Aracne – Bollettino anticarcerario n.1

ll carcere oggigiorno: Riguardo il rapporto detenuti-secondini

Questo scritto vuole essere l’inizio di una serie di considerazioni riguardo la vita carceraria, con dati di fatto oggettivi riscontrati e riportati comunque da un’unica persona all’interno di sezioni maschili di detenuti comuni, quindi perlomeno le conclusioni avranno un taglio personale. Il carcere odierno propone un’infinità di possibilità trattamentali e agevolazioni rispetto a quello degli anni ’70, ’80 e ’90, ovvero il carcere negli anni dove sostanzialmente ci sono stati moti, rivolte e conquiste di diritti fino a prima inesistenti. Chi scrive probabilmente non può neanche lontanamente immaginarsi concretamente la realtà che i detenuti vivevano all’epoca dato che, essendo in carcere da meno di un anno ed avendo girato solo 3 carceri, l’idea che si è fatto può essere fuorviante rispetto al resto delle prigioni italiane (parlerò solo di queste dato che per fortuna, fino ad ora, non sono mai stato in carcere all’estero).

All’oggi, innanzitutto si può fare una prima divisione delle carceri in base ai regimi applicati, ovvero quelli detentivi aperti o chiusi. Essere a regime aperto vuol dire che si può liberamente girare in sezione dalla mattina fino all’orario di chiusura, che varia da carcere a carcere in base ai regolamenti stabiliti dalla direzione e da comandanti e ispettori: per esempio, in alcune carceri si è aperti dalle 7 alle 21, dalle 7 alle 19, dalle 8:30 fino alle 17:30, o dalle 8:30 fino alle 16 e poi si può fare socialità nelle stanze degli altri, aperti tipo orario negozio 8:30-12:00/13:00-17:30… Insomma, non c’è un criterio comune, carcere che vai orario che trovi! Essendo aperti, si può dunque andare nelle celle degli altri a giocare a carte, bersi un caffè, andare in qualsiasi orario in doccia o in “saletta”, risalire all’aria (solitamente 9-11/13-15) a qualsiasi ora… Questo è, più o meno; molte volte, le guardie provano a farti firmare incartamenti chiamati “PATTO RESPONSBILITA” o senza neanche accennartelo lo danno per assodato che sei RESPONSABILE e COLLABORERAI se noterai situazioni “strane od illegali” in sezione. Ma questo argomento lo riprenderemo dopo.

A regime chiuso, invece, solitamente si sta sempre in cella e si hanno gli orari d’aria per uscire (come già detto approssimativamente 9-11 e 13-15) più la socialità (16/16:30- 17:30/18:00 o giù di lì), oltre all’immancabile passeggiatina per la doccia (se ce l’hai in cella, neanche quella) o la telefonata (dove, anche se hai chiamato il giorno prima, ci provi uguale per sviare la noia di star chiusi). Logicamente, ci sono anche carceri dove ci sono entrambi i regimi, od anche alcuni con regimi aperti ma se ti comporti male o sei considerato troppo pericoloso per andare in sezione, rimani in apposite sezioni, talvolta miste ma non sempre, insieme ai nuovi giunti o ai transitanti.

E’ difficile fare un’analisi piena, ma dal poco di esperienza che mi sono fatto, solitamente nelle sezioni a regime chiuso c’è sempre un rapporto differente o comunque più conflittuale con i secondini rispetto a quelle aperte dato che, banalmente, se ti serve avere informazioni dal carceriere riguardo, ad esempio, una chiamata o i colloqui, devi gridare, rigridare, aspettare, arichiamare urlando e magari pure sbattere porte o blindati..Quindi, instaurare un rapporto confidenziale con i PORTA-CHIAVI (come loro stessi si auto-definiscono) è più complicato… o almeno, opinione mia, è molto meno facile rispetto un regime aperto dove talvolta pare quasi annullarsi la differenza tra le due figure che al posto di vivere in contrapposizione costante diventano quasi solidali a vicenda. Certo, la buona condotta, la premialità, la confidenza con le guardie per mettere in cattiva luce altri reclusi o quella che io chiamo l’INFAMERIA (ovvero andare in infermeria dopo il carrello serale, che diventa una scusa per andare a riportare i fatti a preposti od ispettori…) possono sicuramente registrarsi anche da dietro i blindati chiusi, ma magari le percentuali sono probabilmente più basse, anche perché a regime chiuso hai anche meno da perdere.

Sì, perché questo è il ragionamento di molti detenuti che sono aperti durante la giornata… “Eh, ma dopo ci chiudono, eh ma dopo non mi danno più il lavoro, eh ma dopo perdo i giorni”. Il paradosso di girare in sezione con i guardiani fianco a fianco è, oltre appunto questa cosa appena citata, il fatto che saluti la guardia come fosse un tuo amico (ma se mi chiude a chiave in 3mt.X2 come faccio ad esserci amico?) ci scherzi, ti ci confidi, se hai problemi in famiglia magari parli con lui piuttosto che con un detenuto.

CONSIDERI PIU’ LEALE UNA GUARDIA CHE UN DETENUTO, perché la guardia ti fa i favori se ti comporti bene, magari ti fa inserire bene nella lista del lavoro, ti fa passare cibo dal pacco che altrimenti non entrerebbe, e capace che ti butta pure scartina perché viaggia (questa la lasciamo alla comprensione dei carcerati e delle carcerate).

Insomma, si annulla il rapporto CARCERATO-CARCERIERE, si annulla il fatto che loro sono sbirri che portano comunque avanti il sistema carcere, senza il quale tra l’altro noi detenuti/e non saremmo incarcerati, ma liberi (più o meno..); li si umanizza dicendo le solite frasi: “è un lavoro come un altro” o “questi si fanno più carcere di noi”, fin quasi a offrirgli il caffè o farli entrare in cella. E poi non si contano i “li rispetto perché mi hanno sempre aiutato e trattato bene”: sì, ma sono sempre tutti colleghi di quelli che picchiano altri detenuti, li uccidono di botte e poi fingono suicidi, e portano una divisa, quindi NO CHE NON SIAMO UGUALI! E no che loro non si fanno la galera, dalla parte delle sbarre, rinchiusi e senza chiavi ci siamo noi, e non loro, che quando vogliono possono tranquillamente andarsene! Noi invece siamo costretti a uscire quando loro ci aprono. C’è differenza, o forse sbaglio?

Per non parlare della visione del carcere migliore, che offre mille CORSI /LAVORI/ OPPORTUNITA’ per il recupero del detenuto che, se modello, prenderà i giorni ed usufruirà dei benefici: basta bendarsi gli occhi, tapparsi il naso e chiudersi la bocca quando si vedono abusi, soprusi, pestaggi, malefatte, ecc. ecc…

Con queste scuse, tra l’altro, si prova a fare leva e si saggia la resistenza addormentata dei detenuti, facendo continue prove e vedendo reazioni inesistenti: da 75 a 45 giorni di liberazione anticipata (discorso valevole per chi è interessato a prendere i giorni), firma di patti di responsabilità (un po’ come le APP per denunciare i reati fuori, ma dal vivo!), inserimento di 58/ter in sezione (i cosiddetti collaboratori di giustizia interni alle carceri) ecc. ecc… erò nella spesa, se manca quel dolce o quel profumo allora si può fare la battitura; se la fai per i tuoi diritti, allora sei un rompicoglioni (concedetemi il termine).

Scusate i mille esempi ed il discorso un po’ ridondante e prolungato, che proverò a concludere… iniziando con una frase fatta: il carcere è lo specchio della società. Se ciò è vero, la struttura carceraria in sé è appunto l’emblema massimo e la rappresentazione della società perfetta, sotto forma di rispetto dell’autorità, dell’essere diligenti e bravi con buona condotta, servizievoli e confidenziali. Quello che il carcere vuole fare oggi è qualcosa di più della semplice riabilitazione del detenuto, in quanto componente illegale della società, a livello comportamentale: lo vuole trasformare in un vero e proprio amico e confidente delle guardie, in qualcuno che porta rispetto all’autorità, perché gli agenti “eseguono solo gli ordini, è un lavoro come un altro, io ce l’ho con i magistrati, non con loro!”. Lavora ai fianchi, in maniera psicologica, cercando di far passare l’idea dell’accettazione dell’uguaglianza di chi sta dietro le sbarre e di chi le chiude ogni notte, di chi ci controlla e monitora, di chi ci autorizza a scendere all’aria, ecc…

Accettare lo sbirro, accettare l’infame sia dentro che fuori la galera, il PATTO DI RESPONSABILITA’ e la RESPONSABILITA’ del cittadino nella società; due facce della stessa medaglia che sarebbe giusto svelare. Certo, non lo si può fare solo da fuori le mura che ci imprigionano, ma si deve partire da dentro di nuovo con questi ragionamenti: sia ben chiaro, c’è anche chi lo fa per mangiare un po’ di merda, uscire prima possibile e fare FALSA POLITICA e BUONA AMMINISTRAZIONE, e non cade nel loro tranello perché sa bene dov’è la verità; ma si deve star ben accorti, perché dal saluto come forma di rispetto all’uomo o donna dietro la divisa, all’accettazione della divisa come unico strumento per agevolazioni fino alla libertà, il passo è veramente breve. Conclusione? Mai fidarsi di uno sbirro, qualsiasi divisa indossi! La disoccupazione t’ha dato un bel mestiere, mestiere di merda il CARCERIERE!

Un detenuto

p.s. Scritto a metà novembre,

inviato varie volte, mai arrivato. 30/12/2018.

Aracne n°1 PDF

Fonte: roundrobin