La rivolta continua imperterrita

«Siamo completamente sopraffatti, è come un’invasione straniera,
extraterrestre, non so come dire, e non siamo attrezzati per combatterli»
Cecilia Morel, moglie del presidente Piñera, 21 ottobre 2019

Oltre i simboli. Venerdì 8 novembre a Santiago durante la manifestazione di 75/100.000 persone, l’edificio storico dell’Università privata Pedro de Valdivia chiamato Casa Schneider e risalente al 1924 è stato saccheggiato e bruciato (cinque arrestati, di cui uno in custodia preventiva e 970.000 euro di danni); la chiesa di La Asuncion (1876) è stata saccheggiata, con i suoi mobili (dalle panche ai confessionali) e i suoi maestosi feticci che alimentavano le barricate incendiate; anche la vicina ambasciata argentina è stata attaccata a Santiago dopo che i manifestanti sono riusciti ad attraversarne i cancelli, entrare nel giardino e lanciare pietre contro le finestre prima di andarsene indisturbati. Lo stesso giorno in tutto il territorio fino a sera, sono andati in fumo anche i caselli El Paico a Talagante; ha subìto la stessa sorte il salone d’ingresso del Ministero edilizia e urbanistica a Orsono (distruzione di mobili, computer e archivi); la sede della compagnia elettrica CGE, un tribunale, la tesoreria e l’università di tecnologia (Inacap) saccheggiati e incendiati a Copiapó; i locali della compagnia aerea Latam, la compagnia elettrica Saesa, una succursale bancaria Itaú devastati a Puerto Montt, per non parlare della Corte d’appello che perso tutte le finestre e dell’istituto linguistico Tromwell che è stato saccheggiato. Sono stati attaccati sette edifici fra commissariati e caserme, tra cui la Dipolcar (i servizi di intelligence dei carabinieri) del 54° commissariato di Huechuraba, il 10° a La Cisterna e quello di Quillota (oltre alla tesoreria e alla prefettura regionale). Oltre ai relativi saccheggi, da annotare gli attacchi distruttivi della prefettura regionale di Coyahique, di un tribunale e una Casa del Diritto a Viña del Mar, di un collegio ad Arica (circa quindici minorenni arrestati), e dei municipi di Puerto Varas e Loncoche.

Zona Mapuche. Lunedì 4 novembre a Valvidia, circa 200 persone hanno sbullonato il busto del conquistatore spagnolo Pedro de Valdivia, quindi lo hanno appeso a un ponte, mentre il 2 novembre a Cañete sia quello di Pedro de Valdivia che quello di García Hurtado de Mendoza sono finiti a terra a faccia in giù durante una manifestazione di 500 persone; e il primo novembre ad Arica, ignoti hanno mandato in frantumi la storica statua di Cristoforo Colombo, eretta nel 1910. Lo stesso giorno a Labranza (Temuco), tre camion e una ruspa di una società di costruzioni sono andati in fumo, mentre il 4 novembre a Contulmo tre camion di compagnie di legname sono bruciati sulla strada, dopo che i loro conducenti sono stati costretti a scendere sotto la minaccia di armi da fuoco. Alla fine, benché sugli striscioni dei manifestanti campeggino slogan come «Non sono 30 pesos. Sono 500 anni», diversi rappresentanti della comunità mapuche hanno accettato il processo di revisione della Costituzione cilena pur di ottenere un posto al sole.

Concepción. In questa città di 220.000 abitanti, che è uno dei focolai della rivolta, il Ministero dei Beni nazionali e la prefettura regionale hanno stimato il 7 novembre in 2000 metri quadrati la superficie delle strade disselciate e una decina di edifici dello Stato gravemente danneggiati dalla fine di ottobre per almeno 120.000 euro di danni, mentre 1365 persone sono state arrestate e accusate di saccheggio o distruzione. Se c’è un obiettivo particolarmente attaccato nel corso delle manifestazioni quotidiane, è la Caja de Compensación Los Andes, una torre per uffici di 15 piani che ospita molte aziende e istituzioni. Oltre alle numerose finestre rotte, il secondo e il terzo piano erano già stati bruciati e il 2 novembre anche gli ultimi piani sono andati in fumo, insieme agli uffici del servizio elettorale (Servel). Tra gli attacchi della settimana, il 7 novembre la sede locale del partito al potere UDI dei fratello e sorella (deputato e senatore) Van Rysselberghe è stata incendiata dopo essere stata saccheggiata; lo stesso giorno, c’è stato il saccheggio del grande magazzino Kamadi ad opera di una cinquantina di persone che in pieno giorno ne hanno svuotato le casse e gli scaffali; il giorno prima, il 6 novembre, nel bel mezzo di duri scontri, nuovamente prese di mira due farmacie del centro (Ahumada e Cruz Verde); il 5 novembre saccheggiati un’agenzia del Banco Edwards, un Western Union e un negozio Claro. In certi giorni si sono visti da 11 a 17 focolai simultanei di scontri in città, che hanno messo a dura prova gli interventi dei carabinieri. Infine, segnaliamo che anche la periferia di Concepción è stata interessata, così come Coronel, dove la notte dell’8 novembre è stato saccheggiato il centro commerciale Paseo Montt.

Indietro. Al ritorno dalle vacanze di Ognissanti e mentre si avvicina la fine dell’anno (le stagioni sono invertite in Cile e l’estate si avvicina), il movimento dei liceali si sta mobilitando in un modo specifico per fermare le lezioni e rifiutare un ritorno alla normalità. Otto licei della regione di Chiloé sono in sciopero, cinque dei quali occupati; alcuni rimasti aperti sono stati attaccati a Puerto Montt; il liceo commerciale di Los Ángeles (regione del Bío Bío) è stato occupato per sostenere il movimento di rivolta; nel corso del tentativo di occupare il liceo femminile Teresa Prats a Santiago martedì 5 novembre, i carabinieri entrati su chiamata del direttore hanno ferito due studenti di 16 e 17 anni con proiettili; e tutti gli altri sono stati immediatamente chiusi dalle autorità municipali ad Antofagasta, Calama, Copiapó, Los Andes, Valparaíso, Puente Alto, Renca, La Florida, Coronel e Punta Arenas.

Quartieri bene. Mercoledì 6 novembre, i messaggi pubblicati sui social network, incitavano a portare la rivolta non più in Plaza Italia, ma direttamente nei ricchi quartieri di Santiago. Centinaia di persone si sono così date appuntamento vicino al Costanera Center, il più grande centro commerciale del Sud America. Bloccati dalla polizia, i manifestanti si sono sparpagliati in varie zone dal quartiere di Providencia a quello di Las Condes, l’ingresso del settore finanziario e delle aree più ricche della capitale. In particolare, una farmacia Ahumada, un supermercato Líder Express, la sede della cassa pensioni AFP Provida, un McDonald’s e due filiali bancarie sono state saccheggiate in mezzo agli scontri con gli sbirri (per non parlare delle vetrine spaccate), mentre un manifestante riusciva a salire su un cannone ad acqua dei carabinieri (Guanaco) neutralizzandolo, e altri si arrampicavano sugli alberi distruggendo le telecamere a circuito chiuso. Durante questa importante rivolta selvaggia in cui gli anarchici non si sono tirati indietro, sono stati attaccati altri obiettivi scelti: la sede nazionale del partito UDI situato a Providencia, i cui deputati e senatori partecipano alla coalizione di destra di Piñera è stata devastata all’interno e i mobili e computer sono serviti da barricata all’esterno. Quella del partito RN (Renovación Nacional) di Piñera protetta in tutta fretta è stata saccheggiata, e il Mémorial Jaime Guzmán, situato non lontano da Las Condes, è stato saccheggiato. Jaime Guzmán non è stato solo il fondatore dell’UDI (Unione Democratica Indipendente) che ha presieduto dal 1983 al 1989 sotto la dittatura, ma anche un teorico che nel 1970 ha partecipato alla fondazione dell’estrema destra paramilitare Patria y Libertad, finanziata dalla CIA, e che ha integrato il governo della giunta militare nel 1973, per il quale ha redatto la Costituzione del 1980. Poco prima d’essere assassinato dai rivoluzionari nel 1991, aveva dichiarato ad un grosso giornale «Io mi proclamo con grande onore un pinochettista». Trenta anni dopo, molti non hanno dimenticato, e il ritratto di quel fascista eretto come martire dai suoi fedeli ora giace in mezzo ai vetri rotti del suo sinistro Mémorial. A cerchiate ed altre scritte sono state lasciate sul posto durante questi attacchi mirati. Di fronte a tali incursioni tra i ricchi, lo spaventato sindaco di Providencia non poteva che rilasciare un laconico: «Stiamo vivendo un livello di violenza e distruzione mai visto prima nel centro della capitale», senza contare che nel corso della stessa notte (dal 6 al 7 novembre), anche gli uffici dello stato civile e il McDonald’s a Providencia, nonché i locali del ristorante per radical-chic Fuente Chilena situato poco lontano sono andati interamente in fumo.

Infine, tra gli attacchi incendiari dei giorni precedenti nella Grande Santiago, possiamo menzionare l’ipermercato Central Mayorista a San Bernardo il 5 novembre (interamente distrutto da un incendio e già saccheggiato) o il supermercato Santa Isabel a Conchalí il 6 novembre (precedentemente saccheggiato, e questa volta incendiato). Il comandante dei vigili del fuoco nella regione della capitale ha calcolato il numero di incendi: 1600 dall’inizio della rivolta, un centinaio dei quali particolarmente vasti, inclusi quelli nelle stazioni della metro.

Istituzioni. Oltre alla devastazione della sede nazionale dell’UDI e al lancio di pietre contro quella del RN (entrambi al potere) a Santiago il 6 novembre, altri locali sono stati distrutti negli ultimi giorni: il 2 novembre a Cañete, la permanenza del deputato dell’UDI Iván Norambuena; il 7 a Concepción la sede dell’UDI di cui abbiamo già parlato; il 31 ottobre a Castro (Chiloé) la prefettura regionale (Gobernación) e il municipio; lo stesso giorno ad Angol la casa del sindaco è stata fatta oggetto di lanci di pietre; mentre ad Iquique una delle porte laterali della Cattedrale è stata incendiata poco dopo la mezzanotte, e solo il pronto intervento dei vigili del fuoco è riuscito a prevenire ingenti danni; il primo novembre a Viña del Mar, nel distretto di Reñaca Alto, la casa di un sottufficiale dei Carabineros è stata colpita con pietre, uova e bottiglie. Per descrivere la crescente tensione contro il partito del presidente Piñera, RN, costui è stato costretto per motivi di sicurezza a cancellare sine die un incontro politico nazionale con funzionari e dirigenti eletti indetto per sabato 9 novembre nella sua sede a Santiago. Concentrare il maggior numero di leader del partito al potere nello stesso luogo avrebbe infatti creato una grande opportunità per gli arrabbiati; è l’ennesimo vertice che salta in Cile, dopo quello dell’APEC di novembre e la COP 25 dell’ONU sul clima di dicembre; per non parlare sul lato calcistico dell’annullamento dell’amichevole della selezione cilena contro la Bolivia il 15 novembre, o della finale della Copa Libertadores, competizione di tutte le squadre sudamericane, tra le finaliste argentina e brasiliana River Plate e Flamengo, alla fine spostata al 23 novembre in Perù.

Terrorismo di Stato. Giovedì 7 novembre, il presidente Sebastian Piñera ha annunciato un pacchetto di leggi sulla sicurezza che inasprisce le pene detentive: una «legge anti-saccheggio» («furti commessi approfittando della folla»), un’altra relativa alle persone travisate («circostanza aggravante durante i turbamenti dell’ordine pubblico»), un’altra contro chi erige barricate («intralcio all’ordine pubblico con impedimento della circolazione»), nonché la creazione di una squadra giudiziaria incaricata di perseguire gli autori di disordini, di uno statuto speciale per proteggere gli agenti di polizia, il rafforzamento dei «mezzi aerei» dei carabinieri e di droni e la «modernizzazione» del sistema di intelligence. Lo stesso giorno, ha anche riunito il Consiglio superiore creato sotto Pinochet che interviene quando è in gioco la sicurezza nazionale del paese, il Consejo de Seguridad Nacional (Cosena), le cui precedenti convocazioni eccezionali nel 2005 e nel 2014 erano dovute alla lite di confine col Perù sull’accesso al mare. Le decisioni prese durante questo Cosena (che riunisce il capo di Stato, i presidenti del Senato, dell’Assemblea nazionale e della Corte suprema coi comandanti in capo dei quattro corpi militari e dei carabinieri) sono tenute segrete, ma senza dubbio sono dirette ad ampliare un piano contro-insurrezionale di fronte a una rivolta che dura da tre settimane e che continua ad acuirsi. Il ministro degli Interni Blumel, ad esempio, ha dichiarato all’uscita dal Cosena che l’obiettivo delle forze armate è ormai (dopo lo stato di emergenza col coprifuoco della prima settimana) di concentrarsi sul suo ruolo di intelligence…

Terrorismo di stato – bis. Tra le centinaia di persone incarcerate per gli incendi, i saccheggi e le devastazioni, le autorità ne presentano regolarmente alcune. Ad esempio, c’è un insegnante di matematica in un carcere di massima sicurezza che è stato accusato di aver distrutto tornelli e obliteratrici alla stazione della metropolitana San Joaquin il 17 ottobre; ma anche altri tre incarcerati del Movimiento Juvenil Lautaro e accusati di aver eretto il 30 aprile delle barricate incendiate su una linea ferroviaria a Pedro Aguirre Cerda (Santiago); così come un ragazzo di 16 anni accusato dell’incendio della stazione della metropolitana Pedrero il 18 ottobre (mentre è perfino sospettato di avervi partecipato l’intero gruppo di sostenitori del club di Colo-Colo, il Garra Blanca) e un altro di 33 anni è accusato di aver dato fuoco alla stazione della metropolitana La Granja il 18 ottobre (entrambi sono in custodia preventiva dall’8 novembre); un diciannovenne è accusato dell’incendio di una banca a Copiapó il 29 ottobre; o un altro di quello del municipio di Quilpué lo stesso giorno. Tutti sono sottoposti allo statuto della Ley de Seguridad Interior del Estado. Infine, il 6 novembre due uomini di 20 e 27 anni sono stati posti in custodia preventiva accusati dell’incendio di un casello a San Fernando; mentre la sera del 7 novembre, l’unico soldato (su 10.000 impegnati in questa operazione) che ha rifiutato di partecipare alla repressione durante lo stato di emergenza non accettando di imbracciare il suo fucile, è stato rilasciato dalla Corte suprema sotto la pressione della strada; e per finire, l’8 novembre una donna di 26 anni è stata arrestata a Puerto Montt per tentato incendio della cattedrale (sarà domenica 10 davanti al giudice), e lo stesso giorno un diciannovenne è stato accusato dell’incendio dell’Università Pedro Valvidia di Santiago.

Terrorismo di stato – ter. L’8 novembre, l’oftalmologo e vicepresidente del Colegio Médico Patricio Meza ha lanciato un allarme sanitario nazionale per denunciare il terribile «record mondiale» di occhi bucati dagli sbirri. Ha precisato che dal 19 ottobre al 7 novembre, l’unità specializzata in traumi oculari presso l’Ospedale Salvador di Santiago ha registrato 149 casi gravi provocati da proiettili di gomma e granate di gas lacrimogeno, oltre a 42 in altri ospedali e cliniche, almeno 190 in totale: «Non sappiamo cosa fare da un punto di vista sanitario. Al momento sappiamo che la media è di 10 nuovi pazienti che si presentano con gravi lesioni oculari ogni giorno, ma si continua ad utilizzare ciò che provoca tali danni. Si stanno superando tutti gli indicatori a livello mondiale, in tutta la storia. Abbiamo più lesioni agli occhi in Cile che in Israele, in Palestina, ad Hong Kong, in Francia, ecc.». L’ultimo ferito è un giovane studente di 21 anni, che ha perso l’uso di entrambi gli occhi venerdì 8 novembre in Piazza Italia a Santiago intorno alle 18 dopo essere stato colpito in pieno viso dai proiettili dei carabinieri e la cui operazione di emergenza effettuata nella notte alla clinica Santa María ha cercato disperatamente di salvare almeno una visione parziale di uno dei due. Secondo le ultime cifre date dall’NHRI l’8 novembre, e che sono il minimo ufficiale, dal 17 ottobre sono quasi 5.500 gli arrestati, 1.915 i feriti (di cui 42 con “munizioni vive” e mille con proiettili di gomma o piombo) ricoverati in ospedale, mentre l’Instituto Nacional de Derechos Humanos, che funge da facciata garantista per lo Stato cileno, ha denunciato 171 casi di tortura e 52 casi di violenza sessuale da parte della polizia. A ciascuno di noi immaginare come moltiplicare queste cifre per avere un’idea della realtà…

Pollo alla griglia. Il 6 novembre a Renca, un quartiere popolare nel nord di Santiago, il 7° commissariato viene attaccato con pietre e molotov da un piccolo gruppo, mandando cinque poliziotti all’ospedale. Lunedì 4 novembre, mentre un corteo tenta di avvicinarsi al palazzo presidenziale di La Moneda, i carabinieri usano lacrimogeni e cannoni ad acqua contro la folla. È allora che alcune molotov ne centrano alcuni, mandandone due in ospedale (ustioni di terzo grado).

Estremismo. Intervistato martedì 5 novembre dalla BBC, il capo di Stato, in silenzio da diversi giorni, ha escluso la possibilità di dimissioni: «Andrò fino alla fine del mio mandato. Sono stato eletto democraticamente, bla bla bla» e, in una seconda intervista data a Meganoticias, ha precisato di non voler concedere le briciole supplementari reclamate dai riformisti (no al salario minimo di 500.000 pesos, no alle 40 ore di lavoro a settimana, no al trasporto gratuito per studenti e pensionati, nessuna abrogazione dei pedaggi autostradali). L’attuale presidente del Cile, Sebastian Piñera, 69 anni, è uno degli uomini più ricchi del paese, dopo aver fatto fortuna durante la dittatura. La sua ricchezza è stimata in 2,7 miliardi di dollari secondo Forbes (che nel 2013 lo classificava 589° uomo più ricco del mondo), in un paese in cui il salario minimo è di 301.000 pesos (375 euro). In un rapporto pubblicato nel 2018, le Nazioni Unite hanno stimato che il 10% più ricco del Cile possieda oltre i due terzi della ricchezza della nazione.

Politicanti. Accanto ai cabildos abiertos (forum e assemblee aperte di quartiere) già menzionati qui dove tutta la sinistra cittadinista organizza laboratori di riscrittura di una nuova legge suprema, l’Asociación Chilena de Municipalidades (AChM) presieduta dal sindaco RN di Puente Alto ha indetto un referendum per il 7 e l’8 dicembre in 330 comuni sullo stesso argomento. Avendo finalmente preso la mano tesa dalla sinistra per cercare di trovare un diversivo alla rivolta, anche Piñera ha annunciato di essere disposto a rivedere la Costituzione e che un progetto di legge sull’argomento sta per essere redatto con urgenza. Ora che il Gran Dibattito alla Macron di Piñera è stato silurato dai forum dal basso e dai prossimi referendum dei comuni, lo sprint tra i politici di ogni genere per cercare di riportare una rivolta autonoma nell’alveo delle istituzioni, accelera.

Senza fede né legge. In Cile, la rivolta sembra destinata a durare per la quarta settimana consecutiva, ancora autonoma e senza leader né partiti in grado di inquadrarla e controllarla. Essa continua ad essere caratterizzata da duri scontri punteggiati da riappropriazioni e attacchi distruttivi nelle ​​strade, anche se cominciano ad apparire alcuni inizi di occupazione di licei. In questa lotta, le compagne e i compagni anarchici non stanno in disparte, al punto che persino Piñera è stato costretto a cominciare a parlarne ufficialmente in una lunga intervista (El Pais, l’11/9): «In questa ondata di violenza partecipano gruppi altamente organizzati che ancora non conoscevamo in Cile, a cui si aggiunge la criminalità tradizionale, i trafficanti di droga, gli anarchici e molti altri. Essi hanno dimostrato la volontà di distruggere tutto senza rispettare niente e nessuno. Hanno bruciato e distrutto metà delle stazioni del nostro sistema di trasporto sotterraneo, vandalizzato oltre 2800 autobus, incendiato centinaia di supermercati, esercizi commerciali, piccoli negozi. Senza pietà, senza alcun riguardo per nulla, identificheremo questi gruppi, li processeremo e risponderanno dei loro crimini». Ciò che una mente così ristretta come quella di un autoritario a capo di uno Stato che vede il mondo a propria immagine e somiglianza non può ovviamente capire, è che la vastità della rivolta in Cile non è collegata a un gruppo o all’altro, ma a qualcosa di molto più profondo: la sete di libertà. Una libertà condivisa che non potrà che passare sul cadavere del dominio — dalle chiese ai partiti, dall’economia alla politica, passando attraverso il patriarcato — per liberarsi dalle catene dell’esistente. Una libertà contagiosa che può avanzare solo distruggendo tutto ciò che costituisce la miseria della nostra vita, attraverso un negativo da cui possa sorgere qualcosa di completamente diverso. E, certo, senza pietà e senza riguardo per l’attuale ordine che ci schiaccia.

Fonte: Finimondo