Dove cessa la necessità, comincia il delitto.

Dove cessa la necessità, comincia il delitto.

Che la violenza di stato sia oggi più bieca che mai, con le pesanti dichiarazioni che criminalizzano i dissensi, le manovre legislative atte a creare un sovranismo che si allinea alla piega di povertà e chiusura culturale mondiale, il tentativo di sopprimere ogni forma di diversità, l’abbandono istituzionale delle parti più vulnerabili e il trattamento indiscriminato dei ribelli da parte degli aliti infausti dei mangiatori di carcasse democratiche, non ci sono dubbi.

Terroristi dicono, sovversivi! Sappiamo bene quanto sia nevralgico il punto in cui un’entità trova il potere di definire un focus e da questo riesce ad organizzare, controllare, gestire e definire il circostante. Ho paura: di come si possa superficialmente abboccare ad una lenza appositamente lanciata in un lago circoscritto da sgherri armati di pistole d’ordinanza, manganelli o semplicemente mini-registratori e taccuini di pennivendolo utilizzo. Una pozza d’acqua che non scorre e non rompe gli argini anche se a volte può sembrare che sia così. Qual è il risultato? Fermi, botte, arresti…e il successivo impiego delle forze solidali che devono cimentarsi nell’organizzazione continua di raccolta fondi e di spreco di forze umane ed economiche per tirare fuori i compagnx dalle galere o ‘solo’ per fargli sentire la vicinanza. Ben venga tutto questo, la solidarietà resta pur sempre un’arma! Ma se queste forze, tante, multiple, diverse, fossero impiegate per una pratica del presente comune non sarebbe tutto più socialmente proficuo? Sappiamo bene come da anni le prefetture italiote giochino una partita già vinta in partenza in materia di gestione della piazza. Lasciano fare, disegnano un confine invalicabile e fanno si che all’interno di questo vi sia la sensazione della rivolta. Sensazione si, perché l’unica cosa che si rivolta è lo stomaco di tuttx quellx che a fine giornata sanno di non aver conquistato un bel niente se non altri spazi di isolamento rispetto a quelli che il campo lo guardano da fuori, spaventati e spesso inorriditi. Si potrà ribattere a questo pensiero sostenendo che “agli anarchici non interessa il consenso”, “l’avanguardismo è roba da leninisti”, “il presente è da prendere qui ed ora”. Ecco… il presente da conquistare… romanticamente svincolato dalla sua processualità temporale e innalzato a momento della presa di coscienza collettiva contro tutto e tutti non sembra essere tale quando l’assalto è sbandierato ai quattro venti, quando la rivolta è organizzata senza una retrovia pronta a sostenerla. Non ci saranno gabbie da cui uscire e argini da rompere perché le sbarre saranno costruite mediaticamente e gli argini innalzati giusto un po’ più in là rispetto al suv di turno appositamente parcheggiato in bella vista. E a chi fa bene tutto questo? Non di certo a chi verrà internato nei lager di stato (le prigioni in tutte le loro forme si riempiono e le lotte si privano di componenti), non a tutti quelli che muoiono in mare, non a chi si ritrova di fronte all’impossibilità di scegliere di praticare o meno un aborto, non a quellx che sono costretti nell’indigenza. Farà bene invece alle carriere sbirresche che a colpi di repressione avanzano (cosi come i loro stipendi), farà bene ad ingrassare le pagine dei giornali, ai balordi al governo che verranno legittimati nel loro fare, alle casse dello stato pronto ad insaccare i denari degli imputati attraverso i suoi molteplici apparati.

Nel 1921 Errico Malatesta scriveva che “è il criterio dell’utilità a legittimare la violenza degli oppressi contro lo stato” ed io, in questo momento, il criterio di utilità non riesco a trovarlo. L’esibizione machista di una forza che non abbiamo e la prevaricazione sbirresca sui movimenti sociali non sono buone scuse per mettere in scacco, ancora una volta, un movimento diversificato e per questo potenzialmente determinante come quello libertario. La spettacolarizzazione del conflitto non può portare a nulla di concreto né di simbolicamente sovversivo. Possiamo decidere se aderire al discorso del potere che ci vuole terroristi, sovversivi, nullafacenti oppure iniziare a costruire un presente che non sia solo fatto di scritte sui muri e concerti punk, autoelogio di un conflitto sociale spesso immaginato dalle questure e confermato dal fare pseudorivoluzionario di molti. Iniziare a praticare l’ANARCHIA così che dopo la sacrosanta rivolta distruttrice vi sia la possibilità di ricostruire…non solo post sui social network ma un vero mondo libero per tutte e tutti!

Un pensiero ad Orso Tekoser, anarchico morto per la libertà!

TUTTI LIBERE !

Un libertario stanco di contare compagnx imprigionatx

Fonte: roundrobin