Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina

Lo stato russo sta cercando di conquistare l’Ucraina. Lo stesso stato russo che ha sostenuto la repressione del movimento di libertà bielorusso, e che solo poche settimane fa ha usato i carri armati per sedare la rivolta in Kazakistan. Putin sta cercando di estendere il suo dominio autocratico, schiacciando qualsiasi movimento di ribellione o resistenza dentro e fuori. Ora tutti i democratici occidentali cantano in coro per la difesa della libertà e della pace, ma si tratta di un’ipocrisia orchestrata: i democratici che ora invocano la pace, e le cui “operazioni di pace”, alias guerre di aggressione, rafforzano i rapporti coloniali di potere e sfruttamento con droni, bombe e occupazioni, sono gli stessi che forniscono armi ai dittatori e ai torturatori, e sono direttamente o indirettamente responsabili di massacri di rifugiati e insorti.

La santa pace in Europa, così come viene pubblicizzata da 70 anni a questa parte, non esiste, ed ha sempre significato guerra nel Sud globale – attraverso guerre per procura, attraverso forniture di armi, attraverso le frontiere e il colonialismo. Se l’Occidente copre le spalle all’Ucraina, è perché è un alleato. Entrambe le parti di questa guerra ci disgustano: invece di posizionarci da una parte o dall’altra, ci opponiamo a tutti gli eserciti statali e alle loro guerre – aborriamo non solo i loro massacri, ma anche la loro cieca obbedienza, il nazionalismo, il fetore delle caserme, la disciplina e le gerarchie. Quindi, se ci opponiamo a qualsiasi forma di militarismo e di stato, non significa che pensiamo che sia sbagliato prendere le armi. Se gli anarchici ucraini ora scelgono di difendersi con le armi – loro stessi e i loro vicini, non lo stato ucraino – allora siamo solidali con loro. Ma una posizione anarchica contro la guerra – anche contro una guerra di aggressione imperialista – non deve degenerare nella difesa di uno stato e della sua democrazia – o diventare una sua pedina. Non scegliamo la parte del male minore o quella dei governanti più democratici – perché anche queste stesse democrazie sono interessate solo alla propria espansione di potere e sono anch’esse costruite sulla repressione e sull’imperialismo.

L’essenza di qualsiasi stato è la guerra: occupa il territorio e si dichiara l’unico legittimo detentore della forza – difende i suoi confini e controlla la popolazione che deve servirlo. In questo senso, il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno anche a tutti coloro che oggi fuggono dal reclutamento forzato, a tutti coloro che disertano, che si rifiutano di sparare al nemico perché indossa l’uniforme sbagliata o parla una lingua sbagliata. Questa solidarietà, che supera le frontiere costruite del nazionalismo e alla fine porta alla fraternizzazione, può essere rivoluzionaria. Perché quando la gente nel territorio dello stato russo scende in piazza contro la guerra, e gli abitanti dell’Ucraina fuggono dal reclutamento forzato, questa è una dinamica che si libera di tutto il letame nazionalista che lo stato cerca di piantare nei nostri cuori e nei nostri cervelli, il cui risultato è solo mentalità da branco, culti di leadership e mascolinità, martirio, massacri, fosse comuni e genocidi. Questo nazionalismo porta a dividere le persone in carne da cannone e nemici da eliminare – ci porta a non vedere più gli individui, ma solo eserciti, uniformi, nazioni, etnie, credenti – alleati o nemici. Tuttavia, quando le persone disertano la logica di guerra dello stato con o senza armi, quando gli individui resistono a qualsiasi occupazione statale con o senza armi, quando le persone aiutano e sostengono i rifugiati e i disertori, quando gli individui fraternizzano attraverso i confini e le linee di guerra – qualcosa può essere fatto per contrastare il bagno di sangue dello stato. Se lo stato, i suoi generali e politici conoscono solo il linguaggio dell’oppressione, gli oppressi conoscono il linguaggio dell’empatia e della solidarietà. Alla fine della guerra, sono sempre i ricchi e i potenti che l’hanno voluta, poiché sono gli unici che ne beneficiano attraverso il potere e il denaro – quelli che vengono massacrati sono sempre i poveri, e non importa quale regime, il ruolo di schiavi, sfruttati ed esclusi è sempre destinato a loro. I pezzi grossi ucraini sono stati i primi a lasciare il paese in jet privati.

Mentre l’Occidente fornisce armi all’esercito ucraino, la macchina della propaganda e del riarmo è anche qui in piena attività sul fronte interno: la Bundeswehr deve essere riarmata – la popolazione deve essere mobilitata contro la Russia. Mentre le bombe esplodono a poche centinaia di chilometri di distanza, qui prevale la “pace” militarista: nuove armi, nuovo equipaggiamento, nuovi soldati devono essere comprati, prodotti e addestrati. La popolazione è di nuovo terrorizzata dopo lo stato di emergenza di Covid, ed è chiaro chi deve seguire e chi deve proteggere: Papà Stato, armato fino ai denti.

Allo stesso modo, ci troviamo di fronte a una mobilitazione “culturale” già nei primi giorni di guerra. Ci viene ricordato che l’Ucraina è vicina a noi non solo in termini di chilometri ma anche di cultura. Immediatamente, la fazione culturale della sinistra-liberale a radicale, sa come può sostenere la guerra contro l’espansione del nemico russo in casa. Quel margine di manovra subculturale in questioni di stile di vita – che la democrazia offre così generosamente e che è stato così massicciamente limitato o relegato alla sfera digitale negli ultimi due anni – viene evocato per attirare e cementare un senso di unione con l’alleato e separazione con il nemico nel cuore della popolazione. Perché senza l’appoggio culturale della classe colta di sinistra-liberale, l’ulteriore militarizzazione materiale dell’Occidente, già annunciata all’inizio della guerra, non può essere attuata così facilmente.

Questa propaganda di guerra militarista e culturale può e deve essere interrotta e sabotata. Nelle prossime settimane e mesi ci confronteremo con la retorica di guerra e la propaganda volta a far sì che la popolazione si schieri fermamente dietro lo sforzo bellico occidentale, con tutti i mezzi: “Noi come democratici sosteniamo l’Ucraina con tutti i mezzi, perché si sta difendendo contro la malvagia dittatura russa”. Questo sarà il tenore, ma alla NATO non interessano più o meno libertà per la popolazione ucraina, ma linee geopolitiche di difesa, mercati e sfere di influenza, e per queste sarà disposta a mettere in moto miliardi di euro e cartucce.

Noi vogliamo opporci alla guerra tra due stati con il nostro antimilitarismo: un movimento contro la guerra che non si riferisce alla solidarietà con una nazione o con uno stato, ma al rifiuto di qualsiasi guerra di stato. Non importa in quale territorio viviamo, possiamo interrompere, disertare e sabotare la propaganda, la logistica e la logica della guerra: interrompendo la mobilitazione nazionale e continentale, disprezzando ogni mentalità da quadro e reclutamento, attaccando il riarmo interno e la militarizzazione, sabotando le linee di rifornimento militare e bloccando l’industria delle armi.

Nel frattempo, ciò che sta accadendo in Ucraina ci sembra caotico: mentre il numero di morti tra i civili è alle stelle, sentiamo voci che i civili vengono armati. Se gli eventi caotici dovessero svilupparsi nella direzione di una guerriglia o di una guerra partigiana, questo potrebbe eventualmente – ma non inevitabilmente – aprire possibilità per i rivoluzionari. E così, gli anarchici che si trovano sul territorio dello stato russo, speculano sul fatto che un fallimento della guerra di aggressione potrebbe portare a sommosse e rivolte in Russia.

Tuttavia, dato lo spargimento di sangue in corso, siamo consapevoli che la guerra e la militarizzazione di solito generano solo più guerra e militarizzazione, e la sofferenza e la miseria che portano con se oscurano le possibilità di liberazione sociale… in questo senso, i nostri pensieri sono con la gente sul terreno, che sta esplorando le proprie strade senza piegarsi agli ordini e alle ideologie di uno stato.

27 febbraio 2022

Tratto da In der Tat n. 14, primavera 2022, via Zündlappen.  Un’antologia inglese con selezioni dai numeri 1-8 è disponibile per l’ordine all’indirizzo indertat [at] riseup.net.

Fonte: actforfree.noblogs.org

Traduzione: infernourbano