“Facciamo finta che tutto va bene” – Uno scritto “al napalm” di Gianluca Iacovacci, prigioniero anarchico

Ripubblichiamo uno scritto di Gianluca Iacovacci, prigioniero anarchico, ai tempi della sua reclusione nel 2015.

FACCIAMO FINTA CHE TUTTO VA BENE… CHE VA TUTTO BENE…

Questo mio lungo scritto arriva con un ritardo dovuto a diverse ragioni che lo hanno tenuto a impolverare non solo in questa cella ma anche nella testa.

Per la seconda volta è stato sequestrato dalla polizia politica che ormai non ha neanche più l’interesse a restituire quello che spia e intercetta nella sua squallida routine.

A giugno 2014 decisi di pubblicare uno scritto sulla mia posizione di rifiuto del processo e della difesa legale e inerente soltanto a queste due cose, ma venne sequestrato dalla busta spedita che arrivò solo con la mia richiesta di pubblicazione, forse i contenuti al vetriolo non sono piaciuti ai tutori dell’ordine democratico.

In quel caso poi venni superficialmente avvisato dell’“inconveniente” dopo più di un mese, cosa che non mi portò molta allegria, e le immancabili critiche, “consigli” illuminanti e chiacchiere del salotto anarchico mi fecero desistere dal praticare un dialogo “pubblico”, ripiegando su quello diretto e privato rispetto alla mia posizione processuale, cosa che forse non è stata la migliore scelta.

Decisi poi di scrivere un secondo testo più complesso che sarebbe dovuto uscire entro fine 2014 ma per l’ennesima volta è svanito nelle nebbie della censura “non ufficiale”.

Ne ho approfittato per ampliarlo, aggiornarlo (lo si capisce in alcuni punti) e arricchirlo soprattutto per gli argomenti che vado a trattare e per evitare le solite furbesche svincolate dei più professionisti oratori del salotto di Movimento; purtroppo bisogna adeguarsi al loro livello di paraculaggine e furberie sulla dialettica.

Non vi nascondo di non essere certo un buon “Scrittore” (con la S maiuscola) e le fatiche che faccio nell’esternare i miei pensieri e contenuti, purtroppo non ho avuto la fortuna di poter stare molto sui banchi delle istituzioni scolastiche, visto che il pane sotto i denti prevalse sui libri sotto gli occhi.

So che probabilmente le mie parole verranno trasformate in semplici provocazioni o in torto assoluto dalla più professionale e intellettuale dialettica riformista di movimento, che si attiene al “pensiero unico” delle comuni ragionevolezze politiche di struttura collettiva.

Ma questo non importa, perchè le mie parole rappresentano prima di tutto me stesso e sapranno farsi valere di fronte alle chiacchiere e rispetto alla mia integrità individuale.

Le mie parole non sono indirizzate ai giudici né ai tribunali visto che ho rifiutato il processo, ho rifiutato avvocati e ogni funzionalità inquisitoria, istanze di difesa comprese, non accontenterò attese dichiarazioni romantiche che vanno per la maggiore.

Metto in chiaro che non ho alcuna “causa” o dovere impellente di smuovere o di svegliare un movimento che poco si muove se non a gregge, dove gli amplificatori e riflettori mediatici si accendono su “quello che passa la lotta”.

Non è questione di “fazioni” o “compartimenti stagni” come si usa dire ora e che a creare è proprio chi ha un’incomprensibile bisogno di etichettarsi anarchico-NOTAV/NOTAV-anarchico (?), ma di affinità e coerenza di pensiero e prassi (indivisibili) anarchiche e le mie sono certamente incompatibili e inconciliabili con linguaggi e politiche riformiste dei “movimenti nei movimenti”.

Perciò mi risparmierò i professionismi da dibattito romantico amorevole da “grande famiglia” visto che rispetto alle grandi famiglie sociali io sono orfano, da riformatorio e un figlio di nessuno che però si confronta e che condivide con chi non perde la bussola diretta alla liberazione totale, al sovvertimento totale del presente in maniera anarchica e con le idee anarchiche rivoluzionarie in tutte le sfumature ma non quelle riformiste.

Non mi sento quindi di contribuire, se lo faccio, al confronto in maniera a-critica e conciliante “per il bene collettivo” con un Movimento anarchico, o presunto tale, che francamente faccio fatica a distinguere da quello NOTAV (un movimento istituzionale cittadino) o da uno dei Diritti civili democratici, pieno di inerzie della politica di “sinistra anarchica”, vecchia e marcia sotto la bandiera del riformismo radicale e della lamentela sociale.

Certamente non sarò più molto conciliante e pacato visto che si blatera di “confronto” ma si intende quello a senso unico e del pensiero unico dato che quando criticai l’autoritarismo e gli effetti collaterali del “fronte NOTAV” sembrava di essere preso per il critico della fazione antisociale che impediva “l’imminente Rivoluzione” in Valsusistan, mentre l’unica cosa imminente era forse una serata polenta e salsicce (non violenta, naturalmente) a Bardonecchia…

Lo stesso potrei dire quando ho criticato e rifiutato certe politiche riformiste e vittimiste sui processi che, per quanto mi riguarda, da anarchici/che, almeno nel linguaggio, andrebbero affrontati in maniera anarchica, ritrovandomi a subire un altro “processo” con l’accusa di ostruzionismo alle politiche riformiste del Movimento Anarchico e alla generale rassegnazione vittimistica.

Rompo un mio lungo e irritato silenzio dopo diversi mesi, ma potrei dire quasi tutta la mia carcerazione, in cui francamente mi sono sentito marginalizzato ed estraneo non rispetto al “movimento anarchico” in cui metto in chiaro di non identificarmi, dato che non condivido omologazioni collettive-generalizzate, ma affinità, piuttosto nei confronti di un linguaggio e “mezzi” al ribasso con cui si affrontano la repressione, i processi e l’approccio alle lotte sempre più disastrosamente tendenti al riformismo.

Per il resto si sa come trionfino tendenze mediatiche, trend di lotta del momento, isterie collettive NOTAV e fuochi che bruciano più di altri…. le solite cose. Preferisco tenermi al margine, come sono sempre stato, rispetto alle pastoie da e con la società civile, ai compromessi social-popolari perfino – e questo è triste – nelle rivendicazioni di azioni dirette distruttive.

Scrivo a una sola testa e una sola mano però con il cuore, il pensiero e l’amicizia uniti a quelli di Adriano… E’ passato più di un anno ormai dal giorno del mio arresto e quello di Adriano (settembre 2013), tutt’ora ci troviamo reclusi separatamente in sezioni di Alta sicurezza in due carceri differenti (ndt- ora anche Gianluca si trova a Ferrara).

A marzo 2014 ci fu una breve udienza preliminare per decidere di fare un “rito abbreviato” al posto di uno “ordinario” semplicemente per non fare dibattimenti processuali (confronti, testimonianze, perizie ecc.) che personalmente non mi interessava sviluppare in tribunale.

In quella stessa breve udienza – l’unica a cui si è potuto presenziare – scoprii che venne deciso dal giudice di procedere con l’applicazione della video-conferenza al nostro processo. Con questa decisione la corte processuale mise in chiaro che io e Adriano non avremmo potuto rivederci nelle eventuali altre udienze approfittando semmai per “farci un giro”… oltre al fatto che entrambi saremmo stati “presenti” solo tramite collegamento video, da una stanza attrezzata appositamente nel carcere, intombandoci così definitivamente nelle sezioni di Alta Sicurezza.

Questa ulteriore azione repressiva e sadica dei giudici, oltre che soddisfare le loro normali pratiche di annichilimento e spersonalizzazione, è stata messa in atto sia per presunte politiche di risparmio economico del Ministero carcerario, che per motivi di sicurezza, mentre sono semplicemente le prime fasi dei programmi europei sulle “super carceri” e sezioni speciali in cui annientare i/le prigionierx rivoluzionarix e socialmente pericolosx.

Al di là delle politiche o decisioni dello Stato democratico (che impone la sua autorità) è evidente anche come il fascismo tecnologico è sempre più predominante e incide ormai sulle vite, artificializzandole e facendo della tecnologia una protesi umana al servizio del controllo e della repressione.

Dopo l’udienza preliminare decisi di non volere avvocati sia di fiducia che ovviamente quelli di ufficio imposti dallo Stato. Ho scelto di rifiutare il processo e le sue funzionalità perchè non riconosco le istituzioni che combatto né i loro tribunali e non ho alcuna intenzione di assecondare compromessi per convenienze o sconti ottenuti con le arringhe degli avvocati che minimizzano e corrompono azioni e rivendicazioni.

Non voglio briciole dallo Stato e non ho alcuna intenzione di sostenere le rassegnate vittimistiche politiche passive su processi e repressione di parte (quasi la totalità) del Movimento anarchico e movimenti sociali.

Ormai certe maniere, posizioni e metodi su come affrontare i processi e la repressione sono diventati “standard” da parte dei/delle “militanti” della giurisprudenza e dei diritti civili democratici con la A cerchiata.

Si continua a mettere in atto una “lotta” da piagnisteo riformista basata sul vittimismo, sul reclamo e sulla lamentela se non addirittura sul richiamare consenso della “società civile” (giornalisti, magistrati, parlamentari, intellettuali ecc.) come garanzia da Stato di Diritto, che schifo.

Per me questa è spazzatura riformista sociale, il tutto poi per lamentare “assurde accuse” e “ingiuste” applicazioni di codici penali quando l’unica cosa “assurda” è chi millanta anarchia rivoluzionaria, “distruzione dell’esistente” (slogan ormai svuotato dalle chiacchiere), liberazione totale e poi pratica riformismo radicale in democrazia e un linguaggio socialdemocratico.

La mia scelta impenitente contro il processo non è una decisione “passiva”, non sono io – come pensa qualcunx – a stare in balia della situazione, ma “voi”. I processi vengono ormai lasciati in balia delle arringhe in tribunale come ideologia militante e alla compromissione totale, nell’attesa lacrimante con le mani giunte in preghiera riconoscendo il ruolo dei tribunali (soprattutto sulla società domesticata/pacificata), del linguaggio da tribunale nei comunicati e testi, e i giochini con le procure facendo poi le vittime perseguitate.

Tutto viene lasciato ormai in mano all’assistenzialismo giuridico – che dovrebbe riguardare al massimo il supporto legale “tecnico” prigioniero/ avvocato –, alla militanza da “studi legali anarchici” nelle aule di tribunale a maneggiare scartoffie e fascicoli giudiziari, a tifare le arringhe degli avvocati “compagni” contro le assurde accuse e piangere ingiustizie.

Tutti a bocca aperta come uccellini tremolanti nel nido ad aspettare, sbraitando reclami, il boccone che vomiterà “Mamma giustizia”, e se cade (per concessione dello Stato) un’accusa o un articolo penale…. cosa? Si festeggia e ci si asciuga qualche lacrimuccia: Fiuuuuh….. è andata bene, si festeggia da te o da me? Che schifo.

Vince la democrazia alla fine, ottimo palliativo e anestetico per i momenti difficili, tanto criticabile-contestabile, da “distruggere” e rinnegare, ma solo sulle paginette dei giornali/opuscoli anarchici, “sparate” su internet in cui dar sfogo a una semplice libertà d’espressione appena condita di slogan e immagini “aggressive”….brrr… ma per il freddo.

Questa politica democratica di tutela legale fra presunti “anarchici”, oltre ad essere uno schifo, mostra che si strizza l’occhio alle possibilità del Diritto e dei diritti per ora migliorabili “finchè i tempi sono così”…. Certo, dopo presenteremo il conto come i NOGLOBAL legalisti del G8 a Genova al grido di “pagherete caro, pagherete tutto”…. ma forse era riferito alle spese legali o ai risarcimenti danni.

E’ così che si sta ormai intorno ai processi, nelle aule di tribunale.

E’ così che si continua ad aspettare passivamente il giudizio dello Stato sulle teste dei suoi nemici (senza fare distinzioni di scelta processuale) alla sbarra.

Si sta ad aspettare la prossima udienza o appello – tra un’istanza o iniziativa da comitato cittadino antagonista – per sapere se è “caduta” l’accusa di terrorismo o l’associazione sovversiva, a fare il conto degli anni meno le attenuanti generiche; poi un comunicato “solidale e complice”aggiornerà.

Francamente una sensazione di nausea e vomito pervade, soprattutto per quello che ha circondato il processo ma potrei riferirmi in senso generale, perchè questa politica riformista predominante per il silenzio/assenso è diffusa soprattutto negli ambienti “sociali”.

Con queste miserie vince la democrazia ed è così che veramente il potere mantiene il suo ruolo sociale coercitivo sulla società e si tiene saldo il suo riconoscimento, lasciandovi un’anarchia di rappresentanza nelle istanze legali; un’anarchia morta in “movimento”, ma morta perchè corrotta nel pensiero e piena di chiacchiere contraddittorie nel suo esistere legale e del concesso.

Ma non sto qui a parlare delle/dei prigionierx che decidono di avvalersi di un avvocato per esporre giudizi che non voglio e non posso fare, se unx compagnx nomina un avvocato resta sempre unx compagnx, non mi metto certo a fare scomuniche o giudizi soprattutto conoscendo lo schifo dello stare in galera e in queste sezioni speciali, perciò se unx compagnx accetta un compromesso della cosiddetta “difesa tecnica” per risparmiarsi il periodo di villeggiatura ne prendo semplicemente atto, certo poi dichiarazioni e linguaggio fanno una certa differenza…

Qui non è questione di “furbizia” o “astuzia” se ogni volta è un compromesso che bisogna accettare “visti i tempi” e visto che non c’è, a quanto sembra, un limite al compromesso “accettabile” di coerenza, almeno di pensiero oltre che tra pensiero e azione, soprattutto nelle lotte anarchiche dato che tra un po’ alcunx compagnx organizzeranno referendum nazionali per il diritto di sabotaggio.

Tralasciando i pro-cessi completamente gestiti in maniera vittimista e da denuncia sociale dalle “belle e decise” (come lessi tempo fa) arringhecombat degli avvocati sotto il tifo di certx compagnx, se si nomina un avvocato per dibattere in aula, si riconosce (non ufficialmente) il ruolo del processo e le sue funzionalità, volenti o no, soprattutto se gli si lascia completamente carta bianca a contrattare sconti di pena e attenuanti. E’ chiaro o no?

Astuzie e furbizie, in ambito rivoluzionario, si possono riferire ad azioni dirette, azioni di guerriglia o evasioni, espropri ecc. Nomine avvocati per fare telefonate/colloqui in carcere o richieste per farsi mandare in carcere delle mutande non c’entrano nulla, non fate i/le solitx furbettx della fuga dal dibattito scomodo buttandola in “caciara” sulla coerenza/incoerenza, perchè io non faccio sermoni sulla Coerenza con la C maiuscola del vangelo anarchico.

Rifiutando avvocati ho rifiutato anche lo schifo che sta intorno ai processi nel movimento “anarchico” che porta avanti a pieno regime, metodi, mezzi e linguaggi da diritto civile democratico, con politiche giuridiche sorte secondo me negli studi legali di “movimento” e che si sono estese come tumori nelle assemblee in qualche parrocchia (centro sociale) occupato, e forse chissà, anche negli squat? La risposta e l’iniziativa contro la repressione e il carcere che sembrano quelle delle associazioni per i diritti umani, un ristagno in cui si è impantanato questo Movimento pseudo anarchico di zombie e che sta marcendo in totale putrefazione, marciume da cui me ne sono tirato fuori con la scelta di rifiutare difesa legale e una posizione impenitente di negazione.

Non condivido la “lotta” (istanze, reclami, ricorsi) processuale perchè significa riconoscere l’esistenza delle procedure delle corti inquisitorie e dello stato di Diritto, lasciando tutto in mano alle arringhe difensive e riponendo in un cassetto dello studio legale i propri principi e prassi.

Credo che diventi una delega alle istanze e reclami delle proprie azioni e rivendicazioni, con metodi e mezzi diventati rassegnata routine inevitabile visti “i tempi” e il “livello di conflitto sociale”, quest’ultimo, famoso termometro anarco-comunista dell’“attesa”, con il proletariato di massa, della sindone anarchica…… ridicoli.

Se dovessi agire a seconda dei tempi, di cosa conviene o di quello che è più conveniente fare, me ne sarei stato a farmi dosi di eroina o mi sarei iscritto ad una rappresentanza sindacale o a fare il militante da social network tra uno spinello e una birretta.

Non ho voluto compromettere le mie azioni e rivendicazioni delegando avvocati che avrebbero certo fatto il loro mestiere e cioè cercare “attenuanti” ponendo avanti vittimismo, passività nei confronti della corte e minimizzando le azioni e le intenzioni per racimolare sconti di pena.

Le prospettive che vanno per la maggiore non sono molto rasserenanti: “Fregatene della coerenza e dei principi, tanto ti mettono un avvocato d’ufficio…. prima te ne esci e meglio è….” Così molti giustificano ed esternano le loro critiche o non condivisione e “punti di vista” – che in realtà sono posizioni politiche ben precise – che francamente mi sembrano da poveraccx, rammolitx e da vigliacchx per chi lo fa addirittura con arroganza, senza vergogna… Alla larga.

Delegando e nominando un avvocato, facendo ricorsi/istanze avrei la possibilità di farmi un pò di galera in meno? Scendendo al compromesso di lasciare tutto in pasto alle speranze di concessioni e attenuanti/sconti avrei concessa dallo Stato prima la libertà? (1,2,3 anni) Quale libertà?

Una libertà amputata e sporcata, una prassi e un pensiero incoerente con le proprie idee/azioni, rivendicazioni e fatti lordati e delegati al compromesso passivo rispetto al processo.

Naturalmente ci sono casi e casi, ma certe cose sono un dato di fatto soprattutto se la difesa è delegata completamente alle “astuzie” di avvocati del movimento dove tutto finisce in pericolose e fastidiose minimizzazioni e misere tattiche: “c’ero ma passavo di lì per caso”, “non si voleva fare male a nessuno”, “era solo un’azione dimostrativa”, “la FAI-FRI ….ha messo solo una sigla, forse per sbaglio” ecc, tanto per capirci.

Ad esempio il reato “associativo” di cui sono accusato e condannato in 1° grado si basa sui contenuti e sulle mie rivendicazioni FRI-FAI e al di là del pomposo e militare linguaggio mistificatorio dell’accusa non permetto che si minimizzi nulla, in aula e fuori.

Non avrei potuto accettarlo e credo dovrebbe essere una cosa comprensibile anche se francamente ho qualche dubbio… con chi ne sto parlando? Mi sembra di essere un superstite e di non appartenere a questo tempo di pacificazione e rassegnazione, di ammorbidimento civile e rimbecillimento digitale, e non parlo dell’“esistente” o della società in generale (facile dire che è colpa della società) ma dei/delle compagnx là fuori.

Ho scelto di rifiutare il processo e le sue funzionalità per il principio che subentra quando un/a prigionierx anarchicx e rivoluzionarix decide di rifiutare avvocati, e cioè quello di negazione-non riconoscimento reale, non “sottinteso”, del processo giuridico dello Stato contro un suo prigioniero politico e acerrimo nemico.

Con lo Stato sono abituato a “interagire” con la violenza, ad agire in maniera illegale e insurrezionale, per questo non ho avvocati e cerco di essere, per quanto possibile, coerente con il mio pensiero/azione anarchici, e visto che sono in guerra con lo Stato e le istituzioni della Repubblica, quello che ho da riprendermi lo riprenderò con la forza, non con istanze processuali o ricorsi legali e “appelli” di clemenza nelle aule istituzionali dei giudici.

Riguardo a deleghe e ricorsi, vorrei mettere in chiaro che non ho nominato/revocato/rinominato nessun avvocato al di là di alcuni scambi epistolari per disponibilità di avvocati sulla piazza visto qualche umano dubbio che inevitabilmente ho avuto “dentro” nella situazione di “isolamento” che ho dovuto affrontare con le mie sole forze, visti i tempi.

So che ci sono state impellenti fughe di notizie causate da chi non vede l’ora di diffondere qualche “esclusiva”, purtroppo c’è chi ti considera in “lotta” e ti tiene in conto solo se nomini un avvocato di movimento per fare politica democratica in aula di tribunale sulle normative di diritto penale…. Che schifo, con questi atteggiamenti si sminuisce pure la determinazione e la volontà di chi magari è stato in sostegno fuori o dentro al tribunale nonostante sia io che Adriano non potevamo essere presenti, e verso cui sono riconoscente, continuando a svilire quei pochi propositi.

Non ho voluto e avuto nessun contatto con l’avvocato d’ufficio che lo Stato ha imposto per portare avanti ritualità e formalità processuali visto che per me è uno stipendiato come tanti, non mi rappresenta e la sua “obbligatorietà” è come quella di attraversare sulle strisce pedonali.

Non ho fatto nessuna istanza o ricorso in appello e nemmeno altre funzioni processuali dal giorno in cui ho rifiutato la difesa legale (Maggio 2014), per la condanna ho ricevuto un foglio su cui era presentato il conto.

A quanto ho saputo, pare che lo Stato faccia anche i ricorsi in appello per i suoi inquisitori pur di procedere con i suoi riti inquisitori, l’avvocato d’ufficio rappresenta se stesso e il suo mestiere perciò non mi interessa se lo Stato applica-impone i suoi meccanismi che dimostrano soltanto il totale controllo dello stesso: ti cattura, ti rinchiude, ti nomina avvocati, ti processa e condanna, ti concede convenienze e opportunità, decide ricorsi.

Decisi che non avrei fatto ricorsi in appello pur non sapendo di questo, che comunque non saprei confermare, ed è importante questa cosa per evitare speculazioni di qualche pettegolx di movimento là fuori.

Ho preso le mie decisioni prendendo forza da me stesso contro tutto e tuttx i/le critici/che delle miserie sapendo che questa mia posizione ostile e impenitente mi costerà i sei anni che lo Stato mi ha inflitto burocraticamente in primo grado. L’ho fatto però per le mie azioni e rivendicazioni da “difendere” informalmente come dichiarazioni e atti di guerra, una scelta che avrei fatto, e lo dico con la forza della verità, anche davanti a un patibolo, quanto è vera la fame e la sete.

Perchè poco importa che (per ora) non ci mettono sulla forca, ciò non giustifica l’adeguarsi – anche solo con il linguaggio – al sistema sociale e giuridico che si combatte. Non ti eliminano (tramite sentenze, nello scontro fisico è altra questione) ma ti spersonalizzano, annientano e isolano, ora ci murano vivi per anni in cattività il che non è poco.

I “tempi” li conosco bene perchè non ho perso un istante della mia vita ad avere ben chiaro chi è il nemico che combatto, che ti dà la caccia ma che anch’io predo, che ti vuole fare fuori ma io non sono da meno. I tempi li ho conosciuti nella “cella liscia” in cui mi rinchiusero per punirmi, nelle celle putride in cui sono transitato, quando dopo l’udienza preliminare venivo trascinato per il corridoio dalle guardie e gridavo all’anarchia, nell’internamento.

Sono quasi due anni che sono recluso e trattenuto nell’adeguatezza umana e della giustizia civile in una stanza, un corridoio e una vasca di cemento dove mi portano a “passeggio” come i cani o in questo caso, come gli umani.

Non è meglio né peggio di qualsiasi altra condanna o reclusione su altri viventi a dimostrazione dell’uguaglianza nelle logiche civilizzate sulla reclusione.

Ma non sono “finito” o vittima di un presunto addomesticamento che subentrerebbe solo con questa reclusione (a tempo determinato) secondo alcunx, lo dimostra la mia combattività e coscienza rivoluzionaria, le mie scelte inconvenienti e le mie parole che superano questi muri e le sbarre, arrivando a chi ha la giusta volontà e determinazione di scuotere il tepore con la solidarietà rivoluzionaria e non con le chiacchiere.

Pensate che nominando avvocati, facendosela addosso ad ogni colpo del nemico o piegandosi alle passive concessioni si facciano trionfare il “selvaggio” o l’anarchia insurrezionale?

Credete che là fuori la vostra libertà non sia condizionata dalle coercizioni della civilizzazione, dell’addomesticamento e pacificazione?

Lo è dal giorno in cui le nostre madri ci cagano su questo mondo. Riguardo al rapporto tra “i tempi” e le scelte che si fanno o le azioni da intraprendere purtroppo vedo ancora chi scrive superficialmente che “i tempi sono cambiati” o che “certe cose si facevano….” (iconizzati dell’anarchismo).

I tempi vanno e vengono perchè oggi, tra smartphones e automobili, nel mondo se non ve ne siete accorti, sembra di vedere le avanzate dell’impero Persiano, tra una crocefissione o decapitazione islamica e una camera a gas negli Stati Uniti, un biocidio occidentale nelle nostre terre, gli schiavi neri nei campi di pomodori sotto casa vostra e le galere sono sempre di ferro e cemento.

Le pratiche violente del regime democratico non le sentirete sedutx davanti ai computer o imboscatx nel magma sociale, o nella fasulla convivialità metropolitana che funziona grazie alle coercizioni dell’ordine.

Se sono cambiati i tempi non criticate gli schiavi digitali della “lotta” sui social network e le irreversibili decadenze dei centri sociali, movimenti e collettivi vari armati di tastiere o mouse e “parole chiave” della rivoluzione preceduta dal “cancelletto #”.

Le cerimonie e i riti sfarzosi del potere non sono cambiati, lo sono invece gli /le anarchicx perchè state soltanto auto-regolandovi il livello di compromessi accettabili e dei mezzi/linguaggi al ribasso necessari per giustificare voi stessx.

Vorrei solo che si ammettessero alcune cose invece di criticare e giudicare chi è coerente con le sue idee anarchiche e rivoluzionarie, altrimenti chiedetevi cosa vi rende così indulgenti e concilianti tanto da crearvi delle misere giustificazioni, esternandole senza vergogna e addirittura con arroganza: una cattiva memoria, le convenienze e comodità o la codardia.

I “personaggi” ottocenteschi/novecenteschi ve li create voi come altri hanno fatto prima, ribelli e banditi martirizzati degli opportunismi letterari, “personaggi” tanto citati che a sentirvi vi sputerebbero in faccia come quello che usano gli schiavi della rete di occupy, indignati e altri (social)isti di internet.

Vedo che tantx citano un certo Henry con una frase sul “condannato che sale il patibolo….”, non conosco la storia di questo Henry, ammetto che non sono un gran lettore da studi e odio l’overdose intellettuale, ma a sentire come vengono esposti certi “punti di vista” e come alcunx hanno esposto le loro critichette sulla mia decisione antigiuridica, mi viene da dire che proprio voi, bravi/e filosofi/e antiautoritarx del salotto anarchico, mi sembrate quella “gente ancora tutta tremante mentre il condannato sale il patibolo”.

Sulle sentenze e sulle condanne ci sputo sopra, lo stesso faccio sulle leggi e sui codici penali che la maggioranza riformista del Movimento anarchico crede di gestire con le politiche da morti viventi democratici.

Credo sia ora di finirla con il piagnisteo della lamentela vittimista sui “pericolosi precedenti”, isterie collettive su questo o quell’altro codice penale e una lotta anticarceraria e contro la repressione da erasmus di giurisprudenza affollato di aspiranti avvocati dei diritti civili. Chiamiamo le cose con il loro nome? Riformismo radicale, diritti giuridici e miglioramento dello Stato di Diritto, “vittorie” democratiche e compromessi che qualche socialista con la A cerchiata spaccia come lotta rivoluzionaria e mezzi per “la Rivoluzione” (?) di fronte ad una repressione e politiche carcerarie dei Governi che procedono verso l’annientamento psico-fisico dei suoi nemici, e i responsabili non si fermeranno con le riforme pacifiche.

Io vivo da anarchico la mia lotta rivoluzionaria e la prassi insurrezionale individuale e collettiva (non per il popolo schiavo volontario) e non mi adeguo ai tempi o alla presunta disponibilità della pace sociale democratica che lascio agli analisti di movimento, resto un cospiratore, venisse anche il più roseo dei Governi.

Purtroppo certe scontatezze sulla coerenza di pensiero e su come sarebbe il caso, almeno nel linguaggio, di affrontare i processi e la repressione in maniera anarchica e rivoluzionaria, sono aliene ai/alle militanti anarchici/che dello Stato di Diritto che trasformano lamentele, arringhe, ricorsi, scartoffie legali e “pericolosi precedenti giuridici” in metodi di lotta.

Francamente mi sembra che si continui a estrapolare dal cilindro sempre nuove e articolate scuse da rassegnazione o furbesche autogiustificazioni per rimpinzare il salotto anarchico saturo di libri, manuali e codici penali sempre in mano, magari anche quando ci si sporca le mani con “il minimo che si poteva fare…..” perpetrando una ritirata strategica totale di cui si nutre il potere.

Secondo moltx la mia scelta di rifiutare avvocati sarebbe “completamente inutile”, e questo “per come è strutturato il sistema giuridico in Italia….” e inutile visto che la legge “non prevede” l’autodifesa in tribunale e obbliga un avvocato d’ufficio nella causa…. Ma vi sentite quando parlate non sentite la puzza di merda democratica e legale che vi esce dalla bocca? Innanzi tutto, tenendo conto di quello per cui sono imprigionato, una volta che decido di rinunciare ad avere un avvocato di fiducia, cosa pensate me ne possa fregare di ciò che è “previsto” o no dalla legge e dai tribunali?

Pensate che la mia preoccupazione sfidando anni di carcere sia una procedura burocratica o una funzione di rito della corte inquisitoria processuale? Ma di che stiamo parlando…. Personalmente a differenza di chi propaganda un adeguarsi al sistema e alle rassegnate politiche standard sui processi di “Movimento”, non agisco a seconda di ciò che è previsto, concesso o disposto dalla legge, sono un anarchico della prassi sovversiva e prigioniero di uno Stato che al di là delle belle chiacchiere distruttive e slogan radicali di Movimento, ha già il riscatto pagato, ed è la legittimità del popolo e della non violenza. Perchè la sovversione, la lotta rivoluzionaria è cosa illegale e violenta, il resto è concesso.

Onestamente non capisco come certi “illuminanti consigli” vengano esternati anche sullo sfondo di una presunta solidarietà rivoluzionaria, il che mi lascia un po’ basito.

C’è una maniera di esporre istantanee critiche e non condivisioni francamente un po’ da noiosa e molle abitudine allo stesso modo con cui si farebbe per un’udienza su un furto di formaggio al supermercato o un dissequestro di CD musicali…. incomprensibile.

Mi preoccupano più che altro i “pensieri unici” e linguaggi omologati della cultura comune rassegnata, attendistica e passiva sulle politiche processuali, le giustificazioni che però prendono in maniera consequenziale il quadro generale.

Ad esempio c’è chi, a nastro registrato, ha sconsigliato la mia decisione di rifiutare avvocati esternando la solita retorica sul fatto che i “processi di rottura” (ogni volta si estrapolano paroloni da manuale) si potevano fare negli anni ‘70 quando c’erano le brigate rosse.

Per quanto mi riguarda ho sempre ritenuto questa una retorica comune della pacificazione politica da sinistra intellettuale e da habitat democratico visto che l’ho sempre sentita fuori e visto che mi è stata esposta da una diversa platea sociale: anarchiche/anarchici, cittadini di sinistra, società civile di destra e di sinistra.

Innanzi tutto sarebbe il caso di mettersi in testa che si dovrebbe agire da individui liberi, da anarchiche/i che combattono contro ogni ordine e autorità, che lottano per la liberazione totale e per la distruzione del dominio esistente della civilizzazione… e tutto il resto che volete QUI ED ORA e non in base alle retoriche/luoghi comuni del libretto rosso socialdemocratico sul “passato” politico della II° Repubblica, né tanto meno con le fiacche analisi attendistiche o rassegnate della situazione odierna che è proporzionata soltanto dalle seghe mentali (e non solo) al posto dell’azione rivoluzionaria.

Francamente mi rendo conto che le tanto osannate e ostentate letture su cui vi sbrodolate servono a poco se quando le cose si fanno serie e si esce dai libri torna un linguaggio e metodo “standard” da movimento riformista e si passa in modalità cittadino comune – compagnx del collettivo democratico del liceo; sembra poi di intendere e valutare la situazione in base all’attesa del 99% di consenso politico pre-rivoluzionario e del 51% post-rivoluzione….ma andate a dormire!

Poi quale sarebbe la questione che certe scelte come quella di rifiutare avvocati le possono fare solo i/le militanti di organizzazioni politicomilitari e le avanguardie armate? Magari perchè negli anni ‘70 -80 venivano minacciati avvocati e giurie? Per carità…. avete fatto i compiti?

Al di là che non è il caso di fare esempi retorici da piazza sui “bei tempi” (?) quando avete venti o trent’anni di età o poco più (!), parlando pure di “quando c’erano le Brigate Rosse”…. un po’ con il linguaggio da vecchi tromboni della sinistra, visto poi che ci sono tutt’ora prigionierx rivoluzionari brigatisti in carcere, vivi e vegeti.

Siete anarchiche/ci o militanti di sinistra? Perchè credo che se ve la menate soprattutto con le “brillanti” filosofie sovversive del ribelle individualista, come anche delle diarree primitiviste e di certa anticivilizzazione, ogni riferimento a decisioni prese in base a organizzazioni politiche armate, da altre situazioni è francamente inutile e tanto per spararla nel mucchio o fare i saputelli… pensate che non conosca certe cose?

Io non devo mica rispondere alle scelte di chiunque altrx o qualunque altra questione, non devo fare e subire la morale/predica su cosa fanno altrx. Anche i brigatisti hanno preso avvocati e hanno chiesto permessi?

Ma ci sono pure brigatisti che hanno rifiutato avvocati e non hanno chiesto nemmeno “i giorni” per la scarcerazione anticipata e sono tutt’ora dentro, ma questo non c’entra assolutamente nulla, è solo confusione culturale e politica. Mi chiedo di cosa parliate in tutte le numerose assemblee.

Un/a anarchico/a, in ogni istante della sua vita combatte e rinnega l’autorità e la legge da individuo libertario e non in base a cosa “si poteva fare se… quando…”.

Certx militanti hanno il “movimento” alle spalle, sul groppone o nel cervello a costruirsi strutture, ruoli e personaggi carismatici, i dogmi e le gerarchie informali in cui sguazzano da anni; poi però criticano chi rivendica con una sigla-acronimo; di certo sono “liberx pensatori/trici collettivi” ma si marchiano a fuoco l’etichetta NOTAV, magari.

Mi dimentico sempre dei/delle militanti di sinistra con la A cerchiata che ci sono nel movimento anarchico, mi sembra che alla fine ci sia la solita confusione culturale-politica di “Movimento”, perciò andateci piano coi libri-manuali: “leggere e non intendere è come pescare e non prendere”.

Più che altro, esternando queste retoriche, sembrate proprio vecchi/e tromboni/e della sinistra anarchica precocemente invecchiati/e e in stallo esistenziale politico, seduti/e sul divano dell’attendismo e con il libro in mano dei “bei tempi” (ma di che), in pantofole davanti al fuocherello del tepore democratico.

Se una simile retorica me la ponesse un sessantenne o settantenne di sinistra in un momento di crisi esistenziale, in fase democratica delle riforme e in conflitto con la prostata, lo capirei; ma se a pronunciarle a nastro registrato sono moltx anarchiche/i di varie sfumature, vuol dire che si hanno prospettive limitate alle analisi degli “anni di piombo” (ora sono di burro?) a giustificare lo Stato di cose sui “tempi che non sono maturi”. Certo che non sono maturi! Sono marci e putridi, e vi state imputridendo con essi!

Francamente queste sono le solite vecchie furberie che definisco antiguerriglia (guerriglia non vuol dire solo struttura paramilitare) e della lotta anarchica a mani vuote e disarmata sul “finché è così…”.

Penso proprio che il processo di “rottura” lo abbia subito io dovendomi sentire il repertorio del Movimento anarchico nelle dialettiche giuridiche.

Sul nostro processo si è imposta, come un parassita, la solita politica assistenzialista e riformista di non so quali ambienti di provenienza tra movimenti sociali, centri sociali e collettivi politico-studenteschi della “sinistra-anarchica”, ma non solo, visto che spesso sono condivise (anche dal silenzio/assenso) da moltx compagnx, il tutto per portare avanti istanze legali e lotte democratiche con la società civile.

Una fastidiosa e arrogante interferenza che ha voluto sfruttare il processo contro me e Adriano sia per portare avanti le proprie “lotte” anarco-riformiste sulle applicazioni di codici penali e sulla repressione, sia per gestirlo come “caso giuridico” di due agnelli sacrificati alla causa del popolo o del movimento (?) e vittime di “ingiuste e assurde” accuse di terrorismo in stile NOTAV.

Mi pare che questi modi di affrontare i processi e la repressione ormai hanno preso il sopravvento e fanno maggioranza nel movimento anarchico/NOTAV in piena fase vittimistica da tutele legali e a caccia di illusorie salvezze nel sostegno-consenso dell’opinione pubblica e della società civile come panacea di tutti i mali. “Effetti collaterali” della lotta NOTAV forse? Non basta mettere un cantiere o una delle tante nefandezze del progresso fra la moltitudine di obiettivi contro cui lottare e da colpire, purtroppo si arriva a certe ossessioni autoritarie incriticabili per un certo gregge anarchico NOTAV che si annida ormai ovunque anche nei processi altrui; gregge poi che prima se la mena con la Resistenza, i “partigiani sabotatori” e poi si vittimizza per ogni scoreggia repressiva, che partigiani!

Questa interferenza della “politica processuale di Movimento” è un esempio su come siano importanti e fondamentali le rivendicazioni delle proprie azioni e pensieri, i contenuti di queste come anche le “sigle”, che vorrei ricordare sono un riconoscersi in una progettualità informale d’azione e attacco rivendicando una condivisione di idee/prassi anarchiche rivoluzionarie senza compromessi, con responsabilità e contenuti ben chiari fuori dalle speculazioni del “bene comune”.

Un certo assistenzialismo ha voluto imporsi tirando in ballo il sottoscritto (come anche Adriano) su presunte “responsabilità” politiche e collettive (?) riguardo l’applicazione della videoconferenza e sul fatto di aver l’accusa di associazione sovversiva (270bis) come “pericoloso precedente giuridico”, cose che personalmente non condivido e critico per diverse ragioni.

Capisco che ora giornali, opuscoli e riviste anarchiche a volte sembrano Gazzette Ufficiali del movimento “anarchico” su articoli di legge ed è pieno di tesi di laurea sul “diritto di sabotaggio” (non violento), opuscoli sulla legislazione e schifezze di studentelli esperti di terrorismo, ma non si starà esagerando? Non ne avete abbastanza? Pensate davvero di gestire la situazione? Volete mettere come ago di una bilancia completamente inclinata dalla parte della giustizia un codice penale e successive modifiche, pensate che un 270 bis o “tris” che sia applicato o no, oggi domani faccia quindi da spartiacque tra “voi” e “loro” (lo Stato)?

Siete perciò convinti che un codice penale applicato sia un “pericoloso precedente” che cambia prospettiva tra quello che dovremmo fare come anarchiche/i e quello che invece fanno “loro” legittimati anche dalle vostre politiche riformiste e lamentele-reclami dello stato di diritto? Guardate, parlare delle politiche repressive è giusto e nel dibattito informativo si può e si deve inserire – in maniera allargata – le leggi repressive ma per conoscenza e valutazione della risposta-iniziativa rivoluzionaria e insurrezionale che prosegue comunque al di là delle leggi emanate e non facendo propaganda della paura e del “ti ho avvisato, guarda che fine si fa”.

Purtroppo certe componenti sociali tendono ad affrontare le cose dal lato più comodo e mi pare che si tenda a fare giurisprudenza collettiva. Le/gli anarchiche/ci che hanno ben chiara la coerenza della loro prassi/ teoria di sovvertimento dovrebbero fare gli/le anarchici/che, e gli avvocati il loro mestiere, ci siamo capiti. Io cerco confronto e parlo dei fatti, idee e azioni-prassi e teorie rivoluzionarie anarchiche di attacco distruttivo del sistema civilizzato e non di riformismo e politiche “anarchiche” di miglioramento dello Stato sociale o di Diritto, non se ne può più, basta con le chiacchiere e le cazzate di discussioni morte dall’inerzia della contraddizione totale.

Ci si vuole ancora imboscare dietro i paraventi generalisti delle “diverse forme di lotta” o “tensioni”? E’ normale e giusto che ci siano diverse forme di lotta e tensione ma su pratiche e pensiero rivoluzionarie e anarchiche; se poi volete mettere in comunanza istanze, ricorsi al TAR, petizioni, social network, riformismo giuridico con pensiero/prassi anarchica rivoluzionario, no, non ci sto…

Personalmente poco me ne frega se si viene considerati inutili o se non si viene considerati se non si assecondano certe politiche difensiviste di movimento, è la propria integrità che conta.

Francamente sentirmi giudicato, chiacchierato e criticato dai soliti rammolliti e vigliacchi che si aggirano nell’alveo sociale mi ha infastidito non poco.

Venni definito una sorta di “irresponsabile” perchè con la mia decisione non permisi di consegnare delle “memorie legali” (scartoffie processuali) contro la video-conferenza, cosa che comunque tecnicamente non serviva a nulla.

Al di là che certe “forme di lotta” riformiste-democratiche non le condivido e non le riconosco, non sono un assistente di studio legale, ma un prigioniero anarchico che combatte lo Stato, la legge e non applicazioni di leggi (tanto per chiarire).

La cosa che mi fece inferocire ma mi lasciò inerme fu il sapere che certi/ e “compagnx” (non i miei) nelle loro riunioni da parrocchia definivano il mio atteggiamento e decisione come quella di uno che ha rinunciato a lottare…

Rinunciare a lottare? Con cosa, “quello che almeno ci è concesso”? Le lotte no global in tribunale? Se le scartoffie legali rientrano anche queste fra i “mezzi necessari” (altro slogan insozzato) ciò non mi interessa, siete dei pezzi di merda, statevene nelle vostre parrocchie sociali di quartiere.

Addirittura qualche immancabile intelligentone, stizzito, non ha perso occasione per sfogare forse le proprie frustrazioni dicendomi di fare un po’ quello che volevo ricordandomi (non ce n’era bisogno) che tanto ero io che dovevo farmi sei anni di galera…

Credo che ormai si scriva ai/alle prigionierx come nelle “risse” delle chat sui social network, il problema è che certo chiacchiericcio lo fa anche chi si sbrodola riempiendosi la bocca di solidarietà, ma quale solidarietà? Forse quella della carità che rifiuto.

Ma è inutile che vi stia ad elencare le decadenze del “movimento” che mi sono dovuto sentire direttamente e non, c’è più che altro stata troppa interferenza di quella politica anarchica per portare sulla piazza vittimistica le proprie istanze tipiche di certi movimenti sociali.

Fantomatici “osservatori” contro la repressione (continuate pure a “osservarla” la repressione) e altri guazzabugli antagonisti da web-militanti insieme ai militanti dello strapotere retorico sulle lotte riformiste legali nei processi politici si sono imposti attribuendo presunte responsabilità politiche sull’applicazione del 270 bis in base alle solite isterie “collettive” del pericoloso precedente giudiziario rispetto ad altrx prigionierx e processi.

Per carità, la solita vecchia politica della “tutela legale” che se fosse intesa su una semplice scelta tecnica per delegare pratiche e istanze la capirei, diverso è quando nasconde dei retroscena riformisti e da dibattito con lo Stato sulla sua politica.

Cos’è, poi ancora “ci reprimono perchè diamo fastidio”? Mi sembra di sentire un “ce l’hanno con noi, ci stanno reprimendo, volevamo solo occupare un palazzo…”.

L’acqua calda, il potere fa il suo mestiere da secoli, lo Stato annienta chi lo combatte.

Dare giudizi di “irresponsabilità” su un prigioniero anarchico perché non si attiene a inesistenti responsabilità su altri processi ad altri/e compagni/e è un’infamità e una superficialità riformista democratica, non è né anarchica né rivoluzionaria questa “responsabilità”.

Questa ossessione del “NO PASARAN” sul 270bis o applicazioni di articoli di legge ha retroscena e contorni ben precisi di una politica passiva/legale delle lotte sociali e degli studi legali – forse troppo messi avanti a tutto – che ha purtroppo innescato meccanismi riformisti nella testa di molte/i compagne/i, una premeditata strategia antiguerriglia, dell’attesa, dell’accontentarsi e della paura che ha ripercussioni ed effetti collaterali gravi su esperienze, pratica, forme e “mezzi” di chi intraprende una lotta anarchica d’azione e rivoluzionaria, nelle diverse forme certo, ma rivoluzionaria.

Ribadisco, non sto qui a fare proclami sul fregarsene della legge in maniera incosciente ma di sfidarla premeditatamente conoscendola, non abbiamo bisogno certo di altri compagni in galera o precocemente sottoterra.

Dico che non si può sempre portare avanti la petulante dietrologia del “pericolo” se passa l’associazione… e poi cosa, siamo rovinati?

Volete affibbiare o affibbiarmi responsabilità su un codice penale quando nuove normative, anche sull’associazione sovversiva, antiterrorismo a livello europeo/internazionale verranno imposte dai governi: carceri speciali, procura nazionale antiterrorismo che darà carta bianca a DIGOS e ROS su perquisizioni e arresti forse anche senza mandato ufficiale. E’ solo questione di “regole d’ingaggio” e applicazione di “protocolli” per l’ordine pubblico e la sicurezza sia a livello di scontro allargato (“di piazza”) che ristretto ai rivoluzionari (azione-reazione).

Se un certo tono con cui mi esprimo non vi piace o fate finta che esageri la questione è che per lo Stato appena la fai fuori dal vaso si presenta con la sua vera faccia, perciò alzate gli occhi dai codici penali!

Mi viene da pensare ai reati federali negli USA introdotti per spezzare le azioni dell’ALF e dell’ELF che condannano a 20 anni di carcere chi compie azioni o addirittura soltanto chi progetta di farlo venendo accusato di cospirazione (sigle o non sigle-acronimi non conta)…

Immagino una cosa simile in Italia con la situazione che c’è in ambito di azione diretta (al minimo indispensabile), pensate cosa possa accadere…

L’unica cosa che “non deve passare” per me è questa politichetta processuale “antiterrorista” nel Movimento anarchico che fa innescare meccanismi coercitivi nella testa e conti in tasca che non torneranno mai. Le istanze e le arringhe non sono per me dei “metodi di lotta” ma scartoffie per studi legali, al massimo.

Con questi ormai asfissianti metodi vittimistici e del reclamo all’ingiustizia sui processi state solo contribuendo alla già vertiginosa caduta della risposta/iniziativa violenta e aggressiva contro la repressione, lasciando tutto agli “osservatori” della repressione che stanno a guardare e ad ampliare un putrido dibattito civile sulla Giustizia.

“Irresponsabile” poi mi ha già definito-giudicato (da quanto ho letto) il Pubblico Ministero riguardo al mio atteggiamento da irresponsabile e impenitente rispetto alla corte e nei confronti del tribunale insieme ad altre infamità e schifezze provocatorie. Se volete accodarvi…

Sapevo benissimo che se mi avessero catturato sarei stato processato per associazione sovversiva in riferimento al Fronte Rivoluzionario Internazionale – Federazione Anarchica Informale ma non per questo mi sono auto-amputato la volontà di condividere un percorso, un metodo e una progettualità d’azione informale e anarchica, l’avrei fatto anche se mi fosse costata un’impiccagione. Pensate sia finita o sia finito?

Tutto continua, nulla è finito e questo si dimostra solo con la solidarietà rivoluzionaria: scambio, confronto, condivisione agli incontri-iniziative, collaborazione a progetti editoriali, pubblicazione e traduzione di scritti ecc. con il prigioniero.

L’azione diretta di solidarietà rivoluzionaria tramite la prassi d’attacco, le rivendicazioni e i contenuti delle rivendicazioni con cui condividere prospettive e progettualità con il prigionierx.

Ma queste non sono e non devono essere mai pretese e reclami, sono cose che si condividono per affinità e solidarietà; “si fanno in due” e non è né una direttiva né “doveri” a cui adeguarsi.

Penso sia il caso di finirla con certe “responsabilità politico-collettive sui precedenti pericolosi” che significa fare il gioco della legge e si finisce per ritrovarsi sempre il codice penale sotto braccio e in testa. C’è bisogno di prudenza senza dare nulla per scontato e non farsi catturare, le paure ci sono ed è normale perchè ci fanno stare attenti, l’importante è saperle gestire perchè se prendono il sopravvento se ne resta prigionieri e diventano timori, i timori sono ben altra cosa.

Le mie responsabilità le ho sempre riconosciute, soprattutto quelle più pesanti e scomode che non sono certo queste schifezze giuridicoriformiste su codici penali e successive modificazioni, ma quelle di non farsi catturare o ammazzare unx compagnx che mi è accanto durante un attacco o uno scontro fisico, come anche su ogni azione o decisione presa.

Se volete sentirvi “responsabili”, invece di fare militanza della chiacchiera (spesso con mouse e tastiera), potreste esporre la vostra critica (in orario adeguato) a una delle aziende che installano o supportano impianti tecnologici di video-conferenza, intercettazioni e controllo rete/ telefonia…

Su una “petizione/referendum” online che c’è stata per trasformare me ed Adriano in agnelli sacrificati alla causa comune e fare del nostro processo una bella-brutta copia di un modello NO TAV sul “diritto di resistenza-sabotaggio” collettivo – bene comune e altre cazzate si è già espresso chiaramente Adriano spiegando il ripudio di tali iniziative.

Non dico molto altro se non aggiungere anche questa cosa fra gli “effetti collaterali” dello strapotere a-critico del fronte NO TAV e ribadire ancora l’importanza delle rivendicazioni scritte delle proprie azioni ma anche delle “sigle” – condividere e riconoscersi in un’affinità d’azione, contenuti, metodi e mezzi fuori dal “pasto comune”.

In questo caso venne “presa in prestito” un’azione di sabotaggio rivendicato ma anonimo ed è stato mistificato il contenuto politico di quell’azione per renderlo “presentabile” all’opinione pubblica.

Per quanto mi riguarda rivendicazioni e sigle sono anche necessarie per non lasciare un’azione diretta o altro alle pastoie delle “rivendicazioni collettive” o dell’ambiente sociale (della società) che non si può certo controllare (in senso di integrità delle motivazioni, contenuti) e che rischia di innescare effetti o risultati collaterali e contrari come forse in parte è successo nel caso del “super sabotaggio” al cantiere della TAV in cui il gettare in pasto alla “collettività” un’azione diretta significativa ha scatenato il peggio delle esaltazioni e megalomanie che sono ormai diffuse un po’ ovunque.

Senza dubbio trovo interessante il dibattito sull’anonimato e sull’uso di sigle-acronimi, però certe cose non vengono dal nulla o da come ci si sveglia il mattino, si conoscono le conseguenze nel siglare un’azione (che sono più che altro di tipo legale) ma anche quelle di non farlo tra cui queste due descritte sopra e non solo visto soprattutto che la “rete” (internet) pullula di approfittatori, delatori, opportunisti politici e provocatori “autonomi”.

Guardate, al di là dei miei scritti “al napalm” non è che io sia un’entità super rivoluzionaria su un piedistallo simbolico ma un ragazzo come chiunque. A me, come penso anche ad Adriano, ha fatto piacere che molte persone, gente comune (come noi) abbiano supportato l’azione di sabotaggio al cantiere della discarica di Albano Laziale dove si vuole costruire un inceneritore ma personalmente ho rifiutato il contenuto politico di tale supporto (spreco di denaro pubblico, diritto di resistenza, sabotaggio per il bene comune, lavoro e crisi economica…) che non riconosco.

Non c’è bisogno né che svenda rivendicazione e azione né che si mistifichino i contenuti politici di un’azione anarchica e rivoluzionaria per farla piacere alle orecchie democratiche, perciò non starò a parlare di un romantico “c’eravamo tutti” anche perchè non mi pare di aver visto tutta questa “gente” e in galera non ci sono per sacrificio alcuno, ad ognuno il suo quindi.

Per il resto devo dire che mi ha infastidito non poco ogni interferenza e chiacchiera che si è sviluppata sul processo, questo credo perchè sia io che Adriano non siamo “conosciuti” in ambito di “movimento”. Ma proprio perchè non si conoscono le persone, le loro tensioni e sensibilità non è il caso di criticare da idioti, giudicarci da “sabotatori-incendiari senza testa” o fare chiacchiericcio sotto le seggiole delle assemblee, anche perchè visto che non siamo “agnelli” (sacrificati)…

A certi “compagni” che non hanno saputo far altro che chiacchiericcio da parrocchia occupata, da militanti digitali e da sottoscala assembleare in cui sguazzano da anni con le bisbigliate critichette e giudizi da vigliacchi non posso che esprimere tutto il mio disprezzo.

Ammetto che per certi “ambienti” sociali, del “collettivismo” (fasullo e confuso con il totalitarismo sociale) al di sopra di ogni cosa ho da molti anni un profondo astio, inconciliabile e irrimediabile ma non è che non ci dorma la notte.

Francamente l’unica cosa da cui mi sono dovuto tutelare sono state le interferenze riformiste e mediatiche di parte del Movimento o di certi movimenti e l’unica cosa che mi ha tutelato sono state le rivendicazioni e le sigle.

Non mi capacito di come si sia arrivati a questo punto anche sui processi altrui e come un certo “collettivismo militante” faccia ormai il bello e cattivo tempo con la sua linea politica arrogante (ma vittimistica) e raffazzonata, vittima spesso dell’onda “trend” del momento. Per l’appunto mi è capitato, tra uno sbadiglio e l’altro, di leggere di certi collettivi autonomi e militanti NO TAV che se la menano ormai alla grande con il monopolio del “sabotaggio” come adolescenti che hanno visto il primo pelo e fanno enciclopedia sul “conflitto reale” masturbandosi con le Libere Repubbliche (Rosse) della Madonna Incoronata, facendo giudizi sull’azione diretta individuale – che è azione anche collettiva fatta da individui – come cosa da “falliti” mentre loro sarebbero vincenti aspettando la campana della sindone della presa della Bastiglia tra un’intervista e l’altra lamentandosi per chi “ha cominciato per primo”, fascisti o polizia.

Tralasciando la barzelletta con i loro compari del Movimento NO TAV sulle azioni fuori dal “contesto collettivo” (opportunismo politico) – che vorrei ricordare non fanno da ieri – ci sono state anche le solite delazioni digitali e provocazioni, in quest’ultimo caso sui “petardoni postali”…. Purtroppo si pagano le conseguenze dell’esaltazione NO TAV, dell’ammorbidimento generale, e tu􀄴o è ormai lasciato alle “risse” digitali.

Ma con tutti questi riformisti, paraculi, vigliacchi, chiacchieroni e imboscati nella “Lotta” (entità astratta) non ho nulla da spartire e le nostre strade molto probabilmente non si incroceranno.

Questo è positivo per me vista l’inconciliabilità di prassi, mezzi e prospettive, mentre per questi professionisti “rivoluzionari” ecombattenti” da salotto lo è soltanto per la loro incolumità.

Restando sul processo, il 18 luglio 2014 sono stato condannato a 6 anni di carcere e Adriano a 3 anni e 8 mesi, entrambi per associazione sovversiva e diversi attacchi incendiari, azioni dirette distruttive e sabotaggi. La differenza di condanna è semplicemente dipendente dalle diverse imputazioni nel processo e successive condanne in 1° grado: io per una dozzina di azioni mentre Adriano per tre di queste in concorso.

La nostra cattura è stata conseguenza delle normali attività dei parassiti della polizia politica ma la riconducibilità rispetto alle azioni è di mia responsabilità perchè non mi sono adeguatamente accertato della presenza di un dispositivo antifurto satellitare sull’auto utilizzata e questo ha portato alla ricostruzione di alcuni spostamenti che hanno verificato palesi responsabilità.

Mi rendo conto di quanto sia importante non commettere leggerezze e disattenzioni. Anche se sbagliare è umano e la tecnologia sbaglia sempre meno non mi voglio giustificare; purtroppo non basta stare attenti a 9 cose su dieci ma bisogna starne invece attenti a più di dieci senza dare nulla per scontato soprattutto con i mezzi (in generale) che si utilizzano in certi contesti.

Le attenzioni dei parassiti dell’antiterrorismo si sono indirizzate verso una serie di attacchi e azioni dirette avvenute negli ultimi anni nell’area dei Castelli Romani (vicino a Roma) contro obiettivi capitalisti, dello sfruttamento animale e della terra.

Da quanto ho capito sia io che Adriano eravamo sotto controllo e attenzioni della DIGOS riguardo al contesto delle lotte nei Castelli Romani contro le nocività, poi sono anche partite le indagini dei ROS antiterrorismo dei Carabinieri.

Entrambi eravamo strettamente controllati, videosorvegliati e pedinati da parecchi spioni (anche dieci sbirri insieme appassionatamente) e le indagini sono durate circa un anno.

Sia a me che ad Adriano sono stati installati GPS nelle auto, anche microfoni, microcamere posizionate all’esterno delle abitazioni e telefoni sotto controllo.

Quando vieni a sapere che gli spioni della polizia politica ti controllano la vita come parassiti capisci che non ti sbagliavi sui mezzi e metodi di scontro con i quali si devono affrontare questi maledetti.

Non sto certo a commentare il loro “lavoro”, questo è quello che viene messo in atto di routine contro la prassi anarchica insurrezionale, rivoluzionaria e sulle vite di chi mette in pratica le idee. Non certo per una presunta vittimistica persecuzione delle idee siamo stati arrestati visto che si può esprimere liberamente ciò che si vuole in democrazia e stampare altrettanto, al di là dei sequestri di rito nelle operazioni repressive come nel nostro caso in gran quantità.

Nel nostro caso hanno colpito “diverse forme di lotta” – come piace dire a qualche furbo per infilarci un po’ di TUTTO e di peggio però poi ghettizzando quelle che sono fuori dai programmi elettorali del Movimento anarchico per il consenso pubblico – e sono andati a cercare non certo le idee da reprimere ma gli individui e la loro prassi.

Voglio rinnegare certa retorica e linguaggi vittimistici da “reato d’opinione” e non solo: “ci perseguitano perchè danno fastidio le nostre idee”, “ci stanno arrestando tutti”, “i tempi sono brutti per fare qualcosa”, ecc.

Le idee non si arrestano ma le persone sì e certi approcci alla repressione (da reato d’opinione) sono un continuo alimentare spettri del disfattismo e del vittimismo che come risultato avranno una glaciazione dell’azione anarchica.

Questa è purtroppo anche una strategia premeditata di certi “anarchici/che” che blaterano di “conflittualità” (sociale) ma non fanno altro che un lavoro di ammortizzatori sociali e diffusione della pace politica, di un’anarchia senza armi o non distruttiva a meno che non sia necessaria/indispensabile a “tempi maturi”.

Riguardo al copione giudiziario del nostro processo devo dire che mi sembra di avere a che fare con la solita raffazzonata da compitino squallido di “poliziotti speciali”.

Un minestrone in cui inseriscono azioni di cui non siamo neanche accusati e utili solo a pubblicizzare l’operazione d’arresto, tutte le carte che ho ricevuto sono spesso un noioso copia-incolla delle stesse cose e di testi raccattati qua e là da internet per invalidare “programmi politici”, manuali antipedinamento come stili di vita (?) e varie cose tratte da Google e Wikipedia per ingrossare l’appoggio giuridico sulle leggi antiterrorismo.

So che si dibatte spesso su come la strategia giuridica dei governi sulle applicazioni delle leggi antiterrorismo sia proporzionata e “fiancheggiata” all’uso di sigle/acronimi, ritengo sia positivo che se ne parli.

Ho esposto alcuni esempi delle mie motivazioni per l’utilizzo di sigle-acronimi nelle rivendicazioni, non da meno sono le responsabilità soprattutto quando “si gioca con il fuoco”.

La questione è che carcerazioni preventive, accuse “associative” terroristiche o a delinquere vengono date a ventaglio senza timori di immagine visto che all’opinione pubblica poco interessa, questo con o senza sigle visto che ad esempio è bastato “adottare” un contesto come quello NO TAV (a proposito di sigle) e dei compagnx sono stati accusati di cospirazione contro le politiche infrastrutturali della Comunità Europea (?).

Parliamo delle operazioni repressive, però senza panico e linguaggi da complotto persecutorio da parte di terzi o “Stati cattivi”, ingiusti o sbagliati… lo Stato è un nemico dell’anarchia.

Precedentemente in uno scritto esposi il fatto che gli sbirri hanno inserito fra le accuse un furto a un distributore incendiato. Vorrei mettere in chiaro che la mia non era una lamentela di ingiustizia o una presunta etica legale, cosa che è un po’ ridicola in un contesto illegale e rivoluzionario.

La questione è far capire come degli sbirri a cui forse interessava pompare l’accusa – chissà se in riferimento ad “auto-finanziamento associativo” – in combutta con un proprietario del distributore a cui interessava l’assicurazione si siano inventati un furto (per cui sarebbe servito un tir) per accanirsi sulla condanna.

Una semplice esposizione dei fatti per far conoscere le infamie e porcate del nemico, non certo un reclamo di attenuanti o ingiustizie su un furto per poi rivendicarmi azioni più pesanti, non faccio certo uno sforzo a sostenere l’utilità di un esproprio per qualsiasi fine (non ho morali puriste) che sia per la lotta rivoluzionaria o per non essere schiavo di un posto di lavoro nella società.

Quando dico che “la terra vale più dello sporco denaro” faccio riferimento a un principio, quello per cui si combatte per la distruzione del denaro, del simbolo e ruolo, della sua estetica che muove le nefandezze dell’umanità sua schiava come del capitalismo e del progresso.

Per il resto non ho voluto riempire questo scritto di lamentele vittimistiche su illuse retoriche di “assurde” accuse di terrorismo o riconoscere metodi di lotta giustizialista-giuridica sulle applicazioni di leggi.

La legge mette sul piatto dell’accusa di “associazione sovversiva” il semplice fatto di aver rivendicato delle azioni FAI-FRI o ad esempio di aver espresso solidarietà rivoluzionaria ai/alle compagnx della Cospirazione delle Cellule di Fuoco in una rivendicazione di un attacco ad un istituto di credito, cose che rifarei mille volte ancora con più ferocia, anche se mi costasse più di qualche anno di galera, perciò non voglio fare – e sono stufo di sentire – lamentele da vittima perseguitata in uno Stato di Diritto.

Se mi danno del terrorista non mi sto certo a scandalizzare, più che altro non lo trovo (per ora) proporzionato come aggettivo rispetto alle facce dei miei inquisitori e carcerieri troppo rilassate e sorridenti…

Al di là delle scartoffie processuali per quel che mi riguarda sono le politiche di controllo e sfruttamento, i suoi responsabili, i pedinamenti, la repressione e gli arresti, le lotte nelle carceri dex prigionierx, nelle strade e nelle nostre terre e le promesse ai compagnx che non ci sono più fisicamente il terreno di scontro, non certo internet o le aule di tribunale che lascerei alle burocrazie degli avvocati se volete.

Più che “far cadere” l’associazione o le accuse di terrorismo per anarchici dovrebbe essere la collera anarchica a cadere… sulle teste del nemico.

Comunque tutto il processo (per ora) si è svolto senza imputati in aula; il normale disprezzo per il teatro inquisitorio da parte mia e di Adriano, io senza avvocato; giudici e pubblico Ministero che vomitano le loro diarree giudiziarie da eletti in nome del popolo, e così si svolgerà (credo) l’eventuale appello che ho rifiutato.

Le carte della sentenza mostrano la portata dei nemici della libertà: tra frasi in latino e ostentazioni del “doveroso compito” di punire e perseguire chi non rispetta le regole della società civile mettono le loro brillanti motivazioni di sentenza sulle nostre teste in paragone con le associazioni mafiose… sottolineando però che nel “doveroso giudizio” queste ultime (le associazioni mafiose) non possono essere paragonate alla “sprovvedutezza culturale di due giovani irresponsabili…”.

Con queste parole dimostrano una totale spavalderia tipica dei padroni sulle esistenze altrui, di chi esalta il suo ruolo di educatore, persecutore e inquisitore.

Il Pubblico Ministero può anche tenersi i suoi illuminati assoli e i suoi elogi del “lavoro tecnicamente impeccabile degli investigatori” visto che è stata una loro fortuna, mentre la loro presenza parassitaria sulle nostre vite libere la relego a delle tristi non-vite che non valgono nemmeno l’aria che respirano.

Riguardo alle azioni per cui sono stato condannato non avevo da delegare nulla ad avvocati in tribunale e soprattutto non ho voluto farlo per le ragioni che ho già spiegato in questo scritto.

Sono stato condannato per il danneggiamento di un ENI-Store, di una pellicceria e di tre banche; il sabotaggio di diversi macchinari in un cantiere per la costruzione di una discarica/inceneritore; attacchi incendiari contro due istituti di credito; l’incendio di una banca; un fallito attacco a un istituto bancario in cui purtroppo i timer elettrici non fecero il loro dovere; il sabotaggio e l’incendio di un distributore AGIP-ENI; l’incendio di un negozio ENEL Green Power.

Rifiuto di riconoscere il ruolo di colpevole/innocente rispetto alla legge per principio, non sono vittima nei confronti della giustizia ma carnefice per mezzo delle mie azioni.

Con queste azioni ho rivendicato il supporto alla crescita della guerriglia urbana anarchica, la condivisione informale – sempre tramite le rivendicazioni – dell’azione diretta di solidarietà rivoluzionaria verso diversi/e prigionieri/e in Italia e in altre parti del mondo, come anche la condivisione e scambio di idee su prassi di attacco e obiettivi.

Naturalmente i contenuti delle rivendicazioni spiegano le ragioni degli attacchi e condividono un confronto informale su dinamiche e contesti di lotta territoriale e internazionale, di attacco totale al sistema tecno-industriale-scientifico e tematiche di Liberazione animale e della terra che purtroppo poco escono dai numerosi opuscoli (comunque importanti) mai “spuntati” o dallo schifo dei social network per trasformarle in azione.

Queste azioni sono parte di me e della lotta polimorfa che ho sempre vissuto e condiviso, senza però uscire dalle prospettive/prassi anarchiche e rivoluzionarie, senza scendere a compromessi di consenso sociale o convenienza politica preferenziale della “Lotta”.

Naturalmente l’esistenza della sigla Individualità Sovversive Anticivilizzazione con cui ho rivendicato ed eseguito singolarmente gli attacchi FRI-FAI è terminata dal momento della mia cattura, questo non solo per semplice e scontata logica ma anche perchè il nome della singola individualità – come può essere ad esempio anche quella di una cellula, nucleo o gruppo – l’ho utilizzata per determinare responsabilità nel momento dell’azione e della rivendicazione: è parte stessa delle azioni compiute e delle rivendicazioni, nient’altro.

Non è il caso in questo scritto e non ritengo prioritario ora stare qui a fare dibattito da analisi sull’etimologia delle parole “Fronte” o “Federazione” che tra l’altro non è che mi creino disagio o mi mettano in contraddizione. Ho certamente le mie idee e non sono legato a quelle che poi sono semplici parole che non rappresentano certo dogmi ideologici autoritari o strutturali ma sono affine ad una realtà che muta e si evolve continuamente in maniera informale e spontanea: la FAI/FRI.

Stare a fare un confronto etimologico sulle parole che tra l’altro si utilizzano quotidianamente (come le simbologie-simbolismi) mi sembra il solito appiglio schizzinoso per non parlare di fatti, ognuno dice o fa ciò in cui crede visto che ci sono liberi pensatori che neanche si definiscono anarchiche/i e c’è chi sostiene l’anonimato totale (senza rivendicazioni)…

Fuori dal contesto dell’azione e della rivendicazione non c’è nessuna appartenenza a fantomatiche strutture politico-militari, autoritarie/ gerarchiche o politiche perchè verrei meno ai miei principi anarchici e antiautoritari, sarebbe un compromesso insopportabile qualunque sia il fine e questo vale anche per le azioni ALF/ELF ad esempio.

Organizzarsi e condividere in maniera informale serve ad affilare le armi e le idee per tradurle in azione, a fare esperienza per essere incisivi con mezzi e metodi rivoluzionari fuori da speculazioni politiche e dal riformismo radicale, serve a mettere sul terreno di scontro pratico/fisico idee, obiettivi e contesti di lotta.

Organizzarsi è sempre stato necessario e non è sinonimo di “struttura” paramilitare (armata o meno che sia) ma una semplice messa in atto di prassi offensive e condivisione (nelle rivendicazioni) di strategie e metodi di attacco in una progettualità informale spontanea, di affinità illegale e sovversiva.

I mezzi utilizzati sono semplicemente proporzionati alle necessità e volontà di attacco: armi da fuoco, esplosivi, ordigni incendiari, espropri, attacchi armati, sabotaggi, guerriglia urbana…

Questi si affiancano a quelli che fanno parte del nostro vivere da anarchicx e del condividere collettivamente ciò che sentiamo, le nostre idee: biblioteche, siti/blog di diffusione e controinformazione, progetti editoriali, incontri e iniziative negli squat e spazi sociali anarchici…

Naturalmente fuori da dialettiche, prospettive e pratiche democratiche o riformiste radicali; le sole “serate alternative”; compromessi da politica populista del consenso a tutti i costi; miglioramenti di servizi da comitato di quartiere o da concorrenza alternativa a parrocchie e Caritas di città… questo per capirci.

La FAI-FRI non riguarda la mia esistenza quotidiana, non ha mai alterato rapporti sociali e affinità della mia esistenza né ha compromesso o forzato pensiero e azione perchè è parte della stessa spontaneità del momento dell’azione, non certo su documenti politici a circuito chiuso o programmi monolitici-sacri da eseguire.

La prassi insurrezionale e l’azione diretta distruttiva sono un contributo come qualsiasi altro alle lotte che ho sempre condiviso e praticato insieme a semplice attivismo anarchico come la stampa e distribuzione di opuscoli, volantini, giornali anarchici, di liberazione animale e della terra, cosa che faccio da quando avevo diciotto anni e fino al giorno prima del mio arresto a ventotto. Tra l’altro – oltre al solito “materiale interessante” – mi sono stati sequestrati diversi scatoloni di materiale per la diffusione e apparecchiature per la stampa.

Capisco come sia una vera tristezza dover stare a sottolineare certe cose che dovrebbero essere scontate ma purtroppo c’è chi ancora non perde occasione (e non ha perso occasione) per giudicare “gli incendiari senza testa”, l’“utilità” e “inutilità” delle azioni e le solite analisi da salotto anarchico sulle azioni “fuori dal contesto sociale” (?)…

Al di là che contro questo sistema di controllo e contaminazione totale, dallo sbirro alle nanotecnologie, non c’è nulla che sia “fuori dal contesto” perciò anche l’“utilità” la ritengo una miseria cittadinista. Ma d’altra parte mi pare che da quanto ho capito magari “le azioni che contano” sarebbero cosa, un po’ di vernice su una sede del Partito Democratico perchè PROTAV? Ma andate a cagare… NON siamo tutti “No Tav”.

Poi mi chiedo come fa chi mette in pratica anche, ripeto anche, azioni dirette e rivendica una progettualità informale, contesti di lotta ecc. ad essere “senza testa” come in un gioco finito male? Ma ormai questi imboscati nei movimenti, professionisti delle chiacchiere e le loro combriccole stanno raschiando il fondo del loro barile vuoto e putrido in cui gozzovigliano da sempre.

Dico questo anche per sfatare miti ed esaltanti leggende o immaginari mondi sotterranei da setta segreta paramilitare di sacrificati alla Causa sopra ogni cosa. Non sacrificherei i miei piaceri e le mie passioni per nulla, perchè anche l’azione distruttrice e l’azione rivoluzionaria è parte dei miei piaceri e passioni nei loro istanti furibondi in cui si prendono pezzi di liberazione, dove si viola il controllo, si diffonde il disordine scuotendo il tepore e si toccano attimi di libertà non concessa che vivo a pieno con la vita.

Scegliere di agire è decidere di godere a pieno della vita e della propria anarchia, di condividere con le affinità un percorso in cui idee e pratiche si fondono, di distruggere ciò che ci distrugge e tutto ciò che ostacola il sentiero di liberazione totale.

Agire è dare a noi stesse/i una volontà e ricerca di un’esistenza coerente con le nostre idee di pari passo con la prassi. Altrimenti si fa filosofia, ci si impolvera come i libri e le letture “sovversive” radicali di cui spesso ci si riempie la bocca finendo un po’ per essere complici dell’abitudine all’ordine delle cose nella pace sociale e politica della democrazia.

Lasciando poi tutto al ruolo verticistico assembleare, dei ruoli o delle scalette programmatiche pseudo elettorali, si diventa diplomatici dell’anarchismo istituzionale o, nel salotto “green”, dell’anticivilizzazione da corso universitario di antropologia amazzonica.

Io rappresento me stesso, e le mie posizioni su qualunque cosa le trovate nelle mie stesse parole e negli scritti con il mio nome in fondo all’ultima pagina.

Generalmente non mi riconosco nei concetti di “Movimento” o “Movimenti” perchè è un’omologazione fine a sé stessa che nega le diversità e i rapporti di affinità che non dovrebbero essere mai compromessi a seconda delle circostanze. Trovo in certe retoriche e politiche generali una sorta di sotterfugio autoritario in cui governano ruoli, metodi standard e abitudini, o linee politiche a cui si deve (anche informalmente in ambienti “antiautoritari”) rispondere, etichette comprese (vedi “no tav”).

So bene di come in certi contesti di movimenti sociali e antagonisti al di là delle definizioni di “anarchici e rivoluzionari” (in cui ci si può liberamente riferire) si facciano sempre più chiacchiere soprattutto sul computer e social network / blog radicali, e una lotta da politica del consenso di massa (definita “collettiva”) assolutista, conciliante e condivisiva con la democrazia sia nei mezzi che nel linguaggio (istanzericorsi- vertenze-reclami-petizioni…) per il miglioramento dell’esistente “da riformare”.

Ma d’altra parte ora tutto è “rivoluzionario” quando serve a giustificare la propria parrocchia: un parroco o un pensionato NO TAV, ogni lamentela cittadina, un nuovo prodotto hi-tec, iniziative di attivisti dei social network, flash mob o una scopa elettrica per la casa…

Naturalmente non sto qui a dare direttive o soluzioni per la “Rivoluzione” – cosa che non mi interessa come obiettivo d’attesa/speranza a lungo termine come anche a breve – ma sto tutelando e condividendo idee e prassi anarchiche in cui credo, soprattutto dal parassita politico del cittadinismo anarchico che si insinua ovunque soprattutto fra i movimenti “antagonisti”.

Mentre alcune delle azioni per cui sono stato condannato provocavano due o forse più riunioni straordinarie per l’ordine e la sicurezza, installazioni di un vespaio di telecamere da parte delle istituzioni locali a difesa e tutela delle aree urbane (azione-reazione) certi “ambienti di movimento” se la menavano con le “infiltrazioni dei fascisti”; “gente venuta da fuori”; critiche, sospetti e illazioni che magari nella “rete” raggiungono livelli infami o ridicoli che forse nemmeno sigle e rivendicazioni possono affrontare: il circolo degli idioti è sempre pieno.

Ma naturalmente si sa come gli “antagonisti”, da buoni comunisti con la A cerchiata, tifino guerriglie e guerrette a chilometraggio di sicurezza dalle loro chiappe (EZLN, PKK, PALESTINA, ETA, “Valsusistan”…) magari di strutture paramilitari/gerarchiche mentre la “guerra sotto casa” no visto che sono in democrazia liberale con buone prospettive di miglioramento dello Stato sociale.

D’altra parte si sa che per certi militanti cittadini anarchici o autonomi è “inutile” incendiare banche o sabotare impianti industriali (a meno che non ci sia un guadagno d’immagine o politico di consenso) visto che “tanto sono coperti da assicurazione e perciò paga la gente quindi denaro pubblico…”. Questa sì che è Rivoluzione! Per carità…

Il cittadinismo, come il riformismo, di alcuni (solo alcuni?) movimenti sociali e parte del Movimento anarchico viene spesso esposto come “libera opinione” (che è scontata) o “punto di vista”, mentre per quel che mi riguarda l’ho sempre vista per quello che è e cioè una precisa posizione politica e una dissociazione a volte ai limiti della delazione e non solo ai limiti.

Ai primi attacchi della Federazione Anarchica Informale con l’invio di “pacchetti”, per chi ha la memoria corta, si mise in opera il teatrino isterico-clericale del “Movimento” che sembrava la sagra della notte della Repubblica o “golpe borghese”: complotti, servizi segreti “deviati” (come se quelli dritti sono buoni), infiltrati, strategia della tensione e altre cazzate di chi è sempre preoccupato per i cali di consenso percentuale popolare e di chi sa da politicante anarchico “cosa deve o non deve fare un anarchico” (per piacere alla società civile) in previsione di campagne (anti)elettorali, l’utile e inutile come al solito.

Niente di diverso è accaduto ad esempio con l’azione armata dei compagni Alfredo e Nicola contro l’ingegnere Adinolfi, anche in quel caso, chissà, qualche tremolante anarchica/o avrà forse sperato o pregato che non fossero anarchici i responsabili o addirittura che non fosse “una cosa politica”, e quando una rivendicazione mise nero su bianco la spontaneità nichilista e rivoluzionaria di due fieri nemici della civilizzazione tecnoindustriale e scientifica si sono viste le necrosi putride dell’anarchismo addomesticato e istituzionalizzato “in movimento”: dissociazioni, crisi di panico identitario, interviste in tv per spiegare che “l’anarchia è altra cosa” (fatte anche da alcuni spazi sociali), giudizi, reclami alle prese di distanza e altre schifezze…

Le cose cambiano quando si scuote il tepore e si smuove il ristagno marcio della pace sociale in cui marcisce l’anarchia dello scaffale storico e d’ambasciata, del salotto delle chiacchiere. Si capiscono molte cose come il fatto che le chiacchiere se le porterà via il vento mentre i fatti no; le delazioni e le spavalderie “digitali” qualche calcio nel sedere. Ma ultimamente il movimento “anarchico” sembra assomigliare sempre più al Movimento 5 Stelle… comunque certe cose non è che mi tolgano il sonno.

Preferisco lasciare alcune mie riflessioni sull’approccio democratico e riformista alle lotte per altre occasioni, non sono del migliore umore per condividere ed esporre cose che reputo importanti e forse non è il caso in questo documento.

Francamente stare a vedere poi un Movimento di liberazione animale impegnato a fare assemblee su politiche nutrizionali di educazione di massa e consumismi alternativi, politiche sugli animali domestici “pet”, o sempre più “armati” di tastiere sui social network e ricettario vegano mi continua a lasciare l’amaro della decadenza.

L’azione diretta si è furbescamente classificata come “opzione” quando senza di essa non c’è liberazione ma una brutta copia dell’associazionismo protezionista. L’attivismo (di strada) apre le menti, l’azione diretta apre le gabbie!

Si parla tanto di sabotaggio, e l’“ambiente” – sempre più salotto universitario – ecologista radicale anarchico sarebbe il caso che dicesse qualcosa di propositivo e condivisivo. Non si sta mica dando “lezioni” ma, ripeto, condivisioni d’esperienze… Spero che non ci stiamo tutti perdendo nelle analisi sull’“imminente collasso apocalittico” o sul “cosa ne sarà di noi quando finirà il mondo?”… buonanotte.

Questa specie di Movimento “anarchico” sembra volersi adeguare e regalare sempre più alla società produttiva svendendo le idee/prassi insurrezionali per vendere illusioni e cure anestetiche del Sistema, blatera di “Megamacchina” e “distruzione” ma restano solo chiacchiere e parole per poi amalgamarsi per un consenso da “partito anarchico”, fino poi a sciamare come piccoli insettini nell’isteria “collettiva” sorretta dalle solite vecchie retoriche sociali e i soliti vecchi inciampi raffazzonati.

Una metafora appropriata che lessi non mi ricordo dove gli si addice: sembra di vedere un cane inferocito che abbaia e ringhia inseguendo una lepre, la rincorre allo stremo e… peccato, l’avrebbe presa se non si fosse fermato a cagare…

Mi si spezza il cuore nel sentire le nefandezze del Progresso che continuano ad avvenire sul Pianeta e soprattutto nelle terre in cui sono nato e cresciuto, i Castelli Romani. I progetti di Città Metropolitana del parassita di Roma Capitale stanno inglobando colline e campagne con grandi progetti infrastrutturali; i territori subiscono la cementificazione civile (non “selvaggia”); centrali a biogas-inceneritori-antenne stanno diventando “parte del paesaggio” mortifero e vengono pianificati interramenti di tonnellate di rifiuti. Ma stiamo a guardare o si farà qualcosa? Magari, e possibilmente, qualcosa di rivoluzionario e diverso/opposto dal seguire politiche e “truffe culturali” ecologiste dei parassiti capitalisti di sinistra “green” o del salotto NOGLOBAL, e fuori da mezzi/linguaggi riformisti da comitato cittadino.

Non mi faccio troppe illusioni. Se qualcuno mi racconta favole che la gente o “i compagni” si stanno svegliando è certo che si riaddormenteranno presto perchè il tepore concilia il sonno, la questione non è chi si sveglia e chi resta a dormire, il mio obiettivo è sempre scuotere il tepore.

Non voglio poi disturbare moltx compagnx di Roma e dintorni che credo, come un po’ tuttx, ora siano “impegnatissimi” a stampare magliette e adesivi NO TAV (consumismo solidale), nelle politiche ferroviarie e qualcun altro/a starà finendo di contare firme raccolte nei referendum popolari o ad organizzare gite in Val Susa tipo santuario di Medjugore.

Deboli le menti del gregge umano che si muove ai fischi dei pastori e all’abbaiare dei loro cani…

Non ho alcuna intenzione di stare in un ruolo carismatico (in gran voga nella società e nei movimenti) e ciò lo dimostra il mio atteggiamento introverso e antisociale, non c’è bisogno di fare caricature ma di accettare gli individui e sostenerli per quello che sono e fanno.

Prigioniero politico lo sono per scontatezza e ogni processo è politico in un certo senso, mi fa sorridere che qualcuno ogni tanto scopra l’acqua calda.

Certamente non sto qui a reclamare raccolte di denaro dei “benefit” fini a sé stessi o elemosinando niente; questo, sia ben chiaro, lo dico ringraziando chi mi ha sostenuto economicamente.

La solidarietà rivoluzionaria è altra cosa, la “complicità” lo stesso, non certo una parolina da mettere per colorire una frase retorica o slogan…

Personalmente ho sempre rifiutato e rinnegato le illusioni socialiste e giudaico-cristiane di “future umanità” o “mondi migliori” e “giusti”, come le analisi di pianificare società vegane, etiche e qualsiasi altra “società perfetta” a immagine e somiglianza delle dottrine culturali che la civiltà antica e poi quella tecno-scientifica riproducono nelle stesse strutture e forme di controllo e ordine sociale.

Lascio i massimi concetti di Rivoluzione agli analisti politici, la Rivoluzione con la R moscia e maiuscola che sembra sempre più una caricatura tra il cinematografico e il romanzato che lascerei a certi movimenti sociali e digitali, indignati e “precari” (altro ruolo di sistema) in cerca di migliori opportunità di lavoro e contratti sicuri per il “Futuro” (nel sistema di sviluppo). Magari per l’occasione metteranno la loro mascherina del loro eroe preferito armati di smartphones e a colpi di “twitter”.

Sono convinto che ogni ipotetico “gregge rivoluzionario”, al di là dell’inevitabile uso della violenza, vuoto di autodeterminazione e liberazione individuale contro le radici dell’indottrinamento-controllo della civilizzazione, degli autoritarismi e gerarchie sociali verrà sempre sopraffatto dai pastori e predicatori politici della dottrina.

Perciò presunte “vittorie” o “conquiste” avranno il loro compromesso di sistema da accettare e diverranno sconfitte nel momento in cui i professionisti e professori della Rivoluzione rappresenteranno e offuscheranno ogni atto di rivolta e libertà, individuale e collettiva, in nome delle logiche da “struttura collettiva” societaria di gestione di massa per soddisfare “indispensabili” (?) ordini civili e sociali.

Nessuna vittoria o conquista, solo la lotta. Si è liberi finchè si combatte contro l’autorità o il dominio, contro una terra selvaggia e ostile o nella vita stessa che ora affrontiamo per viverla (quanto possiamo) liberx dalla banalità dell’esistenza alienata.

L’anticivilizzazione per me è un percorso di liberazione, non un artificiale tentativo di simulare o somigliare a qualche tribù o comunità indigena vista in tv, su qualche opuscolo, su una rivista scientifica o in qualche gita turistica militante che illusoriamente definite “paradisiaca” solo perchè nel benessere (che non significa essere ricchi) non conoscete l’ostilità avversa del selvatico o le fatiche del sopravvivere con il minimo a disposizione, non lo è per niente “paradisiaco”.

“Anticivilizzazione” come atto di guerra: credo che in questa stessa parola si racchiuda una negazione e sovversione esistenziale dal controllo, dalla coercizione e dall’ordine delle cose, in cui prendono forma teorie/azioni e la spinta propulsiva della rivolta del civilizzato che nella coscienza dei suoi atti rivendica l’ostilità e la sua dichiarazione di guerra alla civilizzazione.

Per il resto la nostra vita è troppo breve per programmi a lungo termine e soprattutto mettiamoci in testa che siamo civilizzati, lo dimostra il fatto che state leggendo queste parole. Potete andare a rifugiarvi da eremiti dove volete ma sarà solo una vacanza-fuga perchè non potete fuggire da quello che avete nella testa, ciò che vi hanno insegnato e quello che avete vissuto. Ma proprio per questo dobbiamo prendere coscienza di ciò che siamo per combattere e mettere in pratica le nostre lotte e le volontà conflittuali.

Il selvaggio è sempre un punto di riferimento reale per cui lottare e combattere, una prospettiva ancestrale non scritta e fuori dalle scritture “primitiviste”/apocalittiche di qualche filosofo del Fans Club di Neanderthal o Cro-Magnon del III° Millennio che ritengo da sempre passive, senza prassi insurrezionale e di rivolta, buone per sviluppare sempre più “seghe mentali” e quelle che definisco “acrobazie antropologiche” della cultura occidentale…

Nel mondo una moltitudine incontrollabile di insorti dell’anarchia ha deciso di affrontare a occhi aperti lo scontro. Anarchici/che della prassi affrontano il presente da un punto di non ritorno dichiarando guerra alla macchina tecnologica-industriale e scientifica. Coscienti che non ci sono da fare più analisi su presunte migliorie o “autogestioni” di questo esistente e che il peggio deve ancora venire portiamo il nostro inferno di fuoco su questo paradiso artificiale di plastica, una collera feroce contro un mondo civile del controllo, una furia che porta con sé l’unica cosa che non sa gestire il dominio: il disordine e il selvaggio.

Una guerra con le lancette di una bomba ad orologeria puntate sul QUI ed ORA, una spietata opera demolitrice nella prassi multiforme d’attacco in cui si sviluppa l’azione diretta distruttrice e sovvertitrice del presente. La “distruzione” non è più uno slogan vuoto e sterile per colorire i contenuti ma si trasforma in rivendicazione, si scende nelle strade, i boati scuotono la quiete civile, le fiamme illuminano la notte e ferite che non si rimargineranno vengono inferte con l’attacco e lo scontro fisico.

La galassia di stelle dell’internazionale nera anarchica scaglia le sue comete inferocite sull’esistente mortifero civilizzato e pacificato. Gruppi di affinità, cellule, nuclei e singoli continuano a infierire colpi lasciando un segno indelebile della propria esistenza sulla faccia di questo mondo…

Ringrazio chi mi ha sostenuto e continua a farlo in diversi modi, anche i più semplici, e chi mi è stato/a vicino. Un abbraccio caloroso ai/ lle compagnx che da ogni parte del mondo hanno scritto e continuano a farlo. Vorrei mandare un saluto fraterno e complice a chi ha scaldato i nostri cuori con l’azione diretta: dai/lle compagnx che hanno liberato animali agli incendi che hanno illuminato le notti in Italia, Inghilterra, Grecia e ovunque… ero lì anch’io con il pensiero.

Solidarietà rivoluzionaria e forza a tuttx le/i prigioniere/i rivoluzionari in tutto il mondo e a chi libero/a sfida le battute di caccia del nemico.

Concludo con un saluto fraterno ad Adriano, so che sente le stesse mancanze che sento anch’io di tutto quello che “temporaneamente” ci hanno tolto.

Ai maledetti dell’ordine che ci hanno riservato questo trattamento democratico dico che le vostre sentenze e rappresaglie violente non ci spezzeranno, quello che sente il mio amico lo sento anch’io, quello che fate a lui lo fate anche a me… la collera cadrà sulle vostre teste.

Viva la lotta anarchica rivoluzionaria! Morte al progresso tecnoindustriale e scientifico!

Lunga vita alla FAI/FRI e all’internazionale nera!

Per l’anarchia e la liberazione totale.

GIANLUCA

10-01-2015

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