E’ uscito il n° 35 di Frangenti

Smisurate Possibilità

C’è chi guarda le rivolte e i sabotaggi che stanno avvenendo in Francia con sguardo languido, c’è chi ne coglie le possibilità. C’è chi ne sta alla larga, c’è chi ne vuole trainare gli eventi. C’è chi non sente di intervenire, c’è chi pensa che essere dove il nemico non ti aspetta incarni la prospettiva di non rinunciare all’irriverenza e alla furia iconoclasta: per portare questo mondo alla rovina, non ad una sua realistica e accorta gestione.

Quando la rivolta si generalizza diviene una vendetta verso ciò che si è sempre visto in lontananza. Ogni merce sottratta, ogni tecnologia interrotta, ogni luogo del potere abbattuto permettono non di riconoscere il loro valore d’uso e di scambio ma la distruzione di ciò che è distante. Con il saccheggio di ciò che ci imprigiona vengono attaccate anche le basi della comunicazione poliziesca. Nella rivolta si ama con passione e si odia all’infinito.

Per il realista, per il sinistroide, l’efficacia è un valore indiscutibile. Ciò che funziona è ciò che è giusto. Le petizioni, i negoziati, le vertenze vengono viste come migliorie per elemosinare un qualcosa all’interno dell’ordine attuale. Il realismo del quello che c’è è quello che dobbiamo usare è la logica della miseria e della sottomissione. Per liberarsi da questa logica, un luogo diverso da cui guardare il mondo e una posizione diversa in cui tentare di agire può bruciare la separazione fra il sogno e la realtà. Invece di iniziare a pensare di adeguarsi alla realtà per cambiarla, accomodando il nostro immaginario ad essa, si può benissimo scegliere di afferrare la propria vita nei termini che vogliamo.

Liberare il desiderio dalle catene che lo costringono parte da un rovesciamento di prospettiva: iniziare dalle passioni scatenate dei nostri sogni più selvaggi per interrompere la realtà. Se la burocrazia al dettaglio vuole continuamente spazzare via l’immediatezza di un significato incomprensibile per chi non vuole sognare, ciò può essere un problema? Se i momenti oscillano fra realismo, politica e becera militanza cosa dovremmo aspettare?La trasformazione sociale non è una scienza e non esiste nessun meccanismo storico che ci porterà alla libertà. Contare chi partecipa, controllare la copertura mediatica e fare previsioni di bilancio è tutto ciò che riguarda la misura, cioè le pastoie della realtà.

L’eccesso che spazza via ogni calcolo e i desideri più sfrenati ci invitano a comprendere che il dominio non è un organismo, non ha nessun cuore da attaccare ma che esso si trova dappertutto. Muoversi altrove, allora, perché non si tratta di vincere o di perdere come nelle menti ossessionate di ogni militante, è tentare di vivere la sola vita che si ha disposizione cercando di viverla a proprio modo.Quindi, che ce ne facciamo del fuoco francese? Semplice, cogliamo l’occasione.

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