Ne uccide più la penna che la spada?

Evidentemente le parole di verità fanno paura, tremendamente paura, a chi detiene le redini del potere ed ai loro imbelli ed interessati scagnozzi, siano essi in divisa o in toga.

Infatti, cos’altro se non la paura potrebbe esserci dietro ad un’operazione come quella denominata “Sibilla”, messa in scena col favore delle tenebre giovedì 11 novembre da parte della procura di Perugia, con la collaborazione di quella di Milano, che ha portato a 6 ordinanze cautelari nei confronti di altrettanti compagni anarchici – una notificata in carcere, una che dispone gli arresti domiciliari (con annesso braccialetto elettronico… ah quant’è bella ed utile la tecnologia), e quattro che impongono l’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria – accusati dei reati di istigazione a delinquere e istigazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. Paura che le parole scritte su un giornale o diffuse su internet possano aprire gli occhi su una realtà fatta di menzogne ed ipocrisia, su una società le cui fondamenta si basano sullo sfruttamento e l’oppressione dell’uomo sull’uomo, su uno Stato che – come qualsiasi istituzione di gestione del potere – si sorregge e si struttura sul disciplinamento di massa nell’interesse ed a favore di una minoranza di privilegiati, coadiuvati e sostenuti dai loro opportunisti servi sciocchi.

Perché per lorsignori, chi anela e si batte per un mondo composto da liberi ed eguali, senza sfruttati né sfruttatori, senza guerre e miserie, è un delinquente che va bandito e cacciato dal consorzio umano. Ed è logico che sia così, ché mai si è visto e mai si vedrà chi vive nell’abbondanza e nel godimento dei propri biechi privilegi, accettare di buon grado che tutti indistintamente abbiano accesso all’intera ricchezza e varietà del mondo. E quindi anche una sola parola fuori dal coro è una grave stonatura che rompe l’irrigidimentata sinfonia del potere che, diffusa ai quattro angoli del pianeta, non può assolutamente permettere e tollerare variazioni di sorta.

E che il loro intento sia quello di poter continuare a comandare ed a sfruttare gli individui con arroganza e tracotanza – e di conseguenza impedire e stroncare qualsiasi pensiero di cambiamento, che possa eventualmente portare ad un elevamento della dignità e consapevolezza umana in chi nulla ha da sperare da questa greve ed inquinata società – lo hanno candidamente dichiarato gli stessi sciocchi funzionari del Leviatano, quando nel corso della conferenza stampa in cui esponevano i brillanti risultati della notturna operazione appena conclusa, tra le altre stramberie affermavano, con sdegno e sgomento rivelatore, che senza dubbio l’anarchico Gaetano Bresci era un pericoloso – ed evidentemente più che mai attuale – simbolo negativo, perché col suo gesto – l’uccisione del Re d’Italia Umberto I avvenuta a Monza il 29 luglio del 1900 – aveva posto le condizioni – drizzate bene le orecchie! – per la fine della tirannide

Cos’altro può esserci di più esplicito di una simile affermazione che ammette e giustifica l’odierna esistenza – esattamente come 120 anni fa – di un regime che soffoca ed opprime le aspirazioni di libertà individuali e collettive? Perché le parole – lo ripetiamo – spesso spiegano e rivelano cose, schiarendo ed aprendo la mente di chi le legge o le ascolta, e quindi fanno tremendamente paura a chi vorrebbe continuare impunemente a sguazzare nell’oro a discapito di chi soffre e lavora.

Gin de la Ville

Ottone dei Castagni

Carrara, 12 novembre 2021

Fonte: ilrovescio.info