Prigioni cilene: Siamo responsabili. Parole dei compagni Ignacio e Luis Avaca

Siamo responsabili. Della nostra partecipazione, dell’atto di cui siamo accusati e di cui ci assumiamo la responsabilità politica.

“Nego il diritto di giudicarmi a tutti coloro che non comprendono la voce del mio desiderio, l’urlo dei miei bisogni, i veli del mio spirito, il dolore della mia mente, l’emozione delle mie idee e l’angoscia del mio pensiero. Ma solo io capisco tutto questo. Se volete giudicarmi, bene allora! Ma non potrai mai giudicare il mio vero io. Invece, giudicherete l'”io” che voi stessi avete inventato. Quando penserete di avermi nelle vostre mani per schiacciarmi, io sarò in alto, a ridere in lontananza”.

Renzo Novatore

Abbiamo testimoniato davanti al procuratore… Non è stato facile, almeno per noi che stiamo affrontando per la prima volta un simile processo. Abbiamo riconosciuto la paternità dell’atto di cui siamo accusati e abbiamo espresso la nostra motivazione politica ed etica.

Abbiamo visto l’atto stesso come un passo che ci ha portati dalle parole all’azione, per dare una dimostrazione della nostra critica distruttiva alle istituzioni che esercitano la violenza in nome dello Stato.

“Abbiamo voluto incutere terrore ad una parte della popolazione”, più specificatamente alle forze dell’ordine; per molteplici ragioni, partendo dalla nostra inclinazione politica e ideologica, e finendo con fatti specifici che hanno dato ai carabineros una pessima reputazione, siano essi massacri, assassinii, scandali, operazioni e altre situazioni pubbliche o segrete. Crediamo che il fatto parli da solo, e anche senza una rivendicazione il messaggio è arrivato forte e chiaro.

Il nostro approccio è stato quello di un “attacco personalizzato”. L’obiettivo può sembrare strano, in quanto non conoscevamo di persona il destinatario del pacco esplosivo (i due compagni sono stati accusati di aver inviato un pacco bomba alla stazione di polizia di Cancha Rayada a Talca il 26 novembre 2020. In quell’occasione, il maggiore Sergio Figueroa Beltrán subì un trauma acustico bilaterale e il secondo sergente Isaac Martínez Martínez subì un trauma all’orecchio sinistro e ipoacusia NdT), ma ribadiamo la nostra scelta: siamo nemici di chiunque per scelta indossi una divisa e sia complice del monopolio della violenza in nome dello Stato, con la scusa dell’ordine e del bene comune.

Abbiamo collaborato alle indagini? Sì, certo, ma con il piacere di non negare né nascondere i nostri principi, rispondendo alle domande più “tecniche”. Abbiamo rivelato al procuratore parte delle procedure che abbiamo seguito prima dell’azione, esprimendo la paternità dei compiti comuni e separati che ci eravamo assegnati.

L’unica cosa che rimpiangiamo sono state certe decisioni e procedure tecniche, che se fossero state prese con maggiore attenzione avrebbero avuto un effetto diverso sul nostro presente e sulle conseguenze che sono derivate dal nostro gesto. Quello che non cambia è il nostro modo di affrontare il carcere, che non è mai stato quello del ruolo di vittime.

La responsabilità che ci siamo assunti è, secondo noi, totalmente e completamente politica. L’abbiamo sostenuto fin dall’inizio, indipendentemente dalla colpevolezza o dall’innocenza che avrebbero voluto attribuirci con un verdetto.

Come dissero tempo fa due compagni greci, in tempi in cui è molto più facile assumere posizioni vittimistiche e accusare montature poliziesche, cercando di ritrarci come poveri perseguitati, ci posizioniamo a partire dalla conseguenza e dalla coerenza radicale del nostro pensiero e delle nostre azioni, nell’eterno tentativo di fare della vita qualcosa che non sia semplicemente vegetare o sbandierare discorsi aggressivi, che si esauriscono poi nel simbolico.

Non siamo mai rimasti accecati dall’orgoglio di fronte ai nostri errori. Sappiamo di essere totalmente e completamente imperfetti, e sempre aperti all’autocritica più acuta che possiamo infliggerci, ma queste riflessioni saranno un tesoro che terremo per noi.

Non ci resta altro che chiudere questa breve lettera ringraziando per l’appoggio incondizionato i nostri amori, parenti e amici, liberi e in gabbia, vicini e lontani, in questa o in un’altra vita.

Niente è finito…

Abbracci complici ai nostri fratelli e alle nostre sorelle rinchius* nelle prigioni greche e in tutto il mondo. E un saluto speciale e fraterno agli anarchici bielorussi condannati nel dicembre 2021 per aver lottato contro la dittatura in quel territorio.

Ingabbiati ma mai sconfitti!

Prigionieri sovversivi e anarchici nelle strade!

Fuoco alle prigioni e alla società che ne ha bisogno!

Ignacio e Luis Avaca

Fonte: Contrainfo

Traduzione: infernourbano