Testi e idee dell’Assemblea “Per chi sente il ticchettio”

Riceviamo e diffondiamo un testo di indizione dell’assemblea pubblica “Per chi sente il ticchettio”, e un appello per una campagna di lotta contro la Guerra e le sue propaggini.

PER CHI SENTE IL TICCHETTÌO

“Qualunque potere si sostiene con strumenti che hanno in ogni situazione una portata determinata. Così non è la stessa cosa comandare per mezzo di soldati armati di frecce, di lance e di spade oppure per mezzo di aerei e di bombe incendiarie; la potenza dell’oro dipende dal ruolo svolto dagli scambi nella vita economica; quella dei segreti tecnici è misurata dalla differenza tra ciò che si può compiere con essi e ciò che si può compiere senza di essi.”

Simone Weil

Abbiamo provato a parlare della guerra in Europa, nominandone le ferite col pudore di chi è distante dalle bombe e la trepidazione di chi si sente immerso in un orizzonte di catastrofi, senza lasciarci alle spalle le cicatrici che ci portiamo dentro: negli ultimi due anni, infatti, alla virulenza del coronavirus si è aggiunta – senza che una nostra rivolta la arginasse, nonostante la generosa resistenza individuale che abbiamo cercato di opporre – quella di chi ha tratto profitto politico ed economico dalla diffusione a ciclo continuo di panico e di terrore. E ad un’umanità atterrita ha inflitto coprifuoco, confinamenti, divieto di visitare assistere e seppellire degnamente i propri cari, coprendo col ricatto del green pass e con il cicaleccio della società dello spettacolo le proprie responsabilità, storiche e contingenti, riguardo allo smantellamento della medicina territoriale e alla riduzione dei posti letto negli ospedali. Per farlo, non ha esitato a far pattugliare giorno e notte le strade da polizia carabinieri guardia di finanza e ronde di militari. Come se l’attenzione o la cura verso chi ti circonda potessero essere veicolati dai custodi dell’esistente – il quale, come spiegato da manganelli e divise, è basato sulla sopraffazione e sull’obbedienza. Sull’obbedienza alla sopraffazione. Chiunque non aspiri né a comandare né a dire signorsì si è sentito franare il terreno da sotto i piedi e ha dovuto (s)misurarsi con inciampi e cadute. Ogni rimozione di ciò che tutto questo ha significato nella esperienza personale di ciascuno, occultando i termini dello scontro tra i viventi e la Mega-macchina tecno-economica che li asservisce, allontana la comprensione della posta in palio e riduce i margini di azione che ci restano. Ricontattare la nostra dimensione più profonda, e approfondire con ogni mezzo necessario il solco che separa i nostri bisogni, i nostri desideri singolari e comuni, dalla grettezza di chi guadagna dalla guerra dal dolore e dall’oppressione, sono due momenti decisivi della medesima lotta. Allo stesso modo, smascherare e combattere la penetrazione dei militari dentro università e scuole e le menzogne dei potenti sulle ragioni strutturali dell’aumento del prezzo del gas, della benzina, del grano, delle bollette, sono due facce della stessa medaglia. Tutto ciò che viene spezzettato frantumato e ridotto in poltiglie dalla propaganda dominante tramite un uso ossessivo e incessante di immagini e parole distorcenti incide tutto intero sulla vita e sul non-vissuto di ciascuna/o: l’allargamento della base di Sigonella significa un restringimento della libertà per tutte e tutti, così come le scorie nucleari, le fabbriche di veleni, il progresso economico tramite un rapporto predatorio ed estrattivo con l’ambiente naturale, significano più profitto per pochi e più malattie per tutti.

Nelle società occidentali l’energia elettrica costituisce un quarto dell’energia consumata nel suo complesso. Di questo quarto, solo un terzo di tutta l’elettricità prodotta è destinata all’uso domestico. Chi invoca più energia non è affatto preoccupato per il benessere delle persone: è la produzione e la circolazione di merci a richiedere tutta questa enorme quantità di energia, per non parlare della guerra e delle sue immense necessità. Guerra il cui scopo è quasi sempre il controllo di fonti di energia. Ecco il circolo vizioso che ci sta strozzando.”

Se si abbassa il volume alle opposte propagande, avverse negli interessi economici ma convergenti nel considerare gli esseri umani pedine da governare o da sacrificare sullo scacchiere della geopolitica, si può sentire tanto lo scricchiolìo delle ossa di chi giace sotto terra – sepolto da una bomba Nato da un missile russo o da un provvedimento del fondo monetario internazionale – quanto il grido di chi – viva, vivo – scappa dalla guerra, diserta dalla guerra braccato dalla coscrizione obbligatoria, protesta contro la guerra e viene arrestato, si batte contro la brutalità della guerra – scagliando una molotov o affrontando persino inerme un carrarmato – malgrado la sproporzione tra la propria vulnerabilità e la letale perfezione tecnica raggiunta dall’industria bellica. E si può riuscire a provare orrore sia per ciò che in sé significa e comporta la scelta del governo e del parlamento italiano di aumentare smisuratamente le spese militari, sia per la retorica mediatica e politica che la accompagna. Fratelli d’Italia propone di finanziare l’esercito e l’industria delle armi facendola finita col reddito di cittadinanza – da sempre indigesto per quei poveri imprenditori abituati a risparmiare il più possibile sul costo del lavoro – e il partito democratico – la cui ragione sociale coincide con la promozione degli interessi di Leonardo Finmeccanica – non perde occasione di giurare fedeltà incondizionata alla Nato; ma ancora più istruttivo, prima di volgere lo sguardo definitivamente lontano dal cielo della politica e il più vicino possibile al (batti)cuore di chi sente il ticchettìo, è rendersi conto della sterilità di quelle poche voci dissonanti dal coro militarista ogni volta che la loro prospettiva si imprigiona nella logica e nella pratica dell’appello ora alla Costituzione, ora all’Onu quale garante del diritto internazionale e della diplomazia. Il pacifismo che rimuove l’esigenza del conflitto, delle scelte partigiane che interrogano ognuno nel corso della guerra sociale ininterrotta, non può in alcun modo arginare la politica guerrafondaia: di fronte al rullo dei tamburi e al rombo dei cacciabombardieri, è come un disco rotto. (Tutt’altro discorso vale invece per quei lavoratori portuali che si sono rifiutati, da Pisa a Genova, di spedire armi in Ucraina camuffate da aiuti umanitari.) Ma neppure si tratta di prendere parte, di schierarsi, dalla parte di Putin o dalla parte della Nato come se fossimo allo stadio: le nostre pupille non sono quelle degli Stati, la nostra etica non è quella del regno delle merci, i nostri corpi non sono carne da cannone. E non permetteremo a nessuno di dirottare la nostra solidarietà e la nostra empatia con chi fugge dalla guerra o avversa un regime (sia autocratico che democratico) verso uno dei carnefici in lotta tra loro.

L’antinazismo e l’antifascismo istituzionali sono sempre strumenti di propaganda al servizio degli interessi padronali, qualsiasi Stato ne faccia uso. Sia che parli di denazificazione dell’Ucraina sia che parli di fermare l’avanzata del “nuovo Hitler” Putin. Poco o niente hanno a che fare con la fratellanza e la sorellanza umana. Servono le guerre, gli imperialismi e la militarizzazione: nessun margine di convenienza proletaria può prodursi nella propensione all’uno o all’altro discorso di propaganda bellica. Al contrario, solo la solidarietà e la complicità tra le resistenze aprono a un miglioramento della lotta mondiale contro l’oppressione. Perché solo attraverso la solidarietà e la complicità ci confronteremo con il nostro compito specifico di creare il reale stato d’eccezione: la rottura reale della pace sociale che sostiene la guerra degli imperi e la comune rovina del pianeta.”

Guerra alla guerra, dunque; e all’economia che la porta in grembo. E, anche, lotta all’ipocrisia e ai violentatori di memorie. Piacerebbe agli sventolatori democratici della dittatura capitalistica potere marciare, anche quest’anno, sulla memoria dei morti per sogni, quei partigiani e quelle partigiane che hanno preferito le montagne agli agi dell’ubbidienza, la felicità in armi alla pacifica connivenza con l’orrore. “Dei cadaveri delle rivoluzioni fallite non si butta niente”, così pensano questi vampiri di vita proletaria vissuta, quelli che il fazzoletto rosso dei partigiani lo vorrebbero usare per ripulire le loro mani sporche di sangue ancora caldo. Tentare di impedirglielo sarebbe un gesto di bellezza e l’esercizio di un tipo di solidarietà capace di abbattere i confini di spazio e tempo: internazionalismo, in un duplice senso.

Per chi sente il ticchettìo dell’apocalisse nucleare, un fremito nel sangue e l’urgenza di confrontarsi e organizzarsi, l’appuntamento è per domenica 10 aprile.

ASSEMBLEA PUBBLICA – PER CHI SENTE IL TICCHETTÌO

@LUPo, Piazza P. Lupo 25 CATANIA, DOMENICA 10 APRILE ORE 17:30

 

LA GUERRA È (SEMPRE STATA) QUI

La Guerra – ogni guerra – investe in maniera totale ogni aspetto delle società. In quanto strumento principale di risoluzione delle crisi in mano alle classi dominanti, il sistema della Guerra è tanto più forte quanto più deboli sono le lotte de* oppress*.

In questo senso tra gestione militare della pandemia e gli orrori attuali non c’è discontinuità ma un salto di qualità nei volumi di violenza effettiva e potenziale: è negli scenari bellici che la violenza industriale degli Stati si può dispiegare pienamente − sventolando non a caso la minaccia tecno-industriale per eccellenza, la tecnologia nucleare.

Con la sua propaganda semplicista, polarizzata ed emergenziale – ben rodata negli ultimi anni di pandemia – il lessico militare sta plasmando a poco a poco una forma mentis di massa che vira pericolosamente verso la tifoseria nazionalista (con il suo portato intrinseco di machismo, razzismo, xenofobia, declassamento di ogni cosa alle priorità del capitale).

Ma sentiamo almeno come possibile squarciare il velo di menzogna, la ripresa di una ostilità multiforme verso la logica assassina del profitto e degli sfruttatori, l’avanzamento di una coscienza di classe e di specie che sappia individuare i suoi nemici. Questa possibilità − che per noi è una necessità impellente − può scaturire solo dall’azione, dalle lotte, dall’echeggiare di parole chiare sui responsabili dei disastri, dal mutare dei rapporti di forza.

La Guerra è sempre stata tra noi − anche quando la scorgevamo da più lontano −, le sue filiali sono concretamente nei luoghi in cui viviamo: non solo basi militari, fabbriche di armi, multinazionali energetiche, ma anche imprese tecnologiche, strumenti per la sorveglianza, banche, partiti politici, supermercati, università. Tra queste Leonardo-Finmeccanica, Beretta, Intesa San Paolo, Unicredit, Assicurazioni Generali, Eni, Enel, Terna, Benetton. E la lista potrebbe continuare.

Consapevoli di muoverci al riparo dalle bombe, vogliamo però fare di questa alterità un tassello delle lotte, in una prospettiva internazionalista. Fin che siamo in tempo: per chi, come noi, vive in una regione che è una piattaforma militare, il rifiuto delle guerre degli Stati oggi non muove “solo” da una tensione etica, ma anche da un istinto di auto-protezione individuale e collettiva.

Non è più il momento di stare a guardare.

Per questo invitiamo chiunque senta il ticchettio inarrestabile dei tempi che corrono, ad agire contro chi nutre e si nutre del sistema-Guerra.

Invitiamo a rendere noto chi sono e dove sono, nelle nostre strade, i tifosi e profittatori dello sterminio; invitiamo a far pervenire loro la nostra appassionata ostilità.

Singolarmente o in gruppo, secondo le proprie pratiche e le proprie priorità; piccole o grandi, di notte o di giorno, purché siano azioni.

Una sola indicazione. Parla delle mobilit-azioni: diffondi questo appello con ogni mezzo, a ogni persona, in ogni luogo che ritieni opportuno.

DAL 17 AL 24 APRILE SETTIMANA DI MOBILIT-AZIONI CONTRO I PADRONI DELLA GUERRA

Verso un 25 aprile che ricordi a gran voce che, anche se i Fascisti sono stati detronizzati, dai fascismi, dagli autoritarismi e dalle oppressioni non ci siamo ancora liberat*.

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti, contro tutti gli imperialismi, contro tutti i confini

Per chi sente il ticchettio

Assemblea siciliana contro la Guerra e il suo mondo

10 Aprile – Per chi sente il ticchettìo PDF

Appello PDF