La democrazia è l’altra faccia del fascismo

Riceviamo e diffondiamo:

LA DEMOCRAZIA È L’ALTRA FACCIA DEL FASCISMO

Da due anni viviamo in uno stato di emergenza senza fine, a seguito dell’avanzata di un virus che si è trasformato in una pandemia mondiale. Prima o poi doveva accadere in un mondo globalizzato e capitalista che per mero profitto distrugge l’ambiente naturale, dove merci e persone si spostano in poco tempo da un capo all’altro del pianeta (e solo i poveri vengono respinti alle frontiere) e dove più della metà della popolazione mondiale vive ammassata in città mega-urbanizzate.

L’emergenza proclamata è però stata adoperata dallo Stato non per mettere mano al comparto sanitario, falcidiato dai continui tagli che i governi hanno operato negli anni e che hanno causato tante morti evitabili (non soltanto per colpa del virus), ma al fine di accelerare tutti quei meccanismi autoritari e coercitivi di cui il regime democratico è capace.

Non stiamo parlando solo dell’obbligo vaccinale per alcune categorie (operatori sanitari, insegnanti, over 50) di cui molto ci sarebbe da discutere ma soprattutto del controllo sociale messo in campo, non ultimo lo strumento del Passaporto verde, che è comunque solo una tappa verso la corsa alla digitalizzazione forzata di tutti i dati che ci riguardano. Il controllo ed il commercio dei dati digitali, come sappiamo, è la nuova frontiera del “capitalismo della sorveglianza”, che attraverso la gestione dell’emergenza sta prendendo sempre più piede.

Dalle App di tracciamento alle telecamere a riconoscimento facciale, dall’internet delle cose fino all’intelligenza artificiale, la tecnologia al servizio dei padroni e degli Stati, che non nasce per semplificarci l’esistenza ma per sorvegliarci, sarà sempre più presente nelle nostre vite, ma è solo con la digitalizzazione dei dati e la loro trasmissione (5G, banda ultralarga) e interconnessione (domotica, smart-city) che questo sarà possibile. Non a caso il PNRR del governo Draghi, ossia il Recovery Found italiano finanziato con soldi europei, per grossa parte serve a convogliare cifre astronomiche verso le tecnologie di sorveglianza e l’ammodernamento digitale di tutti i comparti essenziali: scuola, lavoro, reti per le telecomunicazioni, mobilità e salute (con la telemedicina). Non è un caso nemmeno che il governo Draghi abbia reso più semplice per enti e istituzioni della pubblica amministrazione la raccolta e il trattamento dei dati personali, attraverso un articolo del Decreto Capienze che l’ottobre scorso ha abrogato l’articolo 2 del Codice sulla Privacy, riducendo anche il ruolo del Garante preposto alla protezione dei dati.

Per molta gente forse non è un problema che i propri dati siano usati da imprese private, multinazionali e istituzioni statali, attraverso una sorveglianza massiva. Si pensa ancora che, non facendo nulla di male, i propri dati non siano un segreto. Ma il controllo sociale non è mai qualcosa che riguarda solo la sfera delle libertà personali e della privacy; ci sono parecchi motivi per opporci alla digitalizzazione dei dati e a strumenti invasivi quali il Green pass, tra i più immediati: dalla facilità del datore di lavoro nel sorvegliare il proprio dipendente (e riders e dipendenti di Amazon ne sanno qualcosa!) a chi vivendo una situazione di illegalità forzata (vedi le persone migranti senza documenti) vede la sua vita continuamente minacciata dall’aumento dei dispositivi di controllo sempre più sofisticati. Non scordiamo poi la discriminazione di chi già oggi non ha accesso alle nuove tecnologie e cioè spesso le persone più povere della società, che vedono minato l’accesso a diritti e servizi sociali conquistati anni addietro al costo di dure lotte.

Noi non ci stupiamo che le istituzioni, anziché garantire a tutte le persone l’accesso ad eguali benefici, preferiscano spendere milioni di euro per i dispositivi di sorveglianza digitale, che automaticamente produrranno da una parte addomesticamento e dall’altra emarginazione sociale.

Nemmeno ci meravigliamo di sapere che le leggi possono essere ingiuste e intaccare la libertà delle poche o dei molti. La questione del Green pass oggi ha però assunto un interesse che, precedentemente, con altre tecnologie di sorveglianza non si era registrato. Questo accade perché persone prima bene integrate si ritrovano ora nella condizione di non potersi spostare liberamene su treni, autobus e negozi oppure di non poter lavorare o disporre di prestazioni basilari senza un certo documento… proprio come è sempre avvenuto per le persone migranti o per quelle più svantaggiate economicamente, a cui prima quasi mai dedicavano attenzione (e a cui magari continuano a non dedicarla).

Queste persone si ritrovano, insomma, esse stesse emarginate dalla “loro” società, e purtroppo è anche vero che ci sono tante persone egoiste (anche fra quelle che si reputano altruiste) che contribuiscono alle ingiustizie chiedendo sempre più regole e divieti contro qualche categoria che non sia la propria.

Ma attenzione! Non è questione di fascismo o democrazia: ogni Stato, da sempre, repubblicano, monarchico o fascista che fosse, ha scisso la società tra chi da una parte è integrato, con tutti i diritti garantiti, e chi dall’altra deve essere emarginato perché designato come nemico.

Per dividere la società il potere ci ha sempre ripetuto che, se non abbiamo nulla da nascondere, non dobbiamo temere che ci controlli, ma in realtà è proprio attraverso questo suo controllo che esso può operare la classificazione tra persone incluse ed escluse, integrate ed estromesse, premiate e punite.

Se è vero che le nostre vite ci appartengono e che nessun decisore politico o economico dovrebbe decretare cosa è giusto o sbagliato al posto nostro, il fatto che lo Stato o qualsiasi altra istituzione, che sia pubblica o privata, ci controlli sempre di più attraverso i dati personali non può portare a nulla di buono, oggi come sempre (e certo non è fonte di minori preoccupazioni il fatto che già siamo sottoposte ad una mole incredibile di documenti, certificati e, non da ultimo, strumenti tecnologici).

Detto questo, è per noi abbastanza inutile appellarsi continuamente alle libertà democratiche o alla costituzione tradita, e gridare “al fascismo!” perché in realtà chi governa ha sempre fatto i comodi propri in ogni epoca, a meno di essere ostacolato nei suoi propositi da rivolte e rivoluzioni sociali.

La cosa che ci deve far riflettere, semmai, è che alcune persone nei paesi occidentali, dopo essere passate in un istante dall’appartenere a categorie privilegiate all’essere additate come i nuovi capri espiatori, ripudiate dalla cosiddetta “società civile”, piuttosto che tendere ad un’autorganizza-zione solidale e orizzontale tra di loro, nel momento in cui hanno espresso la necessità di instaurare una lotta si sono affidate nuovamente, seppur non sempre, a “capipopolo” e loschi figuri. C’è gente che purtroppo crede acriticamente, quasi in un gesto di fede, a personaggi ambigui, spesso provenienti da aree sovraniste-identitarie facilmente riconducibili alla destra più radicale o al cattolicesimo reazionario. Cosa c’è di male? Dal nostro punto di vista tutto: ci deve ripugnare sia chi proviene dai partiti di governo (che sia la sinistra legalista-statalista o la destra liberista), sia coloro che apparentemente si oppongono al governo ma sostengono comunque soluzioni autoritarie e discriminanti del tutto similari (pensiamo per esempio ai razzisti che vogliono escludere le persone straniere o ai fondamentalisti religiosi che vogliono fare lo stesso con le persone gay e queer).

Una lotta che vuol essere efficace deve avere ben chiaro qual’è il nemico contro cui dirigere l’attacco, non oggi ma sempre: il principio di autorità, in tutte le sue variegate forme.

In più, poiché la tecnologia oggi non è più una scelta o solamente un privilegio ma diventa anche un’imposizione, dobbiamo al più presto riscoprire la solidarietà e la dimensione umana cercando di opporci all’alienazione e alle divisioni create artificiosamente dal potere tra la massa delle persone sfruttate. Prima lo capiremo e meno complicato sarà il lottare contro chi, dietro il paravento della scienza, o meglio dello scientismo, ci costringe a sottostare agli imperativi dello Stato, dell’economia capitalista e della tecnologia al loro servizio, che ai nostri tempi non libera di certo l’umanità dalla fatica del lavoro (come pensavano i positivisti nella metà del 1800) ma sembra incatenarla a nuove forme di schiavitù.

Non cerchiamo soluzioni dall’alto ma diamo vita a 10, 100, 1000 percorsi solidali e autogestiti dal basso!

Anarchiche e Anarchici dello Spazio Libertario “Sole e Baleno”
Subborgo Valzania 27, Cesena, Gennaio Duemilaventidue