Bolivia: Uno sguardo anarchico sulla protesta

Riceviamo e pubblichiamo:

Gruppo di Traduzione Anonimo oppure Gruppo Anonimo di Traduzione Testi Anarchici

Ci sono libri che “non esistono”… perché incomprensibili (a causa di barriere linguistiche) oppure difficilmente reperibili. Perché non prendersi il tempo di trovarli, leggerli e tradurli?

Per una fortuita concatenazione di eventi, ci siamo ritrovatx a voler condividere spunti, riflessioni e informazioni tra noi e grazie alle differenti conoscenze linguistiche ci è sembrato interessante iniziare a tradurre libri, testi e opuscoli per poterli divulgare anche e soprattutto per dare risonanza alle azioni ed intenzioni che sentiamo affini, laddove queste non possono facilmente arrivare.

L’idea del Gruppo di Traduzione Anonimo (G.T.A.)/GATTA è nata, come spesso ogni altra, nella sua più limpida semplicità; in una affermazione attorno ad una comune, ma non per questo banale, stufa, fra il fresco delle fronde degli alberi, tra una chiacchiera e un’altra, insieme ad amiche ed amici con una fantastica voglia di far proliferare, diffondere e condividere idee e pensieri provenienti da paesi lontani per alcunx completamente sconosciuti. Ci piace scavare nel passato, in quello di compagnx poco conosciutx, di azioni passate quasi inosservate, ma anche nel presente, dove un contributo di un sapore differente su analisi già ampiamente digerite può far tornare l’appetito. Oppure, semplicemente, la voglia di far girare il più possibile scritti che ci sono piaciuti e che difficilmente troviamo nelle distro.

Più che l’ennesimo progetto che si sviluppa al di fuori del web è una breccia cartacea, a partire dalla scelta dei testi da tradurre, che ci spingono a navigare per mari sconosciuti e poco esplorati, fino al momento della condivisione dei testi tradotti e stampati, che ci piacerebbe fare soprattutto incontrandosi di persona, o, per chi si trova reclusx, tramite corrispondenze dirette.

…in attesa dell’uscita dei libri e opuscoli ora in fase di lavorazione, ci siamo cimentatx nella traduzione di quest’analisi sulle recenti proteste in Bolivia. Buona lettura!

BOLIVIA: UNO SGUARDO ANARCHICO SULLE PROTESTE E LA RINUNCIA DEL PRESIDENTE INDIGENO EVO MORALES.

Fonte: Anarquia.info

Traduzione a cura di GTA/GATTA

LA FINE DI UN LEADER…

Nelle proteste in Bolivia attira molto l’attenzione la sconfitta di Evo Morales e del governo del Movimiento Al Socialismo (MAS), al potere da 13 anni. Una sconfitta già annunciata dal referendum del 21 febbraio 2016(1) e che non si limita ai voti. L’incendio della Chiquitania fu di grande importanza contro il precedente governo, perché evidenziava le alleanze di Evo con gli allevatori di bestiame di Santa Cruz per rispettare i contratti milionari con i cinesi(2), suoi alleati antimperialisti. Anche l’attacco contro il TIPNIS(3) gli ha giocato contro. Ma in definitiva l’insistenza di Evo a governare, a qualsiasi prezzo, è stato ciò che ha finito per sconfiggerlo con la peggior forma per chi si dice un rivoluzionario, con proteste nelle strade.

PRIMO MOMENTO DELLE PROTESTE.

Ma partiamo da un inizio parziale di questi giorni di conflitto. La sensazione di inganno per una frode, o l’errata decisione di interrompere la trasmissione del conteggio dei voti, ha scatenato quello che fino ad oggi è stato un crescendo di proteste. Inizialmente, i giovani democratici, pacifisti, cittadini e circensi, che hanno avuto poco giudizio quando si è trattato di purificare i commenti razzisti, hanno chiesto un secondo turno, ma sono stati ridicolizzati (i nastri colorati davano forti motivi).

Dopodichè, più gente, tra universitari, minatori hanno ingrossato le proteste, chiedendo “nuove elezioni”, il che è stato nuovamente respinto, finché, finalmente, le strade hanno gridato chiedendo la rinuncia di Evo Morles, con i comitati civici che si sono riuniti e hanno approfittato del momento.

Se da un lato alcuni tenderanno a spiegarlo a partire dalle forze internazionali dell’imperialismo che hanno spinto le persone contro il MAS, dall’altro lato, non dimentichiamo che in quelle proteste e nella sconfitta di Evo, c’è qualcosa di fondamentale per ogni collettività: non volere più chi governa. Nonostante ciò, non c’era nulla che potesse chiamare gli anarchici alle proteste perché, oltre a difendere un sistema e una democrazia, erano proteste senza il minimo criterio antirazzista. Gli anarchici, da parte loro, hanno approfittato del momento e hanno risposto con l’internazionalismo e la solidarietà andando a protestare sotto al consolato del Chile(4) regione dove i compagni incappucciati continuano la guerra contro il sistema.

Ma tralasciando tutto il cittadinismo e le istituzioni che cercano di governar la vita, quando parliamo di un luogo come la Bolivia, con una popolazione in maggioranza razzializzata come indigena, ci sono alcune cose che meritano più attenzione. Prima di tutto, che questo governante che non amano più, rappresentava più di un semplice presidente. Evo Morales è stato costruito come il simbolo degli indigeni andini, quasi come un’immagine da esportazione che è stata avidamente accettata da tutta la gamma di alternativi di sinistra. E anche se è vero che il suo governo ha permesso un ingresso di massa dei popoli originari negli hotel, negli edifici pubblici, nelle poltrone e nei posti del potere politico che molti non hanno mai accettato se non per ripulire o vendere qualcosa, non ha inventato nulla sulla lotta dei popoli originari, o la ricerca di riconoscimento nello status ufficiale dello Stato boliviano. L’Educazione “formale” è stato un percorso battuto anche troppo, da Warisata alle università, tant’è che ora ci sono tre generazioni di “intellettuali Aymara” e un’Università Pubblica di El Alto, che fu aperta grazie a proteste e occupazioni di edifici abbandonati. La salute tradizionale è riconosciuta anche come patrimonio dell’umanità e ha partecipato a celebri incontri di medicina internazionale(5), quella salute non occidentale, ma quella che sopravvive a tutti gli stati e poteri. Ancora una volta, il “percorso parlamentare indigeno”(6) non è stato un risultato del MAS, solo per dare due esempi importanti, il MITKA (Movimento Indio Tupak Katari) è stato uno dei primi partiti indios, fu fondato nel 1978 e partecipò alle elezioni dopo la dittatura rivendicando un paese indio(7). E la Comandante Remedios, la prima donna chola ad essere presentatrice televisiva, prima chola ad occupare un incarico pubblico e ad essere eletta deputata per il parlamento di La Paz, e la prima candidata chola alla presidenza. Percorso politico che ha anche aderito all’anarcosindacalismo dagli anni 20 e 30 con le specialità culinarie, artigiane e floreali e da una prospettiva anarchica dobbiamo sottolineare che è proprio quell’inclusione che ha degenerato e degenera la lotta autonoma perché la obbliga a legalizzarsi, istituzionalizzarsi e ad entrare nel progetto di civilizzazione.

Per questo è urgente ricordare che non abbiamo mai bisogno di un presidente, di una costituzione e nemmeno di uno stato plurinazionale per esistere con l’allegria di essere ciò che siamo né per resistere a secoli di colonialismo.

I popoli nativi esistono a prescindere dagli stati. La relazione profonda che abbiamo con la terra, con la pacha, gli achachilas, gli illas, gli apache e tutto ciò che ci circonda, non l’ha inventato il MAS. Ciò che ha fatto questo partito è stato unire gli indigeni con un forte discorso di sinistra statalista(8), l’altra faccia della moneta del MAS, orchestrata da Álvaro García Linera, rimpiazzando i monumenti dei colonizzatori con quelli di Che Guevara o di Hugo Chávez. Quel che ha fatto la gestione del MAS, in questo affanno di costruire uno stato indigeno, è stato rubare i simboli della resistenza e metterli nello Stato e nelle uniformi delle forze repressive che storicamente e tuttora sono i carnefici di tutti i popoli originari.

Ironicamente, il ruolo delle forze armate è stato determinante perché Evo rinunciasse. Mettiamo in chiaro che non si è trattato di buoni poliziotti che non desideravano massacrare il popolo. Niente di quel delirio di poliziotti del popolo o antifascisti. La polizia si è ammutinata chiedendo una serie di benefici economici, approfittando dell’occasione(9). E quando è tornata in piazza lo ha fatto per difendere i suoi soliti capi, i ricchi che si credono bianchi occidentali. La polizia non sarà mai amica, è la forza repressiva. C’è chi non lo dimentica e questo è ciò che applaudiamo, le dozzine di stazioni di polizia bruciate, il saccheggio delle dogane e la morte del colonnello della UTOP, che, spaventato dalle dinamiti, ha finito per schiantare la sua macchina contro un minibus, a proposito del minibus nessun media dice niente. I vandalismi non sono solo azioni telecomandate perché se ne vada il MAS, sono anche il riprendersi la vita attaccando ciò che la reprime. E certamente è un orizzonte anarchico che questo recupero della vita sia ripulito da tutti i partiti.

E LA DESTRA?

L’apparizione di un leader del più alto calibro fascista, Camacho, figlio della popolazione dei proprietari terrieri borghesi, ex militante dell’Unión Juvenil Cruceñista(10), gruppo di scontro e marcatamente razzista, e capo del Comitato Civico per Santa Cruz(11), difende gli interessi della parte “ricca” della Bolivia, ricca di terre, soia, bestiame ma apparentemente meno ricca nel pensiero, come Camacho che chiese aiuto per capire la costituzione politica dello Stato niente più e niente meno che al Cancelliere del Brasile, famoso per i suoi discorsi in cui mescola esoterismo e letteratura razzista(12). Così, con l’aiuto per capire la sua Costituzione, Camacho ha approfittato del dissenso conto Evo per diventare il leader delle proteste e dopo la rinuncia, entrare nel palazzo di governo, bruciando la Wiphala(13), con la bandiera della Bolivia e la bibbia. La stessa bibbia con cui è entrata la presidenta nuova di zecca, Jeanine, circondata dai militari. Nell’atteggiamento della destra c’è una reazione e la validità dei vecchi valori della dominazione: il nazionalismo, il leaderismo, il patriarcato, la colonizzazione, la supremazia di un’idea creola bianca e l’insistenza nel potere di dio, quel dittatore eterno che sono secoli che cerca di dominare tutti i ribelli e estirpare le “idolatrie” di tutti i popoli originari. Nelle sue parole che chiedono l’unità nazionale e una sola Bolivia, risiedono l’imposizione di uno Stato su tutte le altre collettività e il desiderio di normalità dei cittadini che garantisce loro di continuare a dominare dopo l’incubo di 13 anni di essere fuori dal potere politico. Questi atti, sommati ai poliziotti di Santa Cruz che si staccano la Wiphala dalle uniformi, saranno i gesti che risveglieranno le tensioni camuffate. Perché quel che hanno fatto con la Wiphala è quello che vorrebbero fare con i popoli originari. Perché rifiutare la Wiphala contiene tutto il colonialismo che esiste in Bolivia, dove la gente si guarda allo specchio e si vede bianca per essere più educata, più civilizzata. Perché entrare con la bibbia e la bandiera, cacciando la Wiphala esprime la purezza etnica che la dominazione sempre sognò in Bolivia.

UN ALTRO MOMENTO.

E questo è un secondo momento, in cui la protesta, senza il Líder Evo Morales, ha continuato a traboccare. Saccheggi e vandalismi sono continuati ovunque. Inizialmente, senza polizia e senza presidente, le “orde” hanno provocato il panico cittadino, un panico storico per la vendetta di quelli razzializzati come indigeni. Alla fine coloro che dominano sanno di mangiare, comprare, essere serviti, trasportati e persino vivere in case costruite da coloro che chiamano indigeni. Però i saccheggi, così come gli attacchi, sono molto più che l’azione di un partito. Pensare solo ai partiti ci separa dalla complessità delle nostre tensioni e dalle nostre ricerche anarchiche. Saccheggi e attacchi sono anche il risultato di esclusione e servitù secolari.

Se ampliamo la nostra visione più in là delle frontiere dei partiti di sinistra e di destra, e guardiamo in direzione della gioiosa e urgente distruzione della dominazione, possiamo sentire le tensioni irrisolte in Bolivia. Il rogo della Wiphala, come il rogo dei ponchos a Sucre nel 2008(14), sono atti che ci ricordano di volta in volta il volto del dominio, del progetto di civilizzazione, del quale lo Stato e tutti coloro che ne fanno parte è parte vitale. Perché? Perché lo Stato in questo continente, fu il risultato di un’imposizione coloniale, che mutò in guerre e “rivoluzioni” tra le élite creole. Perché lo Stato è il braccio legale della devastazione della terra, attraverso le sue politiche di sviluppo e progresso. Perché lo Stato è Potere e il potere usa la forza repressiva per annichilire qualsiasi libertà e corrompere chiunque. Di conseguenza, e anche se sembra ovvio per un anarchico dire questo, non è attraverso lo Stato né dei partiti (siano o no di sinistra) che si annienta la dominazione. Si annienta la dominazione distruggendo lo Stato e i suoi falsi critici. Questo è l’orizzonte che ispira la lotta anarchica, antagonista al potere da qualunque parte venga, un orizzonte che ci porta a vedere la possibilità di un’assoluta libertà. Per tutto questo, quando noi anarchici diciamo che vogliamo la distruzione dello Stato, parliamo molto sul serio.

Ma quest’orizzonte, l’abbiamo anche imparato dai popoli dai quali abbiamo ereditato le nostre radici native, secoli fa non ha avuto bisogno dello Stato. È per questo che sentiamo nuovamente nelle strade il grido – Ora sì, Guerra Civile!!(15) Grido antico che abbiamo ascoltato nella Guerra del Gas e dell’Acqua(16), che ricorda che la guerra in queste terre non è mai avvenuta tra i popoli originari e i colonizzatori, ma tra le élite creole. Grido che oggi si è rialzato da una comunità che apparentemente si trova nel territorio di El Alto, ma è molto più grande la comunità razzializzata come indigena, da cui ricordiamo che la tensione contro il progetto civilizzatore non si è risolta, perché ogni giorno si esprime nelle più svariate esclusioni. E questo è qualcosa che nessun governante può risolvere.

SULLE COSTITUENTI E LA COSTITUZIONE.

La falsa risoluzione di queste tensioni mediante la Costituente guidata dal MAS tra il 2006 e il 2008(17), è stata una soluzione in carte legali (logica occidentale) di problemi che restano sulla pelle e la visione del mondo antagonista allo Stato Capitale.

Una costituente, e la costituzione da essa risultante, sono gli strumenti del patto sociale tra la società e lo Stato. Sono il marchio della sottomissione delle collettività ad uno Stato e la sconfitta di qualsiasi lotta autonoma. Ed è così che la nuova Costituzione Plurinazionale della Bolivia ha significato un recinto istituzionale che ha dissociato le persone dalle forme autonome di far politica e lotta: la strada e la protesta.

La Costituente ha ridotto lotte millenarie ad un partito, il MAS, e ha permesso che il razzismo e il colonialismo si mascherassero da opposizione politica. Per questo a loro, i dominatori di sempre, è risultato più facile insultare un indio, chiamandolo masista, piuttosto che mantenere il classico indio di merda che risulta politicamente scorretto.

La Nuova Costituzione e il volto indigeno di Evo hanno confuso così tanto con questa sua inclusione che hanno confuso anche quelli che prima erano antagonisti allo Stato, che si sono improvvisamente ritrovati a far parte sia di un gruppo indigeno che di un ministero, essendo parte tanto di un gruppo di commercianti di contrabbando che di un’autorità pubblica. Collettività forti e combattive sono diventate governo, e con l’inclusione si sono confuse e conformate, perdendo di vista che le gerarchie non solo di classe, ma anche di cultura e di colore della pelle, erano a malapena nascoste. Anche molti “anarchici” e libertari erano molto confusi (come successe in Venezuela con gli anarco-chavisti, in Messico con gli anarco-zapatisti, e anche in Brasile con i pro lula), probabilmente perché hanno solo accompagnato i movimenti sociali e non hanno fatto dell’anarchia una ricerca individuale che non si perdesse alla prima tempesta(18). Questa confusione sommata alla negazione di una pratica anarchica radicale (con in mezzo una forte repressione), hanno finito così per zittire l’anarchismo in Bolivia(19).

Ecco perché è importante dire qualcosa oggi, dall’anarchia, quando un presidente rinuncia, per far sì che quei confusi, non arrivino al punto di sentirsi dispiaciuti per un Presidente, o credere che lottare contro la destra equivalga a ridurre l’impegno per la libertà facendo alleanze con partiti di sinistra. Che il presidente che governa sia più o meno simpatico per le visioni inclusive del mondo è un dibattito molto profondo, tenendo conto del quale non possiamo dimenticare che anche se un presidente è indigeno, donna, nero, o libertario, è il guardiano dello Stato, del Capitale e della devastazione della Terra perché decide di governare sugli altri e disporre della vita delle persone come risorse.

Siamo anarchici, e parlare di golpe legittima solamente la logica statale e mette all’angolo il ragionamento sui partiti e il parlamento. Il dibattito sul se sia o meno golpe rafforza appena la intoccabilità dello Stato, le sue leggi e funzionari. La logica statalista ha lavato così tanto le menti delle persone che non riescono a vedere che siamo noi gli stessi che devono risolvere i nostri problemi e che nessun salvatore verrà ad aprirci nessuna porta. La riduzione della lotta in partiti, così come il pensiero binario tra sinistra e destra, rendono impossibile trovare orizzonti di lotta radicali che costruiscano autonomia e puntino verso la distruzione assoluta dello Stato.

È SEMPRE IL MOMENTO.

Ecco perché voglio sottolineare che siamo stati proprio noi anarchici i primi a lottare contro il governo di Evo Morales, con azioni offensive contro il macabro intervento del TIPNIS in parole e propaganda con il fatto. Quindi chiediamo ora, se in questo momento si tratta di perdere di fronte alla destra? Chi ha la lotta come stile di vita sa che non perdiamo nulla, che tutto continua.

Che Evo abbia perso non significa che la destra abbia vinto. E che Evo continui non significa che il dominio sia finito. Per quelli che lo dimenticano, né il parlamento né il governo sono un trionfo per nessun anarchico amante della libertà. La lotta contro la destra è sempre stata la lotta contro il dominio, contro la devastazione, contro il dio tiranno, contro il razzismo e chiaramente, contro lo Stato. Lottiamo sempre contro esso, e precisamente è per lottare contro questa destra, contro la quale lotteremo sempre, che hanno origine molte delle confusioni menzionate sopra. La miglior risposta la stanno dando a El Alto, dove insistono -Non siamo masisti, siamo alteños (20), e protestano forte e violentemente gridando – La Wiphala va rispettata carajo [imprecazione – n.d.t.]!, grido che carica il rifiuto, dal primo giorno, a quella destra, il dominio, che entra al governo.

La chiamata ora è ad attaccare, però mai difendendo un’opzione meno peggiore, né un partito, né “alleanze” che ci distolgono dal desiderio di vivere liberi, come siamo, e senza essere governati. Attaccare ogni forza repressiva, ogni istituzione statale, ogni rappresentazione dello stato boliviano, di qualsiasi stato, ispirati dall’odio per il dominio. Alla fine, siamo sempre stati contro lo Stato, e sempre resistiamo a tutti i poteri, essendo razzializzati come indigeni, e ricercando l’anarchia. Che ora noi si debba spiegare in modo didattico perché non provare pena per un partito o un sovrano deve portare a gravi critiche.

Mentre scrivo queste righe, ci sono forti proteste, i prigionieri del Carcere di San Pedro si stanno rivoltando e il direttore del carcere ha rinunciato, le forze armate, insieme alla polizia (quella polizia che si è rifiutata di reprimere i giovani civilizzati e democratici), hanno ucciso almeno dieci persone a La Paz e a Cochabamba, dieci persone con occhi obliqui, pelle scura e lingue ancestrali che vengono chiamati masisti. Ci sono centinaia di detenuti accusati di questo, ma che non sono solo questo, ma cocaleros, aymaras, quechuas, guaranì, persone insultate per secoli… Viene effettuata una persecuzione surrealista contro tutte le persone, medici inclusi, provenienti da Cuba e dal Venezuela, così come l’espulsione di tutti coloro che vengono creduti “una minaccia comunista” e il potere centralizzato non stabilisce dialogo con i settori sociali senza la mediazione dell’ONU, dell’Ue e della Chiesa.

Le cose sono chiare e la miglior risposta ai timori dell’“ascesa del fascismo in questa parte del continente”, alle preoccupazioni geopolitiche di sinistra e destra, è nemmeno un giorno di riposo. Solo la fine dello Stato permette di creare autonomia e continuare con l’autonomia già vissuta in tante collettività millenni fa. Al di là della lotta dei partiti che bramano solo il potere, siamo allegri guerrieri difensori di ciò che siamo, amanti della libertà, resistenza viva alla colonizzazione da secoli. Che la bandiera nera e la Wiphala si incontrino di nuovo in tante strade, in tante lotte, con la miccia pronta per il conflitto, liberi dallo Stato.

La fine di una leadership, è l’inizio della libertà.

Per coloro che lottano contro tutti i tiranni, che i venti degli achachilas soffino resistenza!

Perché la rivolta sia contagiosa!

Né Sinistra né Destra!

Morte allo stato e Che viva l’Anarchia!

PS.1: Ai compagni di Cochabamba, Santa Cruz, La Paz, El Alto, e a coloro che con l’internazionalismo hanno nutrito questo testo con racconti di ciò che succede in ogni luogo e soprattutto con l’insistenza di lottare.

PS.2: Con la memoria degli anarchici che hanno saputo criticare tutti i totalitarismi che si allontanano dall’orizzonte di lotta radicale per la libertà.

(1) Il 21 febbraio 2016, fu portato a termine il Referendum che chiedeva se si fosse d’accordo con la modifica della Costituzione per la quale presidente e vicepresidente dello Stato potessero essere rieletti in maniera continua (SI o NO). Nonostante l’esito, 51% per il NO e 49% per il SI, nel novembre del 2017, il Tribunale Costituzionale, ha stupito con la notizia: che il presidente Evo Morales e altre autorità potevano essere rielette senza limiti, perché la costituzione dà il diritto umano di candidarsi a presidente. www.bbc.com.

(2) Nell’agosto di quest’anno si sono bruciati “accidentalmente” più di 2 milioni di ettari della regione conosciuta come Chiquitania, poco prima era stata annunciata come successo economico l’esportazione di bovini e soia in Cina: “Attraverso un lavoro coordinato e intenso sviluppato con il Ministero dello Sviluppo Rurale e delle Terre dello Stato di Bolivia, si è resa possibile la sottoscrizione di questo importante documento che ha come obiettivo il facilitare l’esportazione di carne bovina dal mio paese fino alla Cina” il cancelliere Diego Pary nell’aprile 2019, la-razon.com. dialogochino.net.

(3) TIPNIS, è l’abbreviazione di Territorio Indigeno Isiboro Sicuro, Riserva Naturale e Indigena che Evo Morales autorizzò ad essere attraversata da una strada che era parte della IIRSA (Iniziativa per l’Integrazione Regionale Sud Americana). Intento che fu sconfitto dalle successive marce e conflitti tra il 2007 e il 2011, quando finalmente dichiarò intoccabile il TIPNIS, ma continuò a cooptare i popoli di quella regione con regali, con l’aspettativa di poter proseguire con la strada. tipnisbolivia.org, operamundi.uol.com.br

(4) «Il nostro abbraccio solidale ax compagnx che stanno lottando nelle strade, non per un governo migliore, ma per la distruzione di tutte le forme di Potere”, hanno detto in un comunicato, spigando anche un po’ il contesto della Bolivia: “Come anarchici siamo soffocati da queste proteste che sono interessate a prendere il Potere, non siamo d’accordo né con l’opposizione che rappresenta il ritorno della destra né con la sinistra che governa attualmente.” ContraInfo

(5) A riguardo si possono leggere le inchieste di Carmen Beatriz Losa impegnata a studiare la storia dei Kallawayas e la medicina nativa, così come la sua penalizzazione e la seguente inclusione nello stato attraverso schede istituzionali di validazione, che ha rotto con tutte le tradizioni e le valorizzazioni locali.

(6) www.lostiempos.com

(7) «Mi militancia-MITKA” de Felipe Quispe Huanca, Ediciones Pachakuti. La Paz.

(8) García Linera, Álvaro. ¿Qué es Una Revolución? De la Revolución Rusa de 1917 a la revolución de nuestros tiempos. Vicepresidencia del Estado, La Paz, 2017.

(9) La polizia ha chiesto uguaglianza salariale con le Forze Armate, case per ognuno di loro e così tanti benefici economici che li allontanerebbe ancora di più da qualsiasi idea di popolo bisognoso. www.la-razon.com

(10) L’Unión Juvenil Cruceñista è un raggruppamento regionalista, di ultra destra, autodenominata Gruppo di Shock del Comitato Civico Per Santa Cruz. Alcuni dei suoi membri sono stati processati per uso di violenza razzista, come Jorge Holberg. Indimenticabili le loro famose azioni, di scendere in strada con mazze da baseball, scudi con una croce verde, guantini e uniformati con camicette bianche, jeans e capello corto, per picchiare gli indios. www.indios.org.br

(11) Il comitato Civico Per Santa Cruz fu fondato nel 1950, all’Università Gabriel René Moreno della città di Santa Cruz, con Hernando García Vespa, segretario del Governo della Federazione Universitaria Locale come organizzatore dell’evento. A quei tempi, pochi decenni dopo la Guerra del Chaco (1932-1935), e due anni dopo la Rivoluzione del 1952, stavano iniziando una serie di aperture economiche, come le ferrovie e le strade, verso la zona di Santa Cruz, che voleva approfittarne per lasciare il terzo mondo. Il CcpSC difende gli interessi della regione dell’allevamento, e agroalimentare della soia in Bolivia. www.comiteprosantacruz.org..

(12) www.brasildefato.com

(13) La Wiphala è un simbolo di vari popoli che rievocano il Tawaintinsuyo, denominazione dello spazio controllato dagli incas in cui esistevano molti popoli. Sebbene la sua origine non sia chiara, perché sembra essere stata abbastanza multiforme e con diverse sembianze, “la grande esplosione della Wiphala soprattutto nella parte andina capita con le mobilitazioni del sindacalismo contadino nel decennio del 1970 in Bolivia”. Questo suo recupero come simbolo di lotta, lo rende molto più che una semplice bandiera, fino ad essere l’emblema di varie collettività native e la rappresentazione della filosofia andina.

pueblosoriginarios.com

(14) Mi riferisco all’umiliazione che i membri del Comitato Interistituzionale e gli studenti dell’Università di San Francisco Xavier hanno provocato contro persone identificate come “masiste”, che indossavano vestiti tradizionali dei loro popoli originari, ai quali intimarono di inginocchiarsi e baciare le bandiere di Sucre e della Bolivia, mentre bruciavano i loro abiti tipici. Raccomando il documentario di Cesar Brie Humillados y Ofendidos www.youtube.com, per saperne di più.

(15)  www.youtube.com,

(16) La Guerra dell’acqua (2000), è stato un conflitto tra la popolazione di Cochabamba e l’intenzione diprivatizzare l’acqua per beneficiare un’impresa nordamericana, compagnia che venne distrutta da quella città www.youtube.com . La guerra del Gas, 2003, a La Paz, comprese diversi giorni di conflitto e accerchiamento della città di La Paz, in primo luogo per chiedere il gas per la Bolivia e non per le esportazioni, poi come protesta per l’assassinio di ottanta persone che furono fucilate a morte dall’esercito che sgomberò le strade per rifornire la città di La Paz di benzina.

(17) L’Assemblea Costituente iniziò il 6 agosto 2006, a Sucre, con il proposito di redigere una nuova costituzione che fu approvata il 10 dicembre del 2007 dall’Assemblea e dal referendum, è in vigore dal 7 febbraio 2009.

(18) La ricerca individuale dell’anarchia è parte indispensabile di qualsiasi ricerca per l’anarchia. Se noi anarchici siamo anarchici per qualsiasi collettivo, limitiamo le nostre capacità espansive di questo collettivo, e anarchici, siamo profughi, siamo prigionieri, siamo esuli, siamo immigrati, non abbiamo patria (ma radici sì e amiamo la terra) combattiamo; cioè, siamo lasciati soli e ci disaggreghiamo, ma in ogni momento, rimaniamo anarchici per l’anarchia. La ricerca individuale dell’anarchia, inoltre, non è di alcun ostacolo alla costruzione collettiva, al contrario la guida perché un’individualità che cerca l’anarchia, troverà sempre complici e spazi per viverla.

(19) Risulta esagerato dire che l’offensiva è rimasta in Bolivia. Ma risulta esagerato anche dire che nulla è successo lì. Azioni precise e puntuali come le moltov contro il consolato di Argentina per la Sparizione di Santiago Maldonado; o la propaganda e la solidarietà, così come l’ultima fiera del libro anarchica, non hanno alcun sapore, ma se si vince di più.

(20) L’Università Pubblica di El Alto, i kataristas e alcune figure come Felipe Quispe, il Mallku, così come molte persone, hanno messo in chiaro che le loro proteste sono la risposta di indignazione contro il rogo della Wiphala, e l’uso della bibbia per delegittimare gli andini. “Ascoltate. Non è il masista quello che ha bloccato, non è il masista quello che si rafforza bruciando il suo simbolo, con l’offesa razzista, con l’indifferenza, con l’ipocrisia, con il paternalismo, no, no e mille volte no. Capite che non è il masista che sta nelle strade, è tutta una società, è tutta una città di migranti all’interno del suo territorio aymara quella che si mobilita. È la città aymara. Sono i veterani del 2003, sono gli orfani che hanno perso i loro padri nella sparatoria voluta dal governo di cui ora propugnano la democrazia. Non è il masista signori, è l’alteño quello che sta lottando. È l’aymara”. jichha.blogspot.com, il blog citato è un riferimento per seguire e conoscere il pensiero katarista attuale. [katarismo – movimento indigeno da Tupac Katari n.d.t]