Trento – Compagni nostri

Compagni nostri

È Martedì 7 febbraio, sono le 4.40 e non si vedono ancora le prime luci dell’alba. In via Alessandria, a Torino, dove da 24 anni è occupato l’Asilo, irrompono decine di agenti in borghese. Pochi minuti e la strada si riempie di camionette, volanti, carabinieri in antisommossa, finanzieri. I mitra puntati fanno capire da subito le intenzioni: oltre lo sgombero dell’Asilo è in corso l’ennesima operazione repressiva. Sette ordinanze di custodia cautelare in carcere con l’accusa di Associazione sovversiva (Articolo 270 bis), mentre le indagini coinvolgono una trentina di compagni.

Non sorprende, con i tempi che corrono, che la manovra sia rivolta a chi da anni ha lottato contro le prigioni per i senza documenti (prima CIE, ora CPR) e i rimpatri dello Stato, denunciando le complicità di chi collabora con quell’inferno senza fine che viene definito “accoglienza”. Richiesti più volte dalla sindaca pentastellata Appendino, lo sgombero e l’inchiesta vengono seguiti con cura direttamente dal Ministro dell’Interno, che al commento “I teppisti arrestati a Torino: dalle parole ai fatti”, lascia intendere che questa non è un’operazione qualunque.

Per noi non può essere più chiaro. Mentre le guerre di governi ed imprese di bandiera per il saccheggio dell’Africa stanno continuando a devastare interi paesi, provocando la fuga di centinaia di migliaia di persone, i morti nel Mediterraneo ormai non si contano più, così come quelli sulle frontiere d’Europa. Chi arriva viene rinchiuso, espulso, ucciso. Intanto la propaganda e la pratica del razzismo si fanno sempre più esplicite: il Ministro dell’Interno applaude agli omicidi della polizia, e ad essere colpito è chi si è sempre battuto, chi non ha mai smesso di sognare la libertà, chi comprende che tra giusto e legale non vi è alcuna coincidenza.

Ma c’è di più. In quello spazio, molti e molte di noi hanno passato momenti indimenticabili. Dibattiti, lotte, sangue e sudore. Tra quelle stanze ci siamo passati tutti in questi 24 anni, nelle iniziative, alle cene, nella preparazione di barricate, e la cosa che rende inespugnabile quelle mura, per quanto possano essere sbaragliate da tristi individui in divisa, è il legame che ci unisce e continuerà a farlo anche fuori, legame di solidarietà, amore e rabbia contro un mondo che è tutto da cambiare. Perché non possiamo che essere dalla parte di chi lotta contro galere di ogni tipo, deportazioni, sfruttamento. Perché nelle mani e nelle intenzioni di chi decide di battersi si trova l’unica scelta reale del nostro tempo. Le vite di migliaia di persone, così come le nostre, sono determinate da quello che facciamo o non facciamo. Così come sapevano benissimo Baleno e Sole prima di essere uccisi dallo Stato.

C’è chi grida allo scandalo, chi oggi sembra aver scoperto il razzismo di Stato; chi per anni ha fatto finta di non vedere le più di un milione di persone rinchiuse nei lager libici voluti da Minniti (ex governo PD), i controlli vis à vis, i pestaggi della polizia, gli sfratti, le retate, le espulsioni.

C’è poi chi, in solitudine come in piazza e sui sentieri, le violenze dello Stato le ha sempre viste e non le ha mai dimenticate. E pur sapendo qual è il prezzo della lotta, porta nel cuore la determinazione che può superare la paura di affrontarlo. Per questo non si è mai arreso. Per questo “dalle parole ai fatti” lo diciamo noi. Per questo, i colpiti dallo Stato a Torino, sono i nostri compagni.

Anarchiche e anarchici di Trento e Rovereto

Fonte: roundrobin