Contro il carcere per la liberazione di tutti e tutte

Modena, marzo 2020. Le lotte scoppiate in quasi tutte le carceri italiane, a seguito dell’emergenza Covid e della conseguente sospensione dei colloqui con i familiari e di ogni attività interna, hanno trovato una risposta feroce e assassina: 14 morti e centinaia di feriti in pestaggi che sono continuati anche nei giorni a seguire, come dimostrano le tante denunce pubbliche fatte da detenuti e familiari. Cinque detenuti sono morti nel carcere di Modena e altri quattro durante il loro successivo trasferimento, ulteriori quattro sono morti nel carcere di Rieti e uno in quello di Bologna. La versione ufficiale dello stato ha parlato di morti per overdose di farmaci, ma parliamo dello stesso Stato che non ha diffuso i nomi dei morti per un mese e che ancora oggi non ha effettuato l’autopsia su molti di quei cadaveri.

Ora siamo di fronte alla “seconda ondata” del virus, quella che già sapevamo ci sarebbe stata e per la quale non è stato fatto nulla né sui posti di lavoro, né sui mezzi pubblici, né, tantomeno, negli ospedali e nelle carceri.

Lo stato di emergenza dovuto al Covid19 si rivela per quello che è: un nuovo strumento nelle mani di padroni e sgherri in divisa o in toga per scaricare i costi economici e sociali della ristrutturazione di questo sistema marcio, ancora una volta sulla pelle di sfruttati/e e oppressi/e. I primi a pagarne il prezzo sono le immigrate e gli immigrati, costretti a portarsi ancora addosso lo sfruttamento e l’oppressione coloniale che li ha portati ad emigrare.

Distanziamento e controllo sociale, multe, violenza poliziesca, processi, centri di internamento, espulsioni e carcere sono le linee guida di ogni progetto di governo futuro. Ora più che mai, come compagni e compagne, rilanciamo la solidarietà, la condivisione e la partecipazione collettiva agli appuntamenti di lotta, occasioni per conoscersi, produrre scambi e crescere insieme.

La situazione nelle carceri è, per fortuna, tutt’altro che pacificata sia dentro (battiture, scioperi del carrello, della spesa e proteste varie sono in crescita) che fuori (saluti e presidi da parte dei solidali).

Oggi siamo qui con una mostra che viene esposta un po’ in tutte le città. Si parla, ovviamente, delle proteste e dei detenuti morti, ma anche dei lavoratori, soprattutto dei facchini che hanno lottato e sono stati repressi in questi mesi, ed ancora di stragi, guerre e colonialismo. Insomma di tutta la violenza sulla quale gli Stati ed il Capitale fondano la loro esistenza e che, a noi, portano un ambiente corrotto che genera anche i virus letali come il COVID.

Siamo qui perchè sappiamo che ci sono, di nuovo, molti casi di COVID nelle carceri – più numerosi che nella prima ondata del contagio – casi portati dalla polizia penitenziaria che entra ed esce e dai nuovi reclusi, mentre nessuno viene mandato a casa per qualche tempo per scongiurare l’epidemia.

Siamo qui anche perchè in questo periodo si stanno svolgendo molti processi che coinvolgono centinaia di compagni e compagne (arrestati/e in diverse operazioni poliziesche denominate Scripta Manent, Panico, Ritrovo, Renata, Scintilla, Prometeo… ecc) destinati/e a lunghissime pene, vista l’aggravante strumentale di terrorismo. Inoltre chi lotta contro il saccheggio capitalista del pianeta viene considerata “persona socialmente pericolosa” e va incontro a misure di “sorveglianza speciale”. Una di queste misure verrà valutata, proprio a Genova, il 25 novembre.

A fronte di tutto ciò sono state quindi indette, a livello nazionale, due settimane di mobilitazione e solidarietà dal 9 al 24 novembre.

Contro la differenziazione e l’isolamento carcerario

Per ricordare i morti nelle carceri

Per rispondere ai nuovi confinamenti e al coprifuoco

IN UN PRESENTE INCERTO – per noi ma anche per i padroni – L’UNICA CERTEZZA E’ CHE RESISTERE E CONTRATTACCARE E’ GIUSTO.

Spazio di documentazione Il Grimaldello, Via della Maddalena 81r

Fonte: ilgrimaldello.noblogs.org