Brecce n. 9 – Giornale murale @periodico, ottobre 2018

In questo numero
Panchine
Fantasmi
Bici
Biblioteca anarchica occupata Disordine
aperta tutti i giovedì dalle 19 alle 22
dalle 20:30 Cineforum

Panchine

A cambiare il volto di una città, non ci vuole molto. E quello di un quartiere ancora meno. Basta servirsi dei soliti giornali che a ripetizione scrivono articoli su articoli sull’allarme sicurezza, incitano gli abitanti a chiedere più controlli per le strade e più telecamere. E così le telecamere vengono installate a ogni angolo e i gli assidui controlli per strada si ripetono quotidianamente. A Lecce si chiama “legalità diffusa a oltranza” la tecnica poliziesca di dissuasione verso alcune categorie di soggetti. Ma la dissuasione – si tratta evidentemente di un eufemismo – non è dal commettere reati, ma dall’essere presenti, visibili. L’importante infatti è che il cosiddetto decoro che dovrà attirare i turisti, non venga disturbato o sporcato dalla piccola criminalità o da azioni che sfuggono ad una gestione della città tutta improntata all’immagine, al controllo, al suo divenire uguale a tante altre città del mondo; al suo essere fruibile da un’utenza che sia in grado di far circolare denaro. Tutto è mercato, tutto è merce, tutto è mercificabile e queste sono le regole che imperano. Gli immigrati, le prostitute, i facinorosi, di per sé saranno elementi di disturbo da allontanare, marginalizzare e criminalizzare. L’abitudine a vedere polizia, vigili o militari nelle strade sarà l’altra faccia della medaglia. Repressori o protettori, a seconda dell’esigenza, la loro continua presenza insinuerà l’obbedienza verso l’ordine costituito. Ma ci sono anche aspetti minori in grado di raggiungere i medesimi risultati. Al termine del rifacimento del manto stradale, da alcuni quartieri sono scomparse le panchine. Sì! Proprio le panchine, che permettono di riposare o scambiare quattro chiacchiere, oppure di sedersi per mangiare, bere, leggere, incontrare amici, trascorrere una serata in compagnia. Ancora prima ad essere eliminate erano state le fontane. No! Le nuove città non permettono più tutto questo, o almeno cercano di evitarlo laddove l’ossessione per la sicurezza ha alimentato la costruzione del deserto umano. Consumare è l’unica cosa consentita. Addomesticati o resistenti. La scelta è assolutamente necessaria.

Fantasmi

La prima vittima del fascismo, precedente all’assalto squadrista al giornale “L’Avanti”, fu una donna operaia. Teresa Galli morì il 15 aprile 1919 durante una manifestazione socialista e anarchica che si svolse in protesta alla repressione poliziesca avvenuta due giorni prima. Tra i tre e i quattrocento fascisti e futuristi andarono a caccia dei manifestanti armati di mazze, pugnali, pistole, bombe a mano. Uno di loro sparò e uccise Teresa. Alla fine della giornata ci furono quattro vittime. Da questo momento il fascismo ha espresso esattamente le sue caratteristiche. Contro la gente, contro le persone (di qualsiasi colore), contro i poveri, contro i lavoratori, contro la libertà, di ogni tipo. Quel secolo che ci separa da quella prima morte sembra d’un colpo essere ridiventato brevissimo e aver riportato in auge la reazione più feroce, l’oscurantismo più becero, l’imposizione di un’autorità brutale. Alcune settimane fa, una donna pensionata sgomberata da una casa occupata, in seguito al Decreto del nuovo ducetto in camicia verde, ha minacciato di darsi fuoco pur di non abbandonarla. Anche questa vicenda è espressione delle reali caratteristiche del fascismo dilagante della Lega. Contro le persone, contro i poveri, contro gli occupanti che non hanno un altro posto dove andare, contro la libertà. Ma per quanto l’atrocità e il totalitarismo fascista torni alla mente, oggi è il regime democratico a imporre tutto questo. A permettere a un ministro dell’Interno di giocare a risiKo con la vita e la morte di migliaia di persone, a permettere a un senatore di affermare di voler obbligare le donne a partorire, a permettere a degli insulsi governanti di tenere sul filo della speranza o dell’abisso milioni di persone. Chi semina vento raccoglie tempesta dice il detto; dovrebbe diventare una promessa contro chi agita autorità e sopraffazione pensando di non avere conseguenze.

Bici

Anche una bici può essere un cavallo di Troia in questo mondo tecnologico. Eppure, si dirà, essa rappresenta il movimento lento, ecologico, gratuito. E così è se la bicicletta costituisce un mezzo di trasporto attraverso il quale eliminare l’auto e di conseguenza il traffico e di conseguenza l’inquinamento; e così è se essa rappresenta un tempo dilatato per percorrere le distanze, senza orari imposti e con la possibilità di cogliere il paesaggio intorno. Tuttavia la poesia è soffocata se viene sostituita dal controllo, mentre il mezzo in sé – la bicicletta – diventa strumento di irreggimentazione. Altro non sono infatti le cosiddette smart cities, città interconnesse, tecnologiche, dove gran parte dell’attività umana si può svolgere attraverso una app scaricata sul proprio smartphone. Dove i lampioni sono intelligenti e sono dotati di sensori e telecamere che segnalano qualsiasi aspetto non conforme. Dove le banche dati accumulano informazioni a ritmo serrato e gli algoritmi matematici scandiscono tutti gli aspetti quotidiani, sempre uguali, ripetitivi, costantemente monitorati. In questo nuovo totalitarismo tecnologico è semplicemente la vita ad essere eliminata. Non hai lo smartphone? Sei assolutamente sospetto. Non usi il telefono per più di venti minuti? Segnalato come potenziale terrorista. Passeggi di notte per guardare le stelle, un lampione si accenderà al tuo passaggio per illuminare il buio che ormai non ti è più concesso e presto dimenticherai del tutto. Vuoi usare la bicicletta? Pagando una modica cifra – perché il denaro è la base di tutto – sarai sempre rintracciabile grazie alla geolocalizzazione e le passeggiate in qualche posto sperduto saranno solo un ricordo lontano. Tutto reale e già in vigore in varie città, nessuna fantascienza. Tra gli applausi generali a questa galera sociale ipertecnologica e il riformismo che spaccia per rivoluzione lo stringersi delle catene, nessuno sembra provare alcun dubbio. Eppure non è per nulla peregrino chiedersi come si produce l’energia che andrà ad alimentare questi modelli tecnologici. Abbiamo idea di quanto possa consumare un server informatico che dovrà gestire di fatto le app da scaricare? Se qualche dubbio cominciasse ad assalirci, forse la gabbia che ci stanno costruendo attorno ci sembrerebbe esattamente per quello che è. E forse continueremmo a prendere le bici, quelle senza denaro, senza geolocalizzazione, senza tempo e senza direzione. Che a disertare questo mondo basta davvero poco.

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