distruzione di ciò che è qui ed opprime oggi la possibilità di vita. Tra cui il carcere e ciò che lo fa funzionare. E di certo negli ul­timi tempi non sono mancati i suggerimenti stupen­di a tal proposito. Se verso novembre a Cremona du­rante un blackout si è spento tutto, carcere compreso, quest’estate in una situazione simile a Cuneo è scop­piata una rivolta nella prigione. E se un fabbricante nutre il carcere o un altro lo equipaggia, beh, che dire, anche quello è un meccanismo del sistema peniten­ziario che può essere inceppato. Insomma, che ognu­no trovi il proprio modo per dissetarsi di vita.

Fonte: abirato.net

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