Parigi – 2 compagni arrestati. Stefano e Marco liberi!

riceviamo e diffondiamo:

4 compagni sotto processo per il primo maggio a Parigi, tra cui 2 arrestati : Stefano e Marco liberi ! tuttx liberx !

aggiornamenti al 10 Maggio : l’avvocato ha visto i compagni, stanno bene, in cella insieme. Avranno un’udienza di scarcerazione lunedi 13 o martedi 14 Maggio. Chiedono che sia diffuso i loro indirizzi.

Perché il cielo non ci manchi mai più

Il primo maggio 2019 a Parigi poco prima di mezzogiorno, quattro compagni (due di nazionalità italiana e due di nazionalità francese) sono stati arrestati in rue Bichat da degli agenti della Bac (ndt: Brigade anti-criminalité, agenti in borghese della polizia francese) come molte altre persone durante quella giornata. Sono state ritrovate in loro possesso delle “armi” (3 martelli e un bastone) così come del “materiale di protezione”. E’ stata loro contestata la partecipazione a un “groupement en vue de la préparation de violences” (ndt: qualcosa di simile all’italiana “radunata sediziosa”), il rifiuto si sottomettersi a operazioni di “rilievi segnaletici” (DNA), e per tre di loro il rifiuto di sottomettersi a operazioni di “prelievo esterno” (foto e impronte).

L’avvocato, che difende tutti e quattro compagni, richiede l’annullamento di tutto il procedimento mettendo in luce il fatto che gli sbirri non hanno rispettato la procedura, effettuando una perquisizione fuori dal perimetro della manifestazione senza la presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria (OPJ) e senza flagranza di reato. Per giustificare quest’ultima cosa, il procuratore, citando uno dei verbali di arresto (il solo sul quale è indicato) menziona il fatto che una delle persone avrebbe accelerato il passo alla vista della BAC. L’avvocato lo interrompe; la corte di cassazione ha già deliberato su questo punto: accelerare il passo non costituisce in alcun caso flagranza di reato. A questo il procuratore risponde con un eloquente balbettio.

Per uscire da questa situazione spinosa (nessuna ragione valida per aver perquisito i compagni, dunque perquisizione illegittima, dunque annullamento di tutti i capi di imputazione) il giudice, tenace, sospende l’udienza, si ritira in consultazione una buona oretta e mezza, prima di ritornare con una formidabile trovata: la menzione di “martello nella cintura” su un verbale di perquisizione di uno dei compagni è ora diventata “un’arma apparente” e quindi una flagranza di reato. Annullamento respinto. Quello che mostra questo passaggio è che il giudice ha la completa possibilità di interpretare le carte a suo piacimento con lo scopo di rinchiudere quelli che non lo convincono. Il tribunale non giudica dei fatti, bensì giudica delle persone, dei profili, delle idee, delle intenzioni, dei ruoli sociali. E siccome il fine giustifica i mezzi, la menzogna può rivelarsi molto utile. Da parte sua, il procuratore è un tale rosicone che quasi accusa gli incriminati di aver mantenuto il silenzio.

Invece, il rifiuto di sottomettersi alle operazioni di rilievi segnaletici (DNA), così come, per uno di loro, il rifiuto di sottomettersi a operazioni di “prelievo esterno” (foto e impronte) cadono per i due compagni italiani a causa della mancata notifica in italiano del loro stato di fermo nei termini di legge previsti.

A questo punto, l’avvocato fa appello alla decisione del giudice di perseguire i capi di imputazione. Il processo è rimandato al 23 maggio 2019. Poiché non possono più pronunciarsi sulla questione, questi maniaci dell’ordine sparano la loro ultima cartuccia, per ripicca, e sicuramente anche per amarezza, e decidono di pronunciarsi sulle misure di sicurezza in attesa del processo. E’ chiaro: come con altri quel giorno, hanno fame di controllo, di sbarre, di reclusione, di privazione. In breve, di incarcerazione.

In questa operazione, e nel quadro di cooperazione delle polizie dello spazio Schengen, la polizia italiana è stata molto rapida a fornire tutte le informazioni possibili sui “cittadini italiani” sotto forma di note informative. Le note, non avendo nessuno statuto legale come potrebbe invece avere una fedina penale, tuttavia pesano enormemente sulla decisione del giudice.

Dopo che il giudice e il procuratore, che condividono la stessa veste, hanno usato tutti i loro artifici per impedire la loro liberazione, i due compagni italiani sono ormai in detenzione provvisoria (DP)  nel carcere di Fleury-Mérogis in attesa del processo, previsto per il 23 di maggio nel tribunale di Parigi. Gli altri due compagni sono usciti sotto controllo giudiziario (avendo potuto presentare delle “garanties de représentation” -ndt: documenti presentati al tribunale che dimostrano la buona integrazione nel tessuto sociale, il fatto di essere un buon cittadino, ad esempio contratto di lavoro, d’affitto, iscrizione all’università etc.- valide agli occhi del magistrato).

è stata immediatamente presentata  un’istanza di scarcerazione. Inoltre, hanno avuto entrambi un foglio di via (OQTF) dalla Francia della durata di due anni che potrebbe implicare di essere portati in un CRA (ndt: centre de retention administrative, i cpr francesi) dopo un’eventuale uscita di prigione. Questo OQTF (obligation de quitter le territoir francais), così come la decisione di non riconoscere l’annullamento di tutti i capi d’accusa è stato contestato in appello dall’avvocato durante il processo (depositando la domanda al cancelliere del tribunale durante la consultazione dei giudici).

La richiesta di scarcerazione (DML) è cruciale per tutte le persone che avrebbero voluto produrre delle “garanties de représentation” con lo scopo di evitare la detenzione preventiva ma che non hanno potuto farlo per mancanza di conoscenza o di preparazione. Presentare delle garanzie è una scelta, e sebbene sia criticabile in quanto contribuisce a dividere gli imputati in base a criteri di integrazione in questa società che ci urla “cammina o crepa”, è importante poter avere l’opzione di farla. Una DML accettata permette di arrivare al proprio processo come persona libera, cosa che ha molta influenza sulla decisione dei giudici (se conoscete delle persone in questa situazione, fate loro sapere che possono parlarne al loro avvocato, anche se escono dalla detenzione preventiva il giorno del loro processo è un vantaggio enorme).

Nell’aula, quando il giudice annuncia la decisione di incarcerare i compagni, una compagna ha sputato in direzione del procuratore, una parte del pubblico ha urlato la propria rabbia ed è uscita in solidarietà. è partito un procedimento per oltraggio alla corte.

Se noi condividiamo qui alcuni dettagli precisi del processo è perché riteniamo che possano essere importanti per tutti i futuri procedimenti e che potrebbero permettere ad altri di difendersi (se possibile collettivamente), di richiedere l’annullamento dei capi d’accusa o di far valere dei vizi di procedura. Questo episodio non è che uno tra tanti, ma è mettendo in comune  le nostre esperienze e i nostri strumenti di difesa che potremo tenere testa alla giustizia e che potremo dire loro, dritto in faccia, che non sono che dei buffoni di un sistema che mantiene vivo il cadavere di questa società marcescente.

Per inviare lettere, testi o disegni ai due compagni arrestati, M. e S., potete inviare una mail a [email protected].

per scrivergli direttamente :

Mr MARCO CAVINATO
N° d’écrou 451050 – Bâtiment D5
Maison d’Arrêt de Fleury-Mérogis
7 avenue des Peupliers
91705 FLEURY-MÉROGIS

Mr STEFANO MARRI
N° d’écrou 451049 – Bâtiment D5
Maison d’Arrêt de Fleury-Mérogis
7 avenue des Peupliers
91705 FLEURY-MÉROGIS

Contro tutti gli stati, al di là delle loro frontiere, solidarietà!

Nessuna gabbia potrà mai rinchiudere i nostri sogni di libertà.

Fonte: roundrobin