La necessità di distruggere la tecnologia

(…) Tutto il bagaglio di tecnologie di base oggi impiegato in tutti i campi del vivere sociale, proviene dalla ricerca militare. Il suo uso civile ubbidisce a questa logica molto più di quanto non possiamo capire immediatamente. Infatti, tutto quello che siamo riusciti ad evidenziare è stata la messa in pratica di un preciso e scientifico progetto autoritario gerarchico nel modo di organizzarsi, mentre sarebbe stato più importante capire i meccanismi inconsci che a livello di massa consentono al potere di superare l’immediato rifiuto iniziale, da parte della gente, per arrivare poi, ad un vero e proprio sostegno.

Il comando cibernetico è contestato da pochi, anzi la tendenza generale è quella della inevitabile accettazione. Cosa questa che porta a considerarlo indispensabile e quindi socialmente utile.

Chi indica le ragioni di una totale distruzione degli apparati tecnologici prodotti dal capitale, passa per un irrazionale ed irresponsabile che vorrebbe portare la civiltà indietro fino all’età della pietra.

Ma, riflettendo, ci accorgiamo dell’infondatezza di queste affermazioni che fanno il gioco di coloro che sostengono le logiche del dominio. La tecnologia attuale è, in realtà, il risultato pratico di una forma di conoscenza maturata nel corso dello sviluppo industriale dei processi produttivi del capitale. Essa non è costituita da un bagaglio di pratiche applicate in forma neutrale alla struttura sociale, dato che a motivarla è pur sempre la logica di potere di coloro che sostengono lo sviluppo della società. La preoccupazione di salvaguardare alcune tecnologie rispetto ad altre diventa un modo preciso per ostacolare il processo di distruzione totale dell’intero assetto produttivo del dominio. In più, porta, fin da adesso, a porre limiti alla propria azione rivoluzionaria, oltre ad intrattenere un rapporto sociale ambiguo con le strutture del dominio. Quindi, coloro che, pur affermando di essere rivoluzionari, sostengono la necessità di salvaguardare una parte della tecnologia prodotta dal capitale, non vedono che in questa posizione danno una mano ai riformisti dichiarati, i quali, più coerentemente, sostengono una modificazione continua di tutti gli organismi del potere in modo che il sistema risulti sempre funzionale ed aderente alle nuove esigenze di dominio e ai cambiamenti della società.

Il nostro progetto radicale e totale di distruzione della tecnologia dovrà certo calarsi all’interno del processo rivoluzionario ma, fin da adesso, manifesta il fatto positivo di non porre alcun limite a priori al corso dello stesso processo rivoluzionario, né di ipotecarlo all’interno delle nostre attualmente limitate conoscenze.

Con ciò vogliamo evitare di cadere nel pregiudizio che per risolvere i problemi di una rivoluzione sociale contemporanea basti il semplice ricorso al bagaglio di conoscenze attualmente acquisito. Siamo contro coloro che manifestano una rassicurante certezza del genere considerando conclusive le attuali conoscenze.

Per come stanno adesso le cose, i cosiddetti scienziati che studiano l’intelligenza artificiale o, più genericamente, l’applicazione delle attuali tecnologie ad altri campi del sapere, in realtà sono operai della scienza. Possiedono una altissima specializzazione in un dato campo scientifico, ma, la maggior parte di loro, ignora cosa succede negli altri settori della ricerca, per non parlare della realtà sociale che spesso trascurano completamente vivendo nel clima asettico ed ovattato dei loro laboratori.

Non dobbiamo dimenticare che i ragionamenti di questi operai della scienza somigliano molto alle macchine che progettano, dato che applicano la logica binaria e sono sostanzialmente incapaci di pensare al di fuori di questo schema. Non sono ragionamenti creativi, non possono apportare alcuno sviluppo del pensiero in nessun campo del sapere. Solo la nostra ignoranza ce li fa considerare come cervelloni. Argomento che andrebbe approfondito per rendersi conto del fatto che costoro costituiscono la nuova classe intermedia prodotta dalla rivoluzione tecnologia.

Il nostro spingere verso un rifiuto conoscitivo dell’intero bagaglio tecnologico è un modo concreto di porsi il problema di ostacolare lo sviluppo produttivo del capitale.

La nostra ricerca di un radicale cambiamento sociale ci ha fatto riflettere sul fatto che, anche in campo scientifico, le più grandi scoperte l’uomo le ha fatte proprio nel momento in cui il principio di autorità è risultato assente o vacillante a tutti i livelli nella società costituita, come è accaduto al principio di questo secolo. Non si può essere rivoluzionari solo in rapporto ad una struttura sociale che non si accetta, ma bisogna esserlo in tutti i campi, compreso quello scientifico, visto che il compito che si vuole assolvere è quello della radicale distruzione dell’ordine dominante che ha radici ovunque e, di conseguenza, va attaccato ovunque. Il solo atteggiamento da tenere nei riguardi dei padroni della scienza, è quello di scorgere, in prospettiva, cosa nascondono dietro le cose più innocue ed umanitarie che, di volta in volta, presentano al grande pubblico di profani che si limita ad ascoltare stupefatto. Questo riveste per noi una grande importanza, dato che siamo abituati quasi sempre ad accorgerci solo delle cose più vistose e superficiali che ci circondano.

I padroni, i governanti e i loro servitori si preoccupano molto di evidenziare certe cose, quel tanto che basta per catturare la nostra innata curiosità, spingendoci a guardare verso tutto quello che, in realtà, non riveste concreta importanza. In questo modo ci fanno tralasciare le cose più importanti che vanno poi realizzate a nostra insaputa, sulla nostra pelle.

Non dobbiamo sottovalutare l’intelligenza del nostro nemico, se no si finisce per andare incontro ad amare disillusioni, come è accaduto in un recente passato. Lo scopo di chi domina è quello di impiegare tutti gli strumenti che l’attuale conoscenza scientifica offre, non certo per liberare o alleviare la sofferenza dell’umanità ma per farla continuare a soggiacere dentro gli attuali rapporti di dominazione, che di volta in volta vengono modificati. Il capitale e lo Stato si trovano costretti a questa incessante modificazione proprio a seguito delle lotte che i proletari sostengono giornalmente contro di loro. Comunque, nonostante le grandi ricchezze che vengono devolute ogni giorno in questo attacco contro i proletari, la cosa è sempre più difficile e problematica, perché in fondo, basta poco a chi si rivolta per mandare a catafascio tutti i progetti di una gestione indolore del dominio.

I rivoluzionari partono da questo impercettibile vantaggio nell’attaccare il capitale e lo Stato, una volta però che manifestino l’intenzione di volerli distruggere radicalmente, sulle basi di una lotta sociale globale la quale, per sua natura, non riconosce alcun limite, né tende né vuole concedere al nemico alcuna tregua. Qui stanno racchiuse le ragioni rivoluzionarie del perché bisogna distruggere l’intero apparato tecnologico, al di là dell’uso che molti pensano di farne in futuro.

Tutto questo per evitare che la lotta sociale rivoluzionaria cada nella trappola tesa dai radical -riformisti, i quali, della distruzione parziale delle strutture di dominio, hanno fatto il punto di partenza della ristrutturazione.

Siamo quindi contro coloro che sostengono la critica politica, anche nel campo della scienza, poiché tale critica cerca sempre di ridurre le ragioni di un’opposizione radicale ad una semplice questione di dettaglio riguardante certe scelte operative. Così facendo, i sostenitori della critica politica cercano un aggiustamento e un accordo col nemico di classe che si dimostra intelligentemente disposto a modificare formalmente la propria posizione, e ciò allo scopo di ricostruire un nuovo e più razionale consenso attorno alle istituzioni minacciate.

Nessun feticcio deve albergare nelle nostre menti. Se abbiamo avuto la forza di costruirci mille catene, possiamo avere anche quella di spezzarle. Dipende da noi e dalla convinzione  che avremo di spingerci coerentemente oltre le barriere dei pregiudizi e dei tabù, costituiti a tutti i livelli. (…)

L’ottusità dell’essere sempre disposti a ricominciare sta nelle ragioni di chi non ha mai smesso di farlo, nemmeno nei momenti più bui, cosciente che senza sogni da realizzare o avventure esistenziali da percorrere, da solo o insieme ad altri, non si riuscirebbe a vivere ma solo a vegetare.

Pierleone Porcu, Viaggio nell’occhio del ciclone, Ed. Anarchismo, Opuscoli provvisori

Pubblicato su “Anarchismo” n. 56, marzo 1987, pag 20-45

Fonte: disordine.noblogs.org