Lecco: Non lasciamo passare il lasciapassare

Non lasciamo passare il lasciapassare

Tra le più serie conseguenze dell’implementazione del green pass vi è la sua progettata imposizione in ogni ambito lavorativo: dal prossimo mese potrebbe diventare impossibile lavorare senza il vaccino o un tampone ogni due giorni. Lo sfruttamento del ricatto lavorativo per spingere alla vaccinazione è tra l’altro reso possibile dalla creazione negli anni passati di un cospicuo serbatoio di lavoratori precari, che un tempo si sarebbero chiamati esercito industriale di riserva, pronti ora a prendere il posto di coloro che rifiutano il ricatto del green pass. Ancora una volta, la gestione della pandemia si intreccia perfettamente con le dinamiche del sistema capitalista. Verrebbe da chiedersi dove siano ora le conquiste a cui le lotte operaie hanno portato in passato (ad esempio in termini di riservatezza dei dati sulla propria salute). Ancora una volta, i sindacati confederali si piegano supinamente alla salvaguardia della produttività e al controllo dei lavoratori.

II fatto che il green pass rappresenti un’odiosa forma di controllo, non solo in ambito lavorativo, è sufficiente per opporvisi con tutte le proprie forze: un certificato che limita la libertà di un individuo di spostarsi, partecipare a momenti di incontro, finanche di intessere relazioni sociali, dovrebbe preoccupare chiunque, a prescindere da quali anticorpi gli circolino nel sangue. Ugualmente preoccupante dovrebbe apparire la mole di dati che in questo modo vengono raccolti dallo stato su condizione di salute, spostamenti, frequentazioni: un ulteriore passo, perfettamente inserito nei processi di digitalizzazione delle nostre vite, che non potrà che potenziare l’occhio del grande fratello. È anche evidente che tutte le difficoltà poste dal non avere un green pass “a lunga scadenza” rappresentano di fatto un potente strumento di ricatto verso chi non vuole vaccinarsi. Ne consegue che la certificazione, in quanto quasi-obbligo di vaccinazione, costituisce un attacco diretto alla libertà di scelta di ogni individuo sul proprio corpo.

Già di per sè, imporre una “cura” universale non può che far riflettere. Ma al di là delle posizioni personali sull’accettazione o meno del “vaccino anti-covid”, la scelta del se e come curarsi o trattarsi per prevenire una possibile malattia pertiene ad ogni individuo e non può essere forzatamente limitata dai presunti bisogni della collettività. Infatti, questa sperimentazione globale di massa a cui stiamo assistendo cerca di far leva sul sentimento di altruismo verso l’altro, induce a vaccinarsi con la promessa di proteggere i più deboli. Gli Stati più potenti hanno scelto di inoculare il vaccino come soluzione totale, abbandonando altre strade, possibili…ma meno redditizie dal punto di vista sia economico che politico. Quindi da una parte si smantella sempre più velocemente il sistema sanitario di prossimità, dall’altro si offre la soluzione della pozione magica da assumere senza neanche conoscerne la reale efficacia. Tutto ciò è sostenuto dalla comunicazione di massa, così martellante e univoca da riuscire a intaccare le menti di individui sempre più alienati e in preda al panico.

Per questi motivi, l’opposizione al green pass è innanzi tutto politica, in quanto lotta che si oppone all’introduzione di un nuovo documento da esibire, all’ennesimo strumento di controllo e catalogazione a cui tutti siamo sottoposti. In quanto anarchici, sappiamo bene che quanto sta accadendo non è poi così inverosimile nel sistema di governo attuale. La democrazia, e lo diciamo da oltre un secolo, è un sistema di potere, e in quanto tale non può che favorire l’interesse di alcuni contro l’interesse di altri. Quindi l’attuale gestione della pandemia non ci appare come una “dittatura sanitaria”, bensì come un’ottima “democrazia sanitaria”. Mentre certi regimi autoritari avrebbero fatto ben altro per obbligare a vaccinarsi, l’attuale versione apparentemente soft, ma molto più pericolosa, ci vuole convincere a farlo, un po’ con il bastone e un po’ con la carota. Perché spingere un’altra persona giù da un dirupo quando puoi riuscire a convincerlo che è la scelta migliore per lui! Per non parlare degli strascichi che questa modalità lascerà, come l’abitudine al controllo, alla delazione, all’ingerenza nel privato altrui… Siamo convinti che ci siano altre possibilità di organizzare l’esistente per ottenere una reale libertà per tutti e tutte, e questa pandemia non ha fatto altro che rafforzare i nostri pensieri.

Alcune settimane orsono, in seguito alla delazione di qualche zelante cittadino, due persone sono state fermate mentre affiggevano a Lecco manifesti che da un lato incitavano a lottare contro l’imposizione del green pass e il controllo che ne consegue, dall’altro ponevano dei legittimi dubbi sulla natura dei vaccini e gli interessi delle multinazionali farmaceutiche. In seguito a questo fermo, sono state accusate di “diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Ebbene non possiamo che schierarci al fianco di chi lotta mettendosi in gioco in prima persona ed esprimere loro la nostra totale solidarietà per diversi motivi. Perché il messaggio veicolato da quei manifesti non pare affatto falso o, in ogni caso, può e deve essere discusso; perché il metodo dell’attacchinaggio negli spazi scelti, senza permessi e senza paranoie, ci appartiene; perché, infine, non possiamo che gioire del fatto che tali notizie possano turbare l’ordine pubblico!

I manifesti sui muri, la presenza in piazza, l’esprimere opinioni altre da ciò che vogliono far passare come verità assoluta, è un ottimo inizio.
Come fare però ora a trovare quella capacità conflittuale da concretizzare per fermare questo mondo alla rovina?
Ad ognuno ed ognuna l’arduo compito di inventarsi nuove strade da percorrere!
Contro ogni dittatura, contro ogni democrazia (sanitaria o meno)!

Anarchici e anarchiche       

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Fonte: ilrovescio