Scrivi di lui, scrivi per me di lui

Riceviamo e pubblichiamo:

“Scrivi di lui, scrivi per me di lui”.

Lei. Un vetro blindato.
Trasparente, ma tendente all’indistruttibile.
Una roccia, anzi una montagna.

“Lui è la vita”.

Lei. Impercettibile il primo scricchiolio.
Nel mio vetro la prima incrinatura compare.

“Scrivi di lui. Perché lui è noi”.

Lei. Sembrano soffocate, ma le prime crepe si vedono.
Il mio vetro sembra rompersi.
La sua voce pure.

“Lui ha acceso mille fuochi. Aiutami a dirlo”.

Lei. Ora le crepe corrono. Si incrinano le parole e, in mal nascosti singhiozzi, cede in frantumi.
Con lei vado in pezzi pure io.
Intingo il pennino nelle sue lacrime e inizio a darle la voce.

Lei dice che questo fuoco deve scoppiare.
E allora andiamo sorellina.

Accendino. Innesco. Ora si vola. Boom!

“Era primavera, il ‘99. Tutto iniziò da lì”

In quel ’99 ti immagino mentre fiorisci quando l’hai trovato.
Vorrei averti vista sbocciare, senza le cicatrici che ora ti segnano e che bruciano dentro di te.

Avrei voluto vedere lui. Avrei voluto vederti Gighen.
Io non so cosa sia scappare, non so cosa voglia dire fuggire, nemmeno essere in catene men che meno sparati.
Ma so cosa vuol dire averla incontrata.
Non era solo primavera, era la prima vera.

“È un compagno… Quelli che nascono uno ogni 100”.

Lui è stato il coraggio del primo Sampietrino vero sorella?
La rabbia liberatoria della prima agenzia interinale demolita.
Il calore delle prime fiamme.
La protezione delle prime barricate.
L’euforia e il cuore che esplode vedendo bruciare tutto.
Io Gighen ti ho davanti. Ti vedo.
Anche senza averti conosciuto.
Perché il calore famiglia è inconfondibile: profuma di nero e sa di sicuro.

“Aiutami, perché io non ho le tue parole”.

Sorellina, meglio le parole di tutte le tue e delle sue ferite, delle vostre cicatrici e dei quintali di peso che gravano sul cuore.
“Se non esiste il male non è necessaria nemmeno la cura“ vero Gighen?
Se non esistesse il male nessun bambino vedrà scomparire il suo papà, pregando degli inutili, inetti servi sequestratori di non portarglielo via.
Per poi alla fine sentirsi dire “Ciao, mi presento, io sono lo Stato.”

“Io so quello che è lui. Lui è me.”

Anche io so quello che è. Gighen è noi.
Noi. Liberi. Anche dietro una grata. Anche sotto metri di terra, perché mai soli.
Il coraggio di dissentire, di ribellarsi, di rischiare di perdere la cosa più importante per cui lottiamo: la libertà.

“Sai, gli hanno dato di tutto… Ma lui tutto quello che ha fatto è vita. Non rinnega nulla”.

E allora grazie.
Grazie a te Compagno, che hai dato le fiamme nel cuore di mia sorella.
Grazie, perché hai sacrificato la tua libertà lottando in nome di quella di tutti.
Dalla Francia, all’Italia attraversando mezza Europa.
Una condanna scritta sulla carta, una vita stilata sulla tua e sulla sua pelle, e una lotta che
incendia le nostre terre, illuminando le nostre vite.

“Io con te piango sai? Come diceva lui le lacrime tra di noi, a loro solo odio”

Anche io piango con te.
Tutti piangiamo con te, perché un compagno in carcere è come un ala impigliata in un rete: non permette a nessuno di volare.
Piangi. Piangiamo. Non dimentichiamo.
Di lui dicono che è un delinquente, è un criminale?
Come canta qualcuno “cos’è meglio, fare il black bloc o aprire un bel blog?”
È un delinquente per cui? Bene, allora lo siamo tutti.
Ben contenti di esserlo, prodigandoci per vedere raso al suolo questo Stato. Proprio Gighen lo dice, “la nostra lotta è affinché lo Stato resti solo un participio passato”.

Sai sorellina la calma è la virtù dei morti.
Ma cosa ve lo dico a fare? Voi lo sapete già.
Voi State Agitati.

“Lo sai che io parlo senza parole. Prova comunque a raccontarlo.”

Non so se ci sono riuscita, ma so che con questo l’ultima scheggia del mio vetro blindato è tornata al suo posto. Così ti ho ricostruita.
E ora che sei tutta intera e sicuramente più forte di prima sappi che ci vediamo e che non manca molto. Ma soprattutto che ci rifacciamo, perché manca poco.

“Grazie per quello che fai per me”.

Grazie a te, veramente.
Sai, parlare del vissuto al giorno d’oggi è ormai quasi dovuto e scontato.
Condividere ferite, cicatrici, magari anche speranze non è da tutti.
Ricordati però che per affidare la parte migliore della propria vita, quella che poi è stata rubata, donare i propri silenzi perché vengano urlati, beh, questo non è raro è un atto d’amore, di cuore.

E ora ricordatevi, tutti e due, cosa urlano i Contrasto: “ la gioia è armata il cuore ancora non si è spento“.

Sorella, ora abbracciami forte.
Seguimi. Facciamo ardere i nostri cuori.
Andiamo a riprendercelo.
Andiamo a bruciarli di vita.

BOOM!

Tua. Sempre.
Fronde Noire

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