Comunicato di Claudio Cipriani su 41bis ed ergastolo ostativo

41 Bis – Ergastolo Ostativo – Pene Alternative – Solidarietà Carceraria contro la pena di Morte.

La nascita del 41 bis

Nel maggio del 1977, con un decreto ministeriale a firma di Bonifacio-Lattanzio-Cossiga (rispettivamente Ministro della Giustizia, della Difesa e degli Interni) intitolato ” per il coordinamento dei servizi di sicurezza esterna degli Istituti Penitenziari”, venne attribuito al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa il potere di coordinamento per la sicurezza interna ed esterna degli Istituti Penitenziari, il quale individuò alcune carceri più sicure ove destinare i detenuti più pericolosi. (Elton Kalica, La pena di morte viva, pp. 62). Nacquero così le carceri speciali.

Introducendo la norma dell’art. 90 si assegnava al Ministro della Giustizia il potere di sospendere il trattamento penitenziario nei reparti o negli Istituti ove si trovavano i detenuti sottoposti alla norma, per un periodo strettamente necessario è definito. Tale articolo cambiò pelle il 10 ottobre 1986 con la legge Gozzini, n° 663,prendendo il nome di art. 41 bis, di fatto venne sostituito il contenente ma il contenuto rimase altrettale. Sospensione del

trattamento, censura della posta, concessione di un solo colloquio mensile ecc.ecc. l’art. 41 bis fu originariamente pensato per punire i “terroristi” promotori di rivolte carcerarie col fine di isolarli totalmente dal resto della collettività interna. Solo nel 1992 fu esteso agli indagati o condannati per reati di Criminalità Organizzata per i quali ricorrano gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, onde, facendo riferimento anche ai reati commessi fuori dalle carceri.

La censura della posta i colloqui e le telefonate ridotte, l’impossibilità di cucinarsi, il vestiario limitato e tutto il resto fungono da deterrente devastante contro l’individuo, mirando ad un vero e proprio annichilimento dell’essere umano. Il regime di 41 bis è la forma più esecrabile di tortura verso il genere umano che si possa applicare ai propri simili. Di fatto è uno degli strumenti coercitivi di controllo più letali, da considerarsi non tanto illegale e anti-costituzionale, quanto immorale, inumano e degradante, degno dei peggiori campi di concentramento, un arma chirurgica in mano all’istituzione Totale delle carceri.

LA PENA DI MORTE

La pena di morte è la condanna con la quale si decreta la fine del condannato, conosciuta anche come pena capitale viene applicata ancora oggi in molti paesi come: la Corea del Nord, la Cina gli Stati Uniti ecc. In alcuni luoghi viene addirittura applicata per le diversità di genere o di religione, cosi ci si ritrova a vivere in una società che condanna a morte omosessuali e dissidenti. Anche l’Italia ha avuto i suoi alti e bassi. La pena di morte nel nostro paese fu abolita per la prima volta nel 1889 tranne che per i crimini di guerra, successivamente ripristinata nel 1930 dal Codice Rocco il quale prende il nome da Alfredo Rocco Guardasigilli del Governo Mussolini. Il Codice Rocco meglio conosciuto come Codice Penale, insieme alla costituzione è una delle fonti di Diritto Italiano ancora vigenti, non a caso in alcune leggi odierne troviamo ancora la dicitura Regio Decreto. La pena capitale venne successivamente abolita nel 1944 per essere ripristinata nel 1946 è abolita definitivamente nel 1948 tranne per i casi di guerra ove entra in vigore il Codice Militare. NeI 1994 a seguito di un referendum popolare fu definitivamente abolita anche dal Codice Militare, in oltre fu chiesta l’abolizione in tutti i paesi membri dell’Organizzazione Delle Nazioni Unite, tale proposta partì proprio dall’Italia, promotori della moratoria furono l’associazione Nessuno tocchi Caino e il Partito Radicale. Dopo un lungo ostruzionismo il 15 novembre del 2007, sostenuta dal Parlamento Europeo la moratoria universale sulla pena di morte venne approvata dall’Assemblea Generale Delle Nazioni Unite con 99 voti favorevoli; 52 contrari e 33 astenuti. Il 18 dicembre l’Assemblea Generale Delle Nazioni Unite con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti mise fine alla sua applicazione. La moratoria fu fortemente voluta dall’Italia. Ora, quello che mi chiedo io è: “come mai un paese così civile, che ha lottato per l’abolizione della pena di morte, il quale si è fatto portavoce e promotore di innumerevoli iniziative continua ad applicare tale pena ai suoi cittadini?”. Perché signori miei, fino a quando lo Stato, in nome di quello che sembra essere diventato un giustizialismo mediatico continua ad applicare l’ergastolo ostativo, il fine pena 9999, non sta facendo nient’altro che applicare una pena di morte mascherata, ancor più lenta e dolorosa. Nessun cittadino vorrebbe farsi giustizia da solo, o meglio,sono veramente in pochi quelli che lo farebbero. Tutti sanno che uccidere un uomo è una cosa orribile, un reato mostruoso di cui nessuno vorrebbe macchiarsi, ma allo stesso tempo, tutti invocano il giustizialismo chiedendo allo Stato di macchiarsi del reato di omicidio. Possiamo raccontarcela in 1000 modi diversi, possiamo trovare tutte le scusanti che vogliamo, finché appoggeremo l’applicazione dell’ergastolo ostativo non lottando per la sua abolizione, anche le nostre mani saranno sporche del sangue degli ASSASSINI.

“Parmi assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano è puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino in pubblico assassinio.” (Cesare Beccaria).

Art.27 Costituzione della Repubblica Italiana. (…) L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

Misure Alternative alla detenzione.

Le misure alternative sono quelle misure che hanno lo scopo di realizzare la funzione “rieducativa” della pena.

Tali misure vennero introdotte com legge 6 luglio 1975 n° 354, successivamente vennero ampliate con la legge del 27 maggio 1998 n° 165 e in seguito ridotte con l’introduzione della legge ex Cirielli la quale rideterminò il calcolo della prescrizione dei reati equiparandoli al massimo della pena del reato contestato, causò un aumento delle condanne in termini di recidiva è suscitò dei dubbi sulla sua costituzionalità. Ad ogni modo, le misure alternative consistono in: Affidamento in prova al servizio sociale (con o senza lavoro), Detenzione domiciliare, Regime di semilibertà e Liberazione anticipata.

Come detto poc’anzi le misure alternative hanno una funzione “rieducativa” del soggetto, ri-e-du-ca-ti-va, scusate la mia divergenza di idee con l’Istituzione ma sul discorso della rieducazione avrei tanto da dire. La parola rieducato presuppone che un individuo debba essere ri-educato rispetto ad un determinato comportamento, rispetto a quella che viene definita una devianza, ossia un comportamento non conforme alla norme e aspettative culturali di base, ma chi stabilisce cosa non è educato, chi stabilisce cosa e quali sono le devianze? La famosa linea di demarcazione. Come si definisce un comportamento normale? È normale ciò che è più comune? Ciò che è in linea con le credenze culturali del contesto sociale in cui ci troviamo? È normale colui che rispetta le norme ed è anormale chi non le rispetta? O meglio, è considerato sbagliato non rispettare una norma anche quando questa norma è moralmente ingiusta? Quante volte riflettiamo su queste domande? La scelta del comportamento definito deviante dipende dal contesto sociale in cui esso si manifesta o in cui si vive. Ad esempio ancora oggi, in alcune culture alle donne è vietato fare politica, una loro partecipazione è tuttora ritenuta deviante. “Un azione non ci offende in quanto crimine, ma definiamo criminale un atto perché offende le norme sociali di base”.Piano piano capirete dove voglio arrivare.

Art. 3 Costituzione della Repubblica Italiana

Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali […].

Art. 21 Costituzione della Repubblica Italiana

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta a autorizzazioni o censure. Vi starete chiedendo cosa centri questo con le misure alternative, centra centra. Ora ci arriviamo. Alfredo Cospito (che non conosco personalmente ma al quale do tutto il mio sostegno come prigioniero) è un anarchico attualmente ristretto al regime di 41bis presso il carcere di Bancali (Sassari), la sua deportazione all’interno del 41 non sarebbe da attribuire ai reati commessi, quanto all’impegno e al contributo politico ( non in linea con l’Istituzione). Durante la lunga detenzione Alfredo ha intrattenuto relazioni epistolari costanti, con appartenenti alla sfera anarchica confrontandosi su varie tematiche politiche e non, collaborando con riviste della stessa matrice e alla pubblicazione di testi sulla storia del movimento. La sua attività si è sempre svolta in modo trasparente e perspicuo. Ciò nonostante è stato raggiunto svariate volte da avvisi di garanzia per il reato di “istigazione a delinquere”. La sua esternazione di pensieri politici è stata sempre pubblica e intelligibile. (Queste sono le informazioni che ho appreso tramite rassegna stampa). Come sottolineato dall’avvocato Albertini, nel caso di Alfredo il 41 perde la sua funzione, che è quella di decapitare l’associazione criminale tagliando i collegamenti tra il detenuto e i componenti di tale associazione. Nel caso di Alfredo la Ministra che ha firmato il decreto ha inteso bloccare, interrompere, perseguire e censurare qualsiasi forma di esternazione del pensiero politico non in linea. Lo stesso tribunale del riesame di Perugia dalle informazioni ricevute, conclude al massimo con la contestazione di una propaganda sovversiva violenta, che lo stesso legislatore considera non più punibile in quanto, una sola esternazione di pensiero. “_Le norme non scritte delineano a volte i confini dell’ordine sociale”_. Jakobs, giurista tedesco, descrivendo il diritto penale del nemico, sostiene che si tratta sempre di diritto, il quale però non viene applicato ai semplici cittadini che hanno commesso un reato, ma si indirizza al “nemico” sociale, andando a sanzionare i comportamenti dei soggetti che non hanno semplicemente violato la norma giuridica, ma che non riconoscono più l’intero Ordinamento Giuridico dello Stato, e pertanto, devono essere messi in condizione di non nuocere, non tanto per ciò che hanno commesso, ma per ciò che rappresentano agli occhi della società.

Non si punisce il reato, ma il reo; si punisce per quel che si è” e non “per quel che si fa. Il diritto penale del nemico diventa di fatto un NON DIRITTO. “Gli studi penologici ci dicono che la funzione latente del sistema di giustizia penale è prevalentemente quella di trasformare dei trasgressori della norma penale in criminali, cioè in soggetti pericolosi e quindi in nemici (M. Pavarini, I nuovi confini della penalità. Introduzione alla sociologia della pena. Edizione Martina, Bologna 1996. Elton Kalica, La pena di morte viva, Meltemi Linee 2019, pp. 46).

Quindi potremmo dire che quando delle azioni offendono la Coscienza Collettiva vengono punite con sistemi coercitivi o non proporzionati all’azione stessa.

Alcuni gruppi sociali hanno il potere di definire le norme, creare le regole e decidere che determinati comportamenti si possono sostenere e quali sono da considerarsi devianti, altri gruppi non hanno questo potere di conseguenza essendo la minoranza dovranno operare con non poca fatica per spostare i confini di ciò che è ritenuto accettabile. È accettabile che un individuo venga sottoposto al regime di 41 bis per esternare, anche se in maniera forte, il proprio pensiero politico? Perché se ciò è accettabile dovrete accettare che un giorno qualcuno entri in casa vostra e vi arresti per aver manifestato idee divergenti da quelle del sistema.

È accettabile che vengano applicate sentenze di morte tramite l’applicazione dell’ergastolo ostativo anche quando non vi siano i presupposti per farlo? È accettabile che venga applicata la pena di morte, anche in maniera velata? Perché se accettate questo dovrete accettare che un giorno possa capitare a voi o a un vostro caro, e cosa direte allora? Cosa farete se la pena applicata non ha nessun fondamento ma’ funge solo da monito per chi non si allinea con il pensiero collettivo? Alfredo dal 20 ottobre ha deciso di intraprendere uno sciopero della fame ad oltranza, ossia sino alla morte, per protestare contro il regime a cui è sottoposto perché ritiene che non valga la pena vivere in quelle condizioni. La lotta di Alfredo non è soltanto la lotta di Alfredo per Alfredo, è la lotta contro un regime di tortura, è la lotta contro la pena di morte, è la lotta contro l’ergastolo ostativo, è la lotta di ognuno di noi e deve essere una lotta collettiva, alla quale tutti dovrebbero partecipare.

Non combattere per una vita equivale a commettere un omicidio.

In questo scenario colloco la funzione delle pene alternative, in questo scenario colloco il “beneficio”.

Ad oggi l’unico modo per uscire da “lager” come il 41 è la collaborazione, ma chi finisce al 41 per aver esternato un pensiero politico divergente, su cosa dovrebbe collaborare? Ad oggi l’unico modo per accedere ai benefici di legge per chi ha l’aggravante dell’art. 4 bis è sempre il pentimento, la collaborazione, la dissociazione ecc. Vuoi accedere al beneficio? Ti devi dissociare, anche dall’ideologia, devi fare il mea culpa. Ciò si verifica anche tra noi detenuti in regime comune. Vuoi accedere hai benefici? Devi adottare una linea di comportamento conforme, rifiuti di lavorare (il più delle volte sottopagato) per l’Istituzione totale carceraria? Hai preso parte hai disordini come quelli avvenuti nel marzo 2020? Non importa se durante quei disordini sono morti 13 detenuti fatti passare ed etichettati come drogati, non sei in linea con il regime che ti viene imposto? Molto probabilmente non accederai ai benefici di legge. A questo punto il beneficio diventa uno strumento per assoggettare l’individuo carcerato al Controllo Sociale, che altro non è che l’insieme degli incentivi e delle “punizioni” che promuovono la conformità nella vita sociale. La domanda che tutti si dovrebbero porre è: La lotta contro l’ergastolo ostativo e contro il regime di tortura quale 41 bis è una lotta giusta? Se la vostra risposta è sì vi dovreste chiedere, come posso collaborare? Come posso supportare Alfredo? Come posso dare il mio contributo a detenutx come Anna, Ivan e Juan, anche loro entrati in sciopero della fame per sostenere il compagno Alfredo?” E ai quali, anche se non li conosco personalmente, invio tutta la mia solidarietà carceraria”. Perché ricordo, la lotta contro la pena di morte è la lotta di tutti. Io queste domande me le sono già poste, la risposta che mi sono dato è scontata è ovvia, ma mi trovo comunque dinanzi ad una scelta. Di scioperi della fame durante la mia carcerazione ne ho fatti veramente tanti, anzi tantissimi direi, ho portato il mio corpo all’esasperazione con un continuo altalenare di peso. Quello che ho imparato a mie spese però e che non è tanto lo stress fisico a colpirti (almeno, questo vale per me) quanto quello psicologico che è devastante, perché superata la soglia è veramente devastante. Nessuno sa cosa vuol dire uno sciopero della fame a oltranza, chi lo sapeva non lo può di certo raccontare, tutti gli altri sanno però cosa vuol dire intraprendere uno sciopero della fame lungo e duraturo, e chi sa di cosa sto parlando non me ne farà una colpa se dico che fisicamente in questo momento non mi sento in grado di intraprendere questa via come segno di solidarietà. Ma ciò non toglie che qualcosa va fatto, va dato un segnale, anche forte, ed io invito ognuno di voi a darlo in base alle proprie possibilità, io decido di darlo in base alle mie, è sono queste:

Comunicato di Cipriani Claudio dal penitenziario di Secondigliano.

In solidarietà ad Alfredo il quale ha intrapreso uno sciopero della fame ad oltranza contro il regime di 41 bis, contro l’ergastolo ostativo e ai compagnx che lo supportano.

In solidarietà a tuttx i detenutx che si trovano reclusi nel regime afflittivo del 41, e a tuttx coloro che sono sottoposti alla pena di morte tramite l’applicazione dell’ergastolo ostativo.

In solidarietà e come forma di rispetto per tutti coloro che giornalmente si battono per l’abolizione di queste norme e regimi, i quali sono da considerarsi anticostituzionali.

Rinuncio, come scelta personale e a questo punto come scelta politica all’applicazione anche futura dei benefici, quali eventuali affidamenti, detenzione, semilibertà, pur non essendo ancora nei termini per la loro applicazione, in quanto ritengo questi benefici strumenti volti ad assoggettare il detenuto, che al momento della loro entrata in vigore si è sempre più annichilito dinanzi alle molteplici forme di sopruso. Per cui sino a quando il governo non prenderà la decisione civica e morale di abolire l’ergastolo ostativo in quanto pena di morte, sino a quando non ci sarà una riforma giudiziaria volta allo smantellamento dei regimi di tortura e sino a quando il prigioniero Alfredo Cospito non sarà declassificato dal regime di 41 bis a cui è sottoposto io non richiederò e non accetterò alcuna proposta di beneficio.

Seguirà a mezzo di un secondo comunicato, la formulazione dell’istanza con la quale formalizzerò la mia volontà di rinunciare ai benefici di legge dinanzi alla Magistratura per i motivi elencati.

Se un carcerato può voler rinunciare alla libertà in nome della libertà penso che ogni carceratx possa a modo suo, dare il proprio contributo, anche minimo. La mia speranza è che tuttx i/le detenutx si riuniscano in una azione collettiva non violenta contro l’ergastolo ostativo, e a favore di tutti i punti elencati sulla petizione che attualmente gira all’interno degli Istituti, intraprendano uno sciopero collettivo della spesa dei generi del sopravvitto con l’esclusione di acqua e tabacchi.

Un abbraccio a tuttx Claudio

Fonte: tribolo.noblogs.org